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mercoledì 25 maggio 2022

Guerre & Business

 della serie: sull’orlo del baratro

quarta puntata


Carissimi Resistenti,

proprio il giorno dopo aver letto la terza puntata nella quale dite, in chiusura:

“Guerra, non importa da chi, contro chi e perché, uguale DISTRUZIONE. Materiale. Ponti, strade, ferrovie, case, città, ambiente, piantagioni, strumenti di lavoro, ospedali, scuole. E molto altro. Immateriale. Giustizia, verità, solidarietà, cooperazione, comprensione, amicizia, serenità, pace, rispetto, laboriosità, Politica con la P maiuscola o arte del possibile. E molto altro. Ed  infine Esseri Umani. In carne ed ossa. Fatta a pezzi. DOPO bisogna  RI-COSTRUIRE. E qui si annida la perversità di un Sistema Storico Globale che deve continuamente CRESCERE. E che quando non può più crescere, crea condizioni tali per cui, in un modo o nell’altro si arriva, quando non bastano più le distruzioni "creatrici" alle DISTRUZIONI distruttive e basta. Per poi ricominciare daccapo. A CRESCERE..........fino alla.........prossima volta...........” 

verso le 7,30 a Prima Pagina (Radio 3) (non ha mai messo piede in casa mia quella scatola "magica" che voi chiamate TeleVisione) la brava conduttrice di questa settimana -Serena Danna vicedirettrice del quotidiano on line "Open"- ha segnalato l’articolo che vi allego. Comperato in edicola alle 7 e 55, ribattuto parola per parola e virgola per virgola dal sottoscritto in due ore di duro lavoro digitale, rigorosamente con 2 (dicesi due) dita.  Vi propongo di sottoporlo ai vostri affezionati lettori. Casca “a fagiolo”, come si dice. Mi pare.  Quando si dice il destino. O -forse- il caso?

Sempre vostro romantico eroe insonne.


LA STAMPA

Martedì 24 maggio 2022  pagina 11

Titolo

“Il tesoro della ricostruzione Johnson è in pole position”

Sottotitolo

“Il leader ucraino propone di affidare una ragione a ogni Stato europeo un business da 500 miliardi che può rilanciare l’economia continentale”

di Anna Zafesova


"Nel  “Servo del popolo”, la brillante serie comica che ha portato al potere Volodymyr Zelensky, c’è una scena esilarante, con gli oligarchi avversari del presidente onesto che giocano a un Monopoli disegnato a forma di Ucraina, contendendosi porti, miniere e fabbriche. Ieri a Davos il leader ucraino ha proposto una nuova versione di questo gioco alla business community del mondo intero.

Ogni paese, città o società estera potrà “adottare” una regione, o un settore industriale dell’Ucraina per patrocinarne l’immensa opera di ricostruzione postbellica, una partita valutate per ora -a guerra ancora lontana dalla conclusione, e in maniera totalmente approssimativa- in 500-600 miliardi di dollari. Un disastroso buco senza fondo, che però potrebbe diventare anche l’affare del secolo, con un nuovo piano Marshall, che l’Occidente e in particolare l’Europa probabilmente finanzieranno e garantiranno, almeno in parte.

Molti hanno ricordato in questi mesi il passato di attore di Zelensky, per spiegare la sua immensa abilità nella comunicazione, che gli ha fatto vincere con grande distacco la classifica dell’anno votata dai lettori della rivista Time. Pochi si ricordano che il presidente ucraino è anche un imprenditore di successo. I film e la serie creata dalla sua casa di produzione sono tra i campioni di incassi, anche in Russia. Sa benissimo che parlare agli imprenditori di diritti, di libertà, dei morti di Bucha, significa parlare a loro come persone, ma non ai loro bilanci, ai dividendi che devono versare ai loro azionisti e agli stipendi che devono pagare ai loro dipendenti. E così sceglie di parlare da uomo d’affari e dire loro che il mio Paese diventerà il più grande progetto infrastrutturale e tecnologico dell’Europa. Chi arriva prima si prende il meglio (é da qualche settimana che gira la voce che la ricostruzione di Kyiv e regione verrà patrocinata dal Regno Unito, un diritto di prelazione conquistato da Boris Johnson con il suo appoggio militare e politico). Ma ci saranno ricche occasioni di investimento per tutti: bisognerà ricostruire ponti che ora vengono fatti saltare, magazzini centrati dai missili russi, fabbriche devastate dalle bombe e quartieri interi rasi al suolo. Bisognerà ricoltivare campi bruciati e rimettere in piedi scuole e ospedali inceneriti, riasfaltare strade sbriciolate dai cingolati dei carri e ricostruire da zero gli aeroporti, colpiti dai missili russi già nelle prime ore. 

Un cantiere immenso in un Paese che ha appena dimostrato di avere una capacità di mobilitazione e una popolazione preparata, con la guerra che potrebbe far esplodere, tra tante altre cose, anche reti di complicità corrotta degli oligarchi. Zelensky promette particolari privilegi alle società che esitano ancora ad uscire dal mercato russo e ai Paesi che temono di voltare le spalle a Mosca, forse anche a quelle della Cina la cui delegazione a Davos è l’unica a non applaudire in piedi il suo discorso. Si rivolge proprio a quei seguaci della “real politik” che –come lui sa benissimo- stanno premendo oggi sui governi per fermare gli scontri, concedere a Putin pezzi di Ucraina per “salvare la faccia” e togliere almeno una parte delle sanzioni contro la Russia per tornare a farci affari. Il suo messaggio ai giocatori del Monopoli è straordinariamente pragmatico: mentre il rischio Paese della Russia è alle stelle, il piano Marshall ucraino potrebbe diventare un motore propulsivo di portata continentale di cui si sentiva il bisogno, e sul quale si sta già lavorando, a Kyiv come a Bruxelles e a Washington. Chi deciderà di restare fuori rischia non solo di puntare su un alleato imbarazzante, ma di fare anche un calcolo sbagliato.”

                                                                  Fine dell'articolo.


Anna Zafesova è vicecaposervizio presso La Stampa. Si occupa di problematiche russo-ucraine.


(continua)


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