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venerdì 31 luglio 2015

CEM.........c'è!


Hei ragazzi, non so se avete notato che da qualche tempo il vostro romantico eroe tace . Il fatto è che sono stato impegnatissimo in una serie di "peregrinazioni" in lungo ed in largo, rigorosamente a piedi, per la nostra amata cittadina. Scopo: documentarmi di persona e visivamente sullo stato di "avanzamento" della "conurbazione" locale. Per quella infra-regionale, o dei laghi, siamo in trepidante attesa dei piani strategici targati Zanotti/Partito Democratico. Ma non divaghiamo vivaddio! Sarò passato almeno una cinquantina di volte sul ponte che scavalca il S.Bernardino vicino al lago. E tutte le volte sono stato preso da una strana senzsazione. Come di un leggero crampo allo stomaco. Stupore? Incredulità? Ammirazione? Indigestione? O altro? Sta di fatto che dopo qualche minuto di attonita contemplazione, ritornando in me stesso, mi sono ritrovato con la mascella inferiore a penzoloni. Insomma, per farla breve, con la bocca aperta. Potete aiutarmi a capire la causa di questa strana reazione psico-somatica? Ringraziandovi anticipatamente per l’aiuto che non mancherete certamente di darmi vi saluto cordialissimamente
Zorro.



Carissimo Zorro,
infiniti ringraziamenti per la preziosa e fattiva collaborazione. Senza di te saremmo letteralmente "persi". Ma veniamo a noi.
Non sappiamo se nel frattempo è stato trovato un nome più poetico per l’imponente complesso archi-scultoreo che sta sorgendo all’estuario del torrente S.Bernardino. Come te siamo dei tagliati fuori nel senso più completo del termine e a tutti gli effetti. Pertanto, almeno per il momento, continueremo ad adoperare il prosaico acronimo di CEM. Centro Eventi Multifunzionale. La cosa certa è che l’opera, pressochè ultimata almeno per la parte esterna, può oggi essere ammirata in tutta la sua im-ponenza.
La visione che si para oggi davanti ai nostri attoniti occhi conferma punto per punto, a nostro modesto parere, l’analisi che facemmo nel precedente post pubblicato venerdi 12 dicembre 2014 (vedi)
Im-ponenza fa rima con sup-ponenza. che, prese insieme, quasi sempre configurano una situazione di im-potenza. Come vorremmo sbagliarci! Sulla im-ponenza e sulla sup-ponenza non ci sono dubbi. Basta guardare. Sulla im-potenza staremo a vedere. Prontissimi, se del caso, a ritrattare. Quello che è certo è che per trasformare una brutta edilizia in una strabiliante archi-scultura il grande Arroyo ha escogitato un improbabile sistema di rivestimento ligneo-titanico che presenta almeno tre caratteristiche, a nostro modesto parere, discutibili.
1.
Rivestire una brutta edilizia in cemento armato per farla sembrare un piccolo agglomerato di enormi ciottoli di torrente è opera, a nostro modesto -forse antiquato- parere, anti-architettonica da una parte e pseudo-scultorea dall’altra. Finendo per essere nè scultura nè, tantomeno, architettura. Che la si contempli dall’esterno o che la si fruisca standoci dentro non ci si potrà mai sottrarre, sempre a nostro modesto parere, alla sgradevole sensazione di "falso-ibrido" che essa inevitabilmente comunica.
2.
Lo spazio interno fruibile, ad un primo esame puramente visivo, rappresenta circa la metà, o poco più, del volume complessivo dell’opera. Una quntità enorme di spazio sprecato se considerate le dimensioni esterne attuali. O, viceversa, la dimensione esterna avrebbe potuto essere decisamente meno impattante, più piccola, con una vera architettura nella quale non ci fosse stato bisogno di un rivestimento esterno per farla sembrare quello che non è. Ma come è noto l’esteriorità spettacolare è diventata, in questi tempi di profonda involuzione riguardo ai contenuti, un obbligo. E ad essa tutto può e deve essere sacrificato.
3.
Chi, come noi, ha seguito da vicino le fasi della lavorazione può rendersi conto della quantità enorme di materiali e lavoro umano che sono stati necessari alla realizzazione del rivestimento esterno. Costi assoluti e relativi spaventosi. Per apparire più che per essere. E’ corretto? Ne vale la pena? E ancora, sono stati previsti gli enormi costi di manutenzione per la conservazione nel tempo di una opera lignea (abete a quanto ci è dato vedere) di tale -imponente- fragilità?

Nella gremitissima assemblea cittadina di febbraio tenutasi a Villa Giulia sotto l’intelligente e benaugurante slogan "CEM: da problema a risorsa" gli attuali Amministratori ci hanno assicurato che faranno di tutto e di più per trasformare un enorme gruppo di ciottoli -al piede- , frutto delle due passate Amministrazioni (Zanotti prima e Zacchera poi), in un prestigioso centro di iniziative culturali a largo spettro. CEM....c’è. Che ci piaccia o no. E allora tanto vale darsi da fare per farlo.....essere. Volontà più che apprezzabile. Quello che non ci torna è stata l’assenza del benchè minimo accenno di critica, non tanto al CEM che ormai c’è, ma al discutibilissimo metodo seguito per arrivarci. E non tanto, si badi bene, per rinvangare inutilmente un triste passato, ma per evitare che simili operazioni possano mai ripetersi in futuro.

E qui almeno altre due considerazioni, a nostro parere, si impongono.
1.
Prima che i cinema di Verbania chiudessero definitivamente i battenti anche grazie all’assurda politica delle "multisala", disponevamo di ben tre spazi utilizzabili per fare teatro.
Il cinema VIP ex Impero a Intra
. Sala di considerevole capienza ma irrimediabilmente lunga e stretta. Questa sua caratteristica spaziale se poteva andare bene per proiezioni cinematografiche la rendeva abbastanza poco adatta a rappresentazioni teatrali. Che, purtuttavia, si sono susseguite per decenni.

Quale l’utilizzo previsto per il VIP ex Impero? Appartamenti?
Il cinema Sociale accanto al VIP.
Sala di considerevole capienza. A differenza della precedente larga e corta, con pubblico disposto su "cavea" ad arco di cerchio ed in forte pendenza. Le tre cose insieme avrebbero consentito una ottima fruizione di eventuali spettacoli teatrali, sia sotto il profilo visivo che sotto quello acustico. Il tutto è stato trasformato in negozi (ex biglietteria-ingresso) ed in appartamenti (sala vera e propria). Perchè?
Il cinema Sociale di Pallanza.
Sala un poco più piccola delle precedenti trasformata poi in doppia sala, avrebbe consentito e consentirebbe, magari con qualche opportuna modifica, una ottimale utilizzazione sia per spettacoli teatrali, sia quale polo per eventi culturali di vario tipo e natura. Insomma un piccolo CEM commisurato alle effettive esigenze di Verbania e del circondario, a impatto visivo zero e a costi praticamente irrisori. Che siano state proprio queste caratteristiche a far scattare nella sfera "politica" il riflesso del rifiuto? Nonostante e contro petizioni popolari favorevoli? Che fine è prevista per il Sociale di Pallanza? Appartamenti?
2.
Teatro e cultura sono una, non buona, ma ottima cosa. Ma dovremmo renderci conto che gli edifici che li ospitano son cose relativamente poco importanti: E che non ci dovrebbe essere bisogno di costruirne di nuovi ed im-ponenti soprattutto nel caso in cui essi esistono già. Estremamente funzionali, come nel nostro caso. Per fare buon teatro è necessario niente di più e niente di meno che....buon teatro. L’imponenza dell’edificio che lo ospita non può che essere disturbante rispetto a ciò che sul palcoscenico avviene. E se il palcoscenico non si vede nemmeno tanto meglio per il buon teatro. Dimostrazione: la trentennale ottima rassegna teatrale "Lampi sul loggione" ospitata dall’adattissimo e modesto spazio del Centro Incontro di S.Anna.
E lo stesso identico discorso vale per gli eventi culturali in senso più ampio. E’ questione, prima di ogni altra cosa, di CONTENUTI.

Potremmo sapere dai nostri illustri Amministratori trapassati, passati e presenti il PERCHE’ non si è seguita in questa ingarbugliata, costosissima, dubbia vicenda, la linea del riutilizzo dell’esistente?

Insomma, per concludere degnamente, carissimo Zorro, i tuoi crampi allo stomaco ci sembrano più che motivati. Comunque siamo del parere che, anche se sei uomo d’azione, un po’ di dieta, forse, male non ti farebbe.

Sarebbe interessante sapere che cosa ne pensano in proposito i nostri affezionati ed attenti lettori. Non tanto sulla opportunità della tua dieta quanto sul fatto che "CEM........c’è"!
Che ne dici?
In ogni caso cordialissimi saluti, sentitissimi ringraziamenti ed augurissimi di buone, fruttuose, ulteriori peregrinazioni. Tienici informati.




Per comunicare con noi l'indirizzo è

sabato 18 luglio 2015

Uomo & Sistema



Tra i numerosi commenti suscitati dal post "Fare soldi e...agire razionalmente" (feb. 2015) , particolare importanza rivestono quelli di Anonimo e di Marco che di seguito riportiamo insieme perchè evidenziano, sia pure con sfumatore diverse, la cruciale questione del fattore soggettivo nel determinarsi dei processi storici.
 
 
Anonimo
Discorso che fila, logica acuta, contenuti interessanti e condivisibile l’indignazione. Una domanda-riflessione riguardo a quella che mi pare una taciuta premessa, che farà apparire questo commento come "pessimista", anche quando non vorrebbe esserlo. Il sottoscritto crede molto al cambiare delle cose, al potere di ""nuove" culture. Tuttavia: che essere umano abbiamo in mente? Possiamo stare sicuri del fatto che potrebbe essere diverso da quello che la storia ci ha mostrato? Che il caos stia fuori, che le scelte irrazionali non siano parte di quello che siamo? Che la logica possa dominare l’irrazionalità su una scala ampia quanto un sistema sociale, o in un sistema globale? non è forse un’indistricabile complessità a "vincere" sull’"umana virtù"? non è forse che l’etica si forma e trasforma TRA le cose umane, tra i nodi di un sistema e non NEI nodi del sistema? E cambia al suo cambiare?
Nel dire questo non vorrei essere frainteso, non è una premessa, quella che propongo qui, che vuole vanificare qualunque tentativo di cambiare, tutt’altro: penso che se si vuole affrontare queste complicatissime tematiche in modo profondo si dovrebbe (mia personalissima posizione) includere una riflessione sulla natura dell’uomo. Sapere di CHI stiamo parlando, e se c’è un’idea condivisibile tra parti sociali molto diverse. Includere "l’altra posizione", l’aleatorietà, l’irrazionalità. Perchè penso che solo tenendone conto se ne può, magari, contenerne le conseguenze più disastrose
 
Marco

Ho letto (e riletto) con attenzione il lungo allegato che è molto interessante ed assolutamente "logico" o meglio "conseguenziale". Credo che parlarne sia meglio che scriverne anche se alcune risposte mi verrebbero alla mente, sia pur grossolane.
La prima è che ognuno di noi può dare risposte per sè, con il suo "stile di vita" ovvero riciclare, consumare poco, destinare ad altro eventuali surplus economici ecc.ecc. Se miliardi di persone facessero così il sistema potrebbe averne benefici? Credo di si, ma in fondo non lo so, perchè uno dei punti fondamentali a cui penso sempre è che quando il mio maestro Buonamico alle elementari parlava di geografia ci spiegava che eravamo 2 miliardi e rotti di abitanti e che forse saremmo arrivati a 3...oggi abbiamo passato i 7 e purtroppo l'incremento è maggiore là dove i disastri sono più evidenti.
Si è in perenne emergenza.
Io credo però - in estrema sintesi - che l'UNICA filosofia economico-sociale che funzionerebbe è quella del Discorso della Montagna: se avesimo più coraggio a viverlo nel concreto molti delle assurdità del "sistema" sarebbero superate.
Se credete invitatemi qualche volta a parlarne insieme con voi...



Moltissimi e interessanti gli spunti di riflessione che entrambi gli interventi ci forniscono.
Al di là delle differenti sfumature, il concetto centrale intorno al quale essi ruotano ci sembra che possa essere riassunto così

Nel post "Fare soldi e...agire razionalmente" avete messo in evidenza le assurde contraddizioni del sistema economico e sociale nel quale viviamo. Ma questo è solo un aspetto del problema. Relativamente importante, dal momento che sono gli uomini come soggetti, persone, ad averlo creato con quelle caratteristiche. Caratteristiche che rispecchiano il loro modo di essere, la loro personale mentalità. In più, all’interno della struttura economica e sociale sono singole persone ad agire comportandosi in un modo piuttosto che in un altro. Ed è questo a fare la differnza. Allora la questione non riguarda tanto il Sistema nel quale viviamo ma il modo di essere e quindi di agire dei singoli individui all’interno di esso.


Il ragionamento non fa una grinza e ci trova perfettamente d’accordo. Ma, a nostro parere, una serie di precisazioni si impongono. Altrimenti rischiamo di cadere nella semplificazione eccessiva. O semplicismo. Che può essere -è vero- di segno diametralmente opposto. Da una parte l’economicismo. Pensiero secondo il quale una volta cambiata la struttura economica della società (il Sistema) tutto il resto automaticamente cambierebbe. Dall’altra quello che potremmo chiamare soggettivismo idealistico, secondo il quale tutto dipenderebbe dalla persona uomo, che sarebbe libero di costruire il proprio destino.Una volta cambiato il modo di essere delle singole persone tutto il resto automaticamente cambierebbe.
Entrambe, a nostro parere, posizioni fuorvianti. E che quindi dovremmo evitare.
Allora la questione ci sembra quella di considerare entrambi gli aspetti e di metterne in evidenza la reciproca interazione. Per poi vedere se, per caso, uno di questi due importantissimi aspetti abbia una leggera prevalenza sull’altro. E, se del caso, quale dei due.
Altrimenti rischiamo di restare prigionieri del (falso) problema se siano le uova a far nascere galline o le galline a far nascere uova. Nel nostro caso se: è la "mentalità" a creare il "sistema" o invece se è il "sistema" a creare la "mentalità".

Per tentare di dipanare l’intricata questione potremmo utilizzare il prezioso concetto scientifico di condizione necessaria ma NON suficiente.
Posto che gli eventi si verificano se determinate condizioni sono sofddisfatte,
dicesi
che una condizione è necessaria ma NON sufficiente quando essa è indispensabile per il prodursi dell’evento ma, allo stesso tempo, non è di per sè sufficiente a garantire il determinarsi dell’evento medesimo.

Esempio pratico nel campo delle umane relazioni interpersonali.
per realizzare cordiali rapporti con il prossimo è necessario essere ben disposti nei loro confronti. Ma non è assolutamente detto che avendo una buona predisposizione di base nei confronti del prossimo si riesca sempre ed immancabilmente ad avere rapporti cordiali.
Quindi essere ben disposti nei confronti del prossimo è condizione necessaria ma non sufficiente per la realizzazione di cordiali rapporti con esso.

Una condizione si dice invece necessaria E sufficiente quando oltre che indispensabile è anche di per sè sufficiente a garantire un determinato risultato.

Esempio pratico in campo meteorologico:
perchè piova è condizione necessaria E sufficiente che il vapore acqueo presente nell’atmosfera raggiunga la soglia critica oltre la quale avviene il fenomeno della condensazione. Niente condensazione del vapore acqueo uguale niente pioggia. Viceversa è sufficiente che si verifichi quella determinata condizione per fare in modo che l’evento si verifichi immancabilmente (o quasi, al mondo di immancabile c’è praticamente niente)
Se avviene il fenomeno di condensazione del vapore acqueo presente nell’atmosfera, questo è sufficiente per dire che (quasi) certamente pioverà.

Vediamo ora di applicare questi concetti al campo che qui ci interessa. Quello economico-sociale
Abbiamo individuato due grandi fattori di trasformazione. Da una parte cambiamenti strutturali del Sistema economico-sociale. Dall’altra cambiamenti nel modo di essere di agire di pensare da parte dei singoli individui.
Posto che entrambi gli aspetti sono di importanza capitale ai fini della trasformazione ci sembra che il quesito possa esere così formulato:
1.
che tipo di interazione è necessario si stabilisca tra i due aspetti perchè si determinino veri cambiamenti storici in una società umana?
2.
Possiamo stabilire un ordine di importanza tra i due aspetti? E in caso affermativo Quale?
Sulla base dell’esperienza storica della quale oggi disponiamo noi saremmo propensi a rispondere così: profondi cambiamenti sistemici a livello della struttura economica sono condizione necessaria, ma non sufficiente, per il determinarsi di profondi cambiamenti migliorativi su tutti gli altri piani. Da quello sociale a quello culturale (in senso antropologico: modo di vita).
Nel senso che:
A.
Senza cambiamenti sostanziali del modo di funzionamento economico di una società, sarà ben difficile, per non dire imposibile, che questa cambi davvero in meglio.
B.
Che cambiamenti sostanziali del modo di funzionamento economico di una società pur essendo comdizione imprescindibile non sono di per sè sufficienti a garantire automaticamente cambiamenti sostanziali sugli altri piani.
C.
Che sarà, d’altra parte, ben difficile, per non dire impossibile che si verifichino veri cambiamenti migliorativi in una società per il semplice fatto che cambia la mentalità, il modo di essere, di agire e di pensare di singoli individui, se nulla cambia a livello di struttura macro economica o modo di funzionamento della economia.
D.
Che i cambiamenti nel modo di essere di pensare e di agire a livello individuale sono comunque importantissimi almeno in due sensi:
1.
in quanto tali perchè comportano un importante cambiamento dei modelli culturali della società;
2.
perchè possono diventare determinanti ai fini della trasformazione, ma solo se e soltanto quando, producono profondi cambiamenti del Sistema a livello di struttura economica o modo di funzionamento dell’economia.

La conclusione provvisoria potrebbe essere allora la seguente:
entrambi gli aspetti sono di fondamentale importanza ai fini di una vera trasformazione migliorativa della società. Essi devono trovare però una modalità di interazione. In particolare il fattore soggettivo, al pari di quello oggettivo, rappresenta una condizione necessaria ma da sola non sufficiente per una vera trasformazione.

E qui vorremmo esprimere la nostra critica a tutte quelle posizioni che, in un modo o nell’altro, privilegiano il fattore soggettivo-individuale quale aspetto decisivo ai fini del cambiamento, come sembrano sostenere i nostri due lettori nel loro intervento. Scienza, tecnica, tecnologia ed economia sarebbero, in questa visione, semplici strumenti. Quindi neutrali. Quindi usabili per scopi "buoni! o "cattivi". Quindi tutto dipenderebbe esclusivamente da chi li adopera e per quali scopi. Le mezze verità, come questa, a volte sono più pericolose delle bugie. Perchè nascondono l’altro tre quarti di verità. E relegando nell’ombra delle cose poco importanti, fattori oggettivi decisivi per il modo di essere della società, e quindi della vita concreta che in essa gli uomini individualmente vivono, finiscono, di fatto, per legittimarlo.

Scendiamo ora dall’iperuranio dei concetti e facciamo qualche esempio pratico per chiarire.

Primo esempio.
Automobile e vita salubre.

In teoria nulla vieterebbe alle persone di fare un uso ragionato, opportuno, ecologico e salubre di questo meraviglioso ritrovato della scienza tecnica e della tecnologia scientifica. E in questo modo di condizionare, come consumatori, la qualità e le quantità della produzione di automobili. In pratica non è così. Di automobile ne viene fatto un abuso. Inopportuno, scriteriato, eccessivo, antiecologico, insalubre Perchè? Il motivo è semplice. L’industria automobilistica mondiale, dal momento che vige il regime della Libera Economia di Mercato, pianifica la produzione non in funzione della necesità di automobili ma in funzione della convenienza economica del produttore. Sotto certe quantità non "conviene", non è remunerativo, produrre. Vedasi le ricorenti dichiarazioni del Dott. Marchionne. Le automobili prodotte in numero largamente superiore alle reali necessità, devono poi essere vendute. Se ne incaricherà la "politica" mettendo in campo politiche di massima incentivazione possibile della mobilità su gomma. e di minima incentivazione possibile della mobilità su rotaia e su acqua. Dalla costruzione continua di autostrade all’allargamento continuo di quelle già fatte, al rifacimento di tutti i tracciati della strade statali e provinciali. E altro. In più incentiva pure la rottamazione anticipata di veicoli ancore relativamente sani. Il tutto con grande gioia oltre che dei produttori di automobili ed autocarri, delle Compagnie Petrolifere, di tutto l’indotto auto dai pneumatici ai fari abbaglianti sempre accesi anche di giorno. Naturalmente per motivi di sicurezza. Per finire con le Compagnie di Assicurazione, e con lo Stato stesso che, da tutta la giostra, incamera enormi quantità di denaro.
Laddove è dimostrato che, in pratica, è il Sistema Economico-Produttivo che determina, con la complicità della "politica", la quantità e la qualità dei consumi. E non è il consumatore a determinare la qualità e la quantità della produzione. Cosa che solo in teoria, meglio in astratto, sarebbe possibile.
Siamo arrivati ad un tale punto di distorsione mentale da sostenere che il tutto è logico in quanto così si crea molto lavoro senza il quale grandi masse di lavoratori si troverebbro disoccupate.
Il bello è che è verissimo! Ed è l’inevitabile, demenziale risultato al quale non può fare a meno di arrivare il Sistema della Libera Economia di Mercato apparentemente concorrenziale. Ma di quest’ultimo aspetto della faccenda, chissà per quale strana ragione, non si parla.
 
Secondo esempio
Usa e getta ovvero comodo è bello.

Quando non esisteva la plastica non potevano esistere nemmeno i piatti di plastica, le fondine di plastica, le posate di plastica, i bcchieri di plastica, le bottiglie di plastica e i sacchetti della spesa di plastica. Ci si "arrangiava"con altri materiali. Più simpatici, più funzionali e più ecologici. L’Industria in regime di Libera Economia di Mercato ha invaso il mercato con piatti di plastica, fondine di plastica, posate di plastica, bicchieri di plastica, bottiglie di plastica e sacchetti di plastica per fare la spesa. E una infinità di altri indistruttibili oggetti di plastica. Obiettivo: migliorare la qualità della vita individuale e generale? No. Vendere per realizzare profitto monetario. In teoria, meglio in astratto, il singolo individuo consumatore potrebbe rifiutarsi di comperarli e di utilizzarli. Ma non succede. E la spesa vienre regolarmente, sistematicamente, insacchettata. Posate, piatti e bicchieri magari non sempre li si adopera. Magari "solo" alle feste di compleanno dei ragazzi. Perchè lo si trova più "comodo". Usa e getta.....in discarica. In molti bar, autogrill, fast food, mense scolastiche e non, treni, piroscafi e persino qualche "ristorante", si è passati alla plastica. Con notevolissimo "risparmio" di....."manodopera". E intanto passa la filosofia mentale del "comodo è bello". E comodissimo è ancora più bello. Di questo passo finiremo, senza nemmeno accorgercene, per morire di.....comodità. E di indistruttibili rifiuti di plastica. .
Il concetto dell’usa e getta abbraccia ormai praticamente ogni campo ben al di là delle stoviglie e dei sacchetti di plastica. Dai motori delle auto alle auto medesime. Dai telefonini ai computer. Dai rasoi per depilarsi ai fazzolettini di carta. Dalle matite biro alle marmitte delle automobili. Il refil non si trova. E la marmitta bucata, che potrebbe essere riparata, viene sostituita da una marmitta nuova di zecca. Il resto non è riparabile. E la cosa è programmata fin dall’inizio dalla Libera Economa di Mercato Produttiva e Industriale. Praticamente ormai in ogni campo.
La possibilità per l’individuo critico e pensante -comunque una esigua minoranza- di determinare il Sistema è quindi puramente teorica. Meglio: astratta. E infatti, guardacaso, da ben due secoli nulla è cambiato nella sostanza della struttura economica sulla quale si recgge il Sistema Storico nel quale viviamo.
Potremmo portare centinaia di altri probanti esempi. Per questa volta possiamo fermarci qui. Lasciamo ai nostri affezionati ed intelligenti lettori l’approfondimento della materia.

E torniamo all’iperuranio dei concetti.

 

Saranno mai conciliabili in un Sistema economico-sociale basato sulla Libera Economia di Mercato finalizzata al massimo profitto dei produttori,
speculazione edilizia e salvaguardia del territorio?
o salute delle persone e ambiente malato portatore di malattia?
o massima resa monetaria, massima compressione dei costi e pieno utilizzo creativo delle risorse umane?
o crescita infinita e finitezza delle risorse?
o Libero Mercato ed Eco-Nomia razionale?
o "benessere" consumistico ed Essere Bene?
o indebitamento in crescita esponenziale e vero miglioramento della qualità di vita?
Solo per dirne alcune.
E’ solo una questione di mentalità individuale?
O si tratta di ben altro e di ben più complesso?
Potranno mai gli atteggiamenti personali di -fatalmente- pochi singoli individui determinare significativi cambiamenti nel modo di operare di questi potentissimi fattori oggettivi?

Ma........ allora?

E qui torniamo al punto dal quale siamo partiti. Se è il Sistema a determinare modi di essere, pensare ed agire quando mai esso potrà cambiare? Da solo? Chi cambierà il Sistema se non esseri umani con la volontà di cambiarlo? E allora dobbiamo riconoscere che, in questo senso, i nostri due lettori hanno perfettamente ragione. Ma attenzione!
In quale senso? Non certo appellandosi a generici sentimenti "umani" che da soli cambierebbero il mondo. Ci riferiamo in particolare all’intervento di Marco. Avremo bisogno di ben altro e ben di più. Per cambiare davvero qualcosa avremo bisogno di molti uomini consapevoli. Ma, anche qui, che cosa significa essere consapevoli?
Essere consapevoli, secondo noi, significa grossomodo questo:

1.

lavorare a cercare di comprendere il più a fondo possibile in quale sistema viviamo;

2.

lavorare a comprendere gli assurdi meccanismi che lo governano e lo fanno essere, al di là di ogni apparenza, un sistema di ingabbiamento della vita;

Potrà mai cambiare qualcosa di veramente significativo se i singoli individui non sanno che vivono in un Sistema Storico? Se non sanno in quale? Se non ne conoscono le caratteristiche fondanti? Se non si rendono conto di come esse determinino un certo genere di mentalià, costumi, modo di essere di pensare e di vivere?


3.

costruire gradualmente un nuovo universo di pensiero e di senso nel quale recuperare, in un contesto profondamente diverso, tutto il meglio dell’elaborazione concettuale prodotta dagli esseri umani nella immensa parabola storica attraverso la quale sono diventati tali;

Potrà mai cambiare qualcosa di sostanziale se singoli individui non penseranno diversamente? Sulla base di altri concetti e categorie?


4.
cominciare ad immaginare alternative di sistema. Dalla scala locale a quella planetaria passando per tutte le scale intermedie;

Potrà mai cambiare qualcosa di veramente importante se singoli individui non incominceranno ad immaginare qualcosa di profondamente diverso dall’assurdo meccanismo economico del produrre per vendere, del vendere per guadagnare e del guadagnare per comperare e del comperare per far girare l’"economia"? Potrà mai cambiare qualcosa semplicemente volendoci "più bene"?


E poi ancora

5.

individuare, conseguentemente, una serie di passaggi operativi per realizzare l’alternativa di sistema;

6.

cominciare a manifestare in ogni occasione il nostro pensiero;

7.

trovare compagni di strada che condividono contenuti e metodo dell’orizzonte progettuale;

8.

cominciare a muoversi politicamente (Politica: Arte del possibile)) come collettivo più o meno piccolo sui contenuti del Progetto e cominciando dalla scala locale. Senza trascurare le altre.
Siamo del parere che se facessimo, o più modestamente, incominciassimo a fare tutto ciò cominceremmo, e da subito, a vivere in un sistema diverso da quello in cui siamo.

Allora sottoporre il Sistema Storico in cui viviamo ad attenta riflessione critica, come abbiamo tentato di fare nel post "Fare soldi e....agire razionalmente", ci sembra di fondamentale importanza. Proprio per contribuire all’inizio di un cambiamento nel modo di ragionare di singoli individui.

Ovviamente l’enorme, appassionante, intricata questione non si esaurisce qui. Moltissimi sono gli aspetti sollevati, soprattutto dall’intervento di Anonimo, che dovrebbero essere sviscerati. Avremo modo in futuro di sbizzarrirci ulteriormente, sempre con l’aiuto dei nostri affezionati ed attenti lettori. Grazie.
 
 
 
per comunicare con noi l'indirizzo è pensieridizorro@gmail.com  
 
 



giovedì 9 luglio 2015

Di conurbazione vivremo o.....moriremo?



Una risposta al Prof. Zanotti


Pubblichiamo oggi il contributo del Prof. Zanotti, ringraziandolo ancora per la sua disponibilità.
Ad essere sinceri ci aspettavamo dal prof. Zanotti una critica decisa alle nostre argomentazioni e invece pare che in molte cose si trovi d'accordo con noi, in particolare sul fatto che il cosiddetto Libero Mercato metta al centro la esasperata ricerca di profitto e in subordine l'essere umano e l'ambiente naturale. Bene. Ci fa piacere. Però non possiamo evitare un accenno di critica all'operato del Prof. Zanotti in quanto "uomo politico" e, in particolare, relativamente ad alcune scelte della sua passata amministrazione che non ci sembrano coerenti con le attuali affermazioni.
Ci riferiamo, per esempio, alla questione Teatro in Piazza Mercato che ha innescato un circolo vizioso che ci ha portato a questa "immensa rogna" di Arroyo 2.
Perché, ci chiediamo, quella scelta di voler (ancora!) edificare su un territorio ormai saturo di cemento quando si poteva utilizzare (riciclare-valorizzare?) uno dei teatri dismessi a costi sicuramente minori?
Oppure la recente riesumazione del concetto di "conurbazione" quale occasione di sviluppo economico per il nostro territorio. Il solo suono della brutta parola mette i brividi. Che ora ci venga riproposto questo devastante fenomeno "sviluppista" facendone addirittura una strategia economica per il nostro futuro ci sembra davvero curioso. Per non dire altro. Ma sicuramente avremo capito male e ce ne scusiamo.  

Di seguito la lettera del Prof. Zanotti a commento del post di febbraio "Fare soldi e....agire razionalmente" e quindi la nostra riflessione sul tema "Conurbazione". 

Buona lettura.


Amici del GRUV,
                            riscontro la vostra mail e innanzitutto vi ringrazio per il credito/apprezzamento. Ho letto con interesse il denso e impegnativo documento, (il post "Fare soldi e....agire razionalmente" pubblicato in febbraio n.d.r.)  come peraltro mi capita di fare con gli altri “pensieri di Zorro”. Non ho gli strumenti (e tanto meno la pretesa) di entrare puntualmente nel merito delle questioni da voi sollevate, che si iscrivono in una argomentata e critica riflessione generale sul sistema di produzione-consumo che ha caratterizzato la società occidentale liberlcapitalistica nel secolo scorso e che nel corrente secolo si è esteso anche ad aree geopolitiche ed ideologiche diverse, ma sento particolarmente consonanti alcuni accenti critici contenuti nel testo: il predominio dell’economia “finanziarizzata”, l’esasperazione del profitto e della remunerazione “purchessia” del capitale, il “consumo” come totem indiscutibile, l’inevitabile “insostenibilità” ambientale di un’economia piegata all’imperativo della crescita intesa come produzione indefinita di “beni fisici (poco) durevoli”.

Ieri, subito dopo avere letto il vostro testo, mi sono imbattuto in un meditato contributo di Enzo Bianchi, priore di Bose, sull’attualissima e delicata questione di EXPO. I contenuti si muovono sulla stessa lunghezza d’onda delle vostre riflessioni e rappresentano bene le mie convinzioni e le mie preoccupazioni, che derivano da una visione complessiva dell’uomo e della società ispirata agli stessi valori espressi da p. Enzo Bianchi; per questa ragione ho pensato di allegare a questa mail il testo, utilizzando la camera fotografica uno smartphone già vecchiotto, ma che uso e continuerò a usare senza indulgere ad alcuna tentazione di consumistica “rottamazione”!

Per parte mia ho cercato di tradurre la mia weltanschauung sul piano locale, agendo sul piano politico e amministrativo per più di una trentina d’anni. E come inevitabilmente accade, i risultati sono stati faticosi, provvisori e modesti.

Vi esprimo il mio apprezzamento per lo sforzo di analisi e di proposta che contraddistingue le edizioni dei “pensieri di Zorro” e auguro che il vostro lavoro possa trovare visibili spazi di confronto e di applicazione.

Buona serata.

Claudio Zanotti



Di conurbazione vivremo o....moriremo?

Con il post dal titolo "Fare soldi e...agire razionalmente" abbiamo cercato di mettere a fuoco quello che ci sembra il nocciolo dei noccioli. Proviamo a riassumere.
Il meccanismo oggettivo della Libera Economia di Mercato trasforma quelli che dovrebbero essere strumenti (economia, denaro, scienza, tecnica, conoscenza, cultura) in scopi della attività umana.
E quello che doveva essere lo scopo (eco-nomia ovvero cura della casa) in strumento per far "girare l’economia". Ciò è irrazionale. Il capovolgimento di senso sul quale si fonda, in questa "logica", l’agire umano determina inevitabilmente una infinita catena di controsensi, di non sensi e di assurdità. Non occasionali. Sistematici. Sistemici. L’infinita catena di controsensi, di non sensi e di assurdità. determina lo spaventoso garbuglio di irrisolvibili problemi nel quale siamo sempre di più ingarbugliati.

Cercheremo, d’ora in avanti, di mettere alla prova la "teoria" applicandola ad una serie di casi concreti. Anche locali.

Una delle infinite occasioni di mettere alla prova la "teoria" secondo la quale in economia di mercato è quasi impossibile agire razionalmente ce la fornisce la riesumazione, avvenuta nello scorso mese di febbraio da parte del Prof. Zanotti e del Partito Democratico, del concetto di pianificazione strategica -nientemeno- circa un non meglio precisato processo di conurbazione quale storica -nientemeno- occasione di sviluppo economico per il vasto territorio lacustre e pedemontano del quale facciamo parte.
A parte il fatto che parlare di pianificazione e per giunta strategica in regime capitalistico, dove la regola fondamentale della economia di mercato è la più totale anarchia delle singole iniziative private e dove l’unica "pianificazione " possibile è quella tattica e miope del privato investitore di capitale in funzione esclusiva della congrua remunerazione dell’investimento e nel più breve tempo possibile, parlare di questo dicevamo, rappresenta una pura e semplice ma autentica presa per i fondelli. Questo a parte, cerchiamo di entrare nel merito.

Già il suono della brutta parola -"conurbazione"- fa venire i brividi. Siamo comunque andati a documentarci per cercare di capire cosa è.



"Una conurbazione è un’area urbana comprendente alcune città che, attraverso la crescita della popolazione e l’espansione urbana, si sono saldate tra di loro e hanno formato un’area uniforme e continua" (Wikipedia).



Il significato della brutta parola è chiarissimo.
Tradotto in italiano: massacro del territorio allo scopo di guadagnare soldi. Più elegantemente: "a fini speculativi".
 
La Verbania che ognuno di noi può vedere oggi è il risultato della conurbazione di un certo numero di oneste frazioni originarie (Intra, Pallanza, Suna, Cavandone, Fondo Toce, Zoverallo, Biganzolo, Possaccio) con una loro dignità storico-ambientale-paesaggistica ancora oggi rintracciabile, sia pure con una certa fatica, nel caotico coacervo di pessima edilizia che le ha -appunto- conurbate.
Il punto di avvio del massacro con-urbano ha -quasi- coinciso, non casualmente, con la costruzione della cosiddetta "variante" Beata Giovannina-Villa Taranto. Quello della collina con la riconversione della ferrovia Intra-Premeno in comoda strada asfaltata.
Erano tempi nei quali si ponevano le basi di quello che sarebbe stato -così si pensava- il benessere. A base di traffico automobilistico, aria sporca, falansteri collettivi chiamati condomini, piastrelle, piastrelline, asfalto, asettici arredamenti in ultralavabile, igenicissima formica. E altro. Di "qualità".
Non vogliamo far qui il lungo elenco degli orrori e dei massacri perpetrati nei confronti delle aree libere tra frazione e frazione a partire dai primi anni sessanta del novecento. Basta munirsi di una onesta bicicletta -in auto non si vede niente- ed andarsi a documentare con i propri occhi.
Per quello che non si può vedere perchè non c’è più come l’ardito ponte Cobianchi ad arcata unica che scavalcava il S.Bernardino nei pressi di Villa Maioni, fatto saltare con la dinamite, e che oggi ci andrebbe benissimo per farvi transitare le biciclette, rimandiamo alla prezoiosa documentazione fotografica costruita da Enzo Azzoni nei suoi bellissimi libri.
Si badi bene alla coincidenza temporale tra il "miracolo economico sviluppista" di quegli anni e la devastazione.

Allora se c’è una cosa che dimostra in modo inoppugnabile la totale inconciliabilità tra fare soldi e agire razionalmente questa è proprio la storia di quel fenomeno letteralmente cancerogeno che è stata -ed è- la conurbazione in Italia. E non solo in Italia.
Eppure non sono mancati, a quanto sembra, una serie infinita di Piani Regolatori generali e particolari.
Per "regolare" che cosa?
Sei sette piani più eventuale mansardato, immani pareti cieche a confine, distanze ridottissime tra le costruzioni, fagocitazione di ogni spazio libero anche di prorietà comunale (vedi area ex macello di Suna), pozzi profondi, angoscianti e bui per gli accessi alle autorimesse, facciate oscene in piastrelline cm.2x2 da cesso pubblico -e neanche quello- assolati parcheggi al posto dei praticelli superstiti, cedri del Libano abbattuti per guadagnare qualche posto auto in più......
Piani "regolatori" per "regolare" che cosa?
La "banale" domanda dell’ingenuo cittadino meriterebbe una risposta, da parte degli addetti ai lavori, in grado di smentire -se possibile- la netta sensazione. Ovvero che si sia operato in funzione di un unico criterio che niente ha a che vedere con la razionalità urbana e/o conurbana. Ovvero il criterio del massimo possibile tornaconto monetario (fare soldi) per possessori di terreni, operatori del settore edilizio e relativo indotto. Non ultimi gli Enti Pubblici "regolatori" che hanno incassano, e incassano, tributi vari e oneri di "urbanizzazione". Il tutto ha prodotto un "benessere" tra virgolette per il quale solo oggi alcuni di noi cominciamo ad intravedere quello che ci è costato. E che ci costerà. Alcuni. Non tutti. Visto che qualcuno, non contento, non ancora convinto, rilancia.

Alla prima conurbazione che ha saldato le verbanesi frazioni originarie di cui abbiamo accennato ne è seguita una seconda che si è incaricata di divorare gli ameni spazi liberi collinari della fascia pedemontana. A base di villette con giardino. Paradossalmente per amanti del verde.
Ed una terza lungo i congestionati assi di traffico, in particolare tra Verbania-Gravellona-Omegna. A base di megarotonde, capannoni giganteschi, assolati parcheggi asfaltati, distributori di benzina, sterminati centri commerciali, traffico intasato, cartelloni pubblicitari di ogni bruttura. E altro.
Il risultato è lì da vedere. Un magnifico posto meravigliosamente incastonato tra laghi, boschi e montagne, trasformato nel giro di neanche mezzo secolo in un invivibile coacervo conurbativo nel quale le uniche cose che si salvano sono le "eccellenze" di prima della conurbazione. Le ville storiche dei ricchi e i nuclei storici della popolazione. Le eccellenze che "girano", non a caso, sui -pochi- depliant turistici.
 
Insomma il risultato della prima,della seconda e della terza conurbazione è stato letteralmente devastante anche se indubbiamente ha fatto guadagnare parecchi soldi. A molti. Ma con lo "sviluppo" "economico" "conurbativo" l’anima del paesaggio è morta. E con essa, probabilmente, quella dei suoi abitanti. Vale a dire noi. Per fare un esempio tra i tanti che si potrebbero fare: fenomeni sempre più frequenti di cosiddetta "disumana, incomprensibile, follia personale", ma anche soltanto di una sorta di "normale" disaffezione, troverebbero nel devastante fenomeno conurbativo che costringe la vita tra mancanza di spazio libero ed indicibili brutture, una -una delle tante sia chiaro- spiegazioni possibili di ordine "razionale". Non per niente il termine "angoscia" deriva da angustia, angusto, stretto, soffocante. Solo chi è stato nel deserto, dove finalmente si può trovare "soltanto" spazio libero riesce a capire davvero la valenza liberatoria e spiritualmente rigenerante di esso.
Che ora qualcuno ci riproponga una quarta conurbazione, addirittura megaterritoriale, facendo addirittura di questo tipo di "strategia ""economica" "conurbativa" nientemeno che lo sbocco per il nostro futuro, e quello dei nostri figli, ci sembra davvero curioso. Per non dire altro.

Ma forse abbiamo capito male. Se del caso ce ne scusiamo.
 
 
 

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