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martedì 27 dicembre 2016

Il Maggiore c'è..m..m!



Carissimi resistenti umani,

da mesi quando attraverso il S. Bernardino mi ritrovo con la mascella sempre più penzoloni. Vi giuro che non riesco a a capire se si tratta di meraviglia, stupore, ammirazione, repulsione o.....altro. A ben pensarci forse si tratta di un “tarlo”. Si perchè dopo aver letto attentamente le vostre considerazioni sul fatto che alle mirabolanti forme esterne non corrisponde neppur minimamente uno spazio interno, un vero e proprio tormentone mi divora il cervello. Ogni volta che passo sul ponte e l’occhio viene immancabilmente catturato dagli enormi “sassi” non riesco a farlo tacere: “Ma allora come diavolo sarà DENTRO?” .Dopo lunga meditazione ho concluso che l’unica era andare a vedere di persona. Ho ghermito al volo l’ultimo biglietto di un “evento” teatrale in cartellone e, in strettissimo incognito naturalmente, mi sono confuso con la folla di spettatori. Mi sono chiesto se le sensazioni  che ho vissuto standoci DENTRO per qualche ora, non fossero per caso fortemente influenzate dai vostri pareri critici. Perplesso sono tornato a casa e ci ho dormito sopra per una settimana. Non di fila, per tutti i diavoli! Cosa avete capito?! Per sette notti, si intende! Al mattino dell’ottava notte mi sono sentito dentro con chiarezza il responso assolutamente spassionato. Alle mirabolanti forme esterne (non) corrisponde che un deludente, brutto spazio interno. Poco accogliente per non dire decisamente scomodo e -colmo dei colmi- inadatto a rappresentazioni teatrali. A mio modestissimo parere di incompetente. Non riesco a tradurre in ragionamenti elaborati, come fate voi professorini, le pure sensazioni viscerali. Sono uomo d’azione si sà. Quindi vi invito a seguire il mio esempio per verificare a vostra volta e di persona. Fatemi sapere. Nel frattempo e sempre a disposizione per collaborazioni varie, vi saluto cordialissimamente.
Sempre vostro
Zorro.


Il post al quale fa riferimento il nostro impagabile eroe è stato pubblicato in data 12/12/2014.con il titolo “CEM Arroyo 2” sottotitolo “ l’insostenibile pesantezza dell’apparire”.

Lo diciamo per mettere in condizioni i nostri affezionati lettori di ripescarlo e -magari-  rileggerselo. Non sarebbe male al fine di considerare la questione nella sua completezza. Peraltro limitata all’aspetto “architettonico”.

Ancora una volta sollecitati dalla preziosa segnalazione del nostro insostituibile uomo d’azione ci siamo precipitati al botteghino riuscendo a ghermire al volo gli ultimi due biglietti dello spettacolo successivo.

Carissimo Zorro,

noi ci abbiamo dormito sopra non una ma due settimane. Per un totale di quattordici notti. Temevamo di essere prevenuti -di nostro- e influenzati dal tuo giudizio decisamente non positivo. Insomma parziali. Non obiettivi. Abbiamo sentito alcuni pareri di amici, parenti e conoscenti che ci confermerebbero nelle sensazioni che abbiamo provato come “fruitori” degli spazi interni dell’opera “architettonica”. Molto simili, per non dire identiche, alle tue. Come c’era da aspettarsi. Ma andiamo con ordine e cominciamo dall’ingresso. L’impressione che ci ha comunicato questo importante “momento” nel quale il “fruitore” accede al complesso “architettonico”  è stata quella di un ambientino piccino piccino, disadorno, arredato in fretta e furia e in modo raccogliticcio.  Sembra di entrare in un ufficietto comunale. senza pretese. Ma lasciamo perdere. Si tratta di dettaglio minore tutto sommato. Forse si tratta di soluzione provvisoria dettata dall’urgenza. Chissà. Una banalissima scala di tipo condominiale ti porta al primo piano dove accedi ad un immenso spazio “cubico” totalmente vuoto. In un cantuccio di questo spazio metafisico, dentro ad una “cosa” di plastica trasparente alcuni tubi fluorescenti dai crudissimi colori verde e rosso -se non ricordiamo male- si contorcono a mo’ di serpenti luminosi di tipo natalizio. Un amico ci ha poi detto, lasciandoci interdetti, che di opera d’arte trattasi. Gravissimo perdinci! Non ci siamo arrivati! E tu? In ogni caso abbiamo trovato la “cosa”, arte o non arte che sia, decisamente fuori luogo nella misura in cui viene annichilita dalla vastità del vuoto che la circonda. Lungi dal costituire arredo ravvivante, accentua la vuotezza dello spazio nello stesso momento in cui disturba grandemente quella che avrebbe potuto essere pura, intonsa, intoccata ed intoccabile metafisicità spaziale. Il pavimento. Sembrerebbe di listelli di legno incollati al sottofondo. Ma potrebbe benissimo trattarsi di plastica simil-legno dato il colore chiarissimo, quasi bianco. Non abbiamo capito. In ogni caso freddo. Insomma, in totale e  per farla breve uno spazio da brivido ghiacciato. Da questo spazio cubico, pensato forse per eventi particolari di tipo non teatrale  si accede alla sala teatrale vera e propria. Abbiamo assistito ad uno spettacolo interessante con una nutrita compagnia di bravi attori, ottime scenografie, rapidi ed efficaci cambiamenti di scenario, buona musica di accompagnamento. Insomma tutto benissimo ed interessante dal punto di vista di ciò che sul palcoscenico avviene. Ma, ci sembra, teatro è -o dovrebbe essere- qualcosa di più. Vale a dire l’intreccio, spaziale ed emotivo ad un tempo, che si crea -o si dovrebbe creare- tra ciò che sul palcoscenico avviene e la platea degli spettatori. Basta dare una occhiata all’impianto semicircolare dei veri teatri realizzati nell’antichità, per capire che cosa intendiamo dire. Confermiamo le tue sensazioni puramente viscerali che comunque sei riuscito a tradurre nel cruciale concetto di “spazio inadatto a rappresentazioni teatrali”. Il che, per un teatro, è un “difettuccio” non da poco.
Cerchiamo ora di vedere il perchè della “lacuna” esaminando alcuni indiscutibili dati di fatto oggettivi di tipo “metrico-spaziale”. Sala in marcata pendenza con file di posti articolate su gradoni. Fin qui tutto bene. Niente da dire. Favorisce la visibilità. Sala RETTANGOLARE. Ammirando i “sassi” dall’esterno ci si poteva aspettare qualcosa di completamente diverso. Invece no. Sala banalmente, squallidamente rettangolare! Ma non basta. Sala rettangolare LUNGA e STRETTA! Con il palcoscenico ad occupare quale dei due lati? Ma quello corto evidentemente! Non abbiamo potuto prendere le misure, ma ci sentiamo di sostenere che il lato lungo della sala è almeno il doppio di quello corto. Forse di più. Questo puro e semplice dato dimensionale comporta il fatto che il palcoscenico è terribilmente LONTANO. Perlomeno per gli spettatori che non stanno nelle prime tre file. Ovvero la stragrande maggioranza. Il marcato effetto LONTANANZA  rende decisamente difficile l’instaurarsi di quella fusione spaziale ed emotiva tra palcoscenico e platea  che costituisce, come si diceva,  uno degli elementi chiave del buon teatro. Per fare un confronto illuminante pensiamo al ben più adatto spazio della sana e modesta saletta del Centro di Incontro S:Anna orientata all’incontrario, con il palcoscenico disposto sul lato lungo e le due ali della platea leggermente convergenti. Insomma sosteniamo in totale accordo con te che c’è un  “disguido” di base. Poteva andar bene -forse- per un cinema con megaschermo e impianto dolby stereo.
Di tutto ci saremmo aspettati dal grande e fantasmagorico Arroyo tranne che un errore di tal -letteralmente- plateale portata. Viene quasi il dubbio, naturalmente infondato, che al famoso architetto siano stati commissionati soltanto le forme esterne dei “sassi” o che, a corto di denaro, l’Amministrazione Comunale abbia incaricato qualche geometra dell’ Ufficio Tecnico di  realizzare l’”interno”. In ogni caso il “budello” del Vip avrebbe dovuto insegnarci qualcosa. Invece niente.  Ma non finisce qui carissimo Zorro. Forse anche tu hai notato il risicatissimo spazio tra le file di economiche poltroncine. Infatti dici, giustamente, “scomodo”. I nostri due posti si trovavano esattamente al centro della fila nella parte alta della platea. Siamo arrivati alle 20.40 ma purtroppo la fila era già al completo. Non ti diciamo i contorcimenti che abbiamo dovuto compiere, e far compiere, per guadagnare i due suddetti, sudatissimi posti.  Per fartela breve mezza fila ha dovuto spostarsi nel corridoio per lasciarci passare. Finalmente “installati” scopriamo che per un paio d’orette dovremo stare rannicchiati praticamente con le ginocchia bloccate e -quasi- in bocca! Logica ed elementare conseguenza della insufficiente distanza tra le file di economiche poltroncine. Come se non bastasse una spondina “di sicurezza” alta venti centimetri chiude il già insufficiente spazio a valle. Morale: forti crampi alle ginocchia da impossibilità assoluta di movimento. L’esigua “pedata” (la misura del piano orizzontale di una struttura a gradoni o gradini) in platea viene riconfermata in corrispondenza delle scalinate di accesso alle file  rendendole pericolose soprattutto in fase di discesa. Nell’intervallo, fortemente pressati da un “bisognino”, tra infinite scuse reciproche siamo stati costretti a far spostare per due volte nel corridoio la mezza fila di sinistra.  Sulla estetica della sala non c’è molto da dire. Dato l’errore di impianto spaziale iniziale niente sarebbe valso a renderla meno anonima, banale, fredda, sbagliata.. Più che a teatro sembra di trovarsi in un capannoncino. Acustica. Abbiamo capito i due terzi scarsi delle parole pronunciate dagli attori. Per quanto ragazzi resistenti umani possiamo tranquillamente annoverarci tra gli anziani. Abbiamo deciso che al prossimo invito di controllo gratuito dell’udito da parte di Maico che vince la sordità ci affideremo agli specialisti del ramo. Solo allora potremo fare valutazioni attendibili sulla acustica della sala.

Tutto qui carissimo, impagabile eroe.
Come al solito confermiamo puntualmente le tue sensazioni di tipo squisitamente viscerale. Speriamo di aver contribuito un poco a chiarirne le motivazioni e la dinamica interna.

Ma vorremmo concludere dicendo che molte sono le morali che potrebbero essere tratte da questa intricata vicenda. Ci limiteremo a due. Naturalmente da incompetenti.

La prima, di ordine “architettonico”. Tra virgolette.
Quando si riveste un banale manufatto di cemento armato con una struttura lignea esterna al solo scopo di farla sembrare un  fantasmagorico volume in forma di “sasso” facciamo della pseudoscultura “architettonica”. Insomma una ibridazione costosissima e priva di senso compiuto. Immaginiamoci che il grande Arroyo avesse operato in tutt’altro senso facendo della vera architettura. Vale a dire facendo corrispondere pienamente alla forma esterna del “sasso” un congruente -e da essa derivante- spazio interno. E/o viceversa. Ben altra sala, veramente teatrale, ne sarebbe potuta scaturire!

La seconda di ordine metodologico-procedurale-estetico-formale.
Quando un  processo che prende le mosse da una idea di partenza completamente sbagliata (Amministrazione Zanotti) viene successivamente rimaneggiato inserendovi ulteriori fantasiose valenze dettate da ingenua megalomania (Amministrazione Zacchera) e poi il tutto si trasforma in un  materiale manufatto”architettonico”, esso non può che rispecchiare fedelmente il pasticciaccio ripasticciato dal quale è nato.

Sempre a tua disposizione ed a quella degli affezionati lettori per un serrato contradditorio ti -e vi- salutiamo cordialissimamente augurandoti -vi- uno splendido, gioioso, costruttivo -per quanto possibile di questi tempi - 2017.

Gruppo di Resistenza Umana Verbania









venerdì 21 ottobre 2016

Michele Serra risponde a Zorro !

Michele Serra,scrittore e opinionista risponde ad una nostra lettera sullo"stato delle cose".
Di seguito la lettera e poi la risposta di Serra.


Gentile Michele Serra,

Siamo un piccolo gruppo di “resistenti umani” e ci occupiamo da tempo di questioni politico-economiche legate al nostro territorio (Verbania), ma con uno sguardo che vuole andare oltre la dimensione locale contestualizzandola a ciò che accade a livello globale ; nonostante il sostanziale appiattimento dell'informazione sul pensiero unico liberista tentiamo di far sentire la nostra (libertaria) voce attraverso il Blog “I pensieri di Zorro” al quale rimandiamo Lei ed i lettori eventualmente interessati. Anche noi mascherati ed anonimi non per codardia ma perché riteniamo più importante cosa si dice piuttosto di chi lo dice.
Ciò che sta'(di nuovo) succedendo è sotto gli occhi di tutti: guerre e terrorismi,
esodi di massa, miseria per molti e immense ricchezze per pochi, disastri ambientali e mutazioni del clima....
E' possibile che ci si stia dirigendo verso una catastrofe planetaria?
Riteniamo che fino a che questo modello socio-economico folle e irrazionale, onnipotente e autoritario dominerà il mondo, ci sono buone possibilità.
Il meccanismo della (cosiddetta) Libera Economia di Mercato trasforma quelli che dovrebbero essere mezzi (economia, denaro, scienza, tecnica, conoscenza, cultura) nei soli fini dell'attività umana.
E quello che doveva essere il fine (eco-nomia ovvero cura della casa) in strumento per far “girare l’economia”. 
Ciò è irrazionale.
Il capovolgimento di senso sul quale si fonda, in questa “logica”, l’agire umano determina inevitabilmente una infinita catena di controsensi, di non sensi e di assurdità. Sistemici.
La conclusione che possiamo (potremmo) trarre è la seguente: in un sistema economico e sociale che pone di fatto a fondamento dell’agire umano la imprescindibile necessità del personale tornaconto monetario, agire in modo veramente razionale diventa puramente e semplicemente.....impossibile.
Due secoli di fatti storici hanno ampiamente dimostrato il fallimento della utopia liberista secondo la quale il capitalismo avrebbe dovuto coniugare in modo armonioso ed in un contesto di libera iniziativa privata individuale, l’interesse del singolo con quello della società.
Gli stessi modelli socialisti hanno velocemente fatto proprio il delirio della crescita esponenziale di prodotti materiali e consumo di risorse umane e ambientali. Siamo, infatti, nel pieno di una crisi che, ancor prima che economico-sociale è crisi di valori (nel senso profondo di ciò che vale per l'umanità), sappiamo dalla storia che spesso le crisi vengono (non)risolte attraverso guerre devastanti che, ”semplicemente”, azzerano i conflitti. Sappiamo anche che la parola “crisi” può voler dire opportunità di cambiamento, un cambiamento assolutamente necessario e affidato ad ognuno di noi. Ne saremo capaci noi e chi ci rappresenta?

Grazie per l'attenzione e per un'eventuale risposta.
GRUV (Gruppo di Resistenza Umana Verbania)


La risposta :



Cari amici di Gruv, che qualcosa di strutturale non funzioni, nel nostro modo di vivere, è fuori di dubbio. Quello che manca, per adesso, è la capacità di tradurre in politica di massa le pratiche di cambiamento. Nel frattempo, è importante e bello che ci siano piccole avanguardie che ragionano, leggono e scrivono, come voi. Sono molto orgoglioso che il vecchio sottotitolo di Cuore, "settimanale di resistenza umana", sia ancora in circolazione e abbia fatto tanta strada. Grazie per avermi scritto, scusate se non pubblico sul Venerdì ma per scelta preferisco non dare voce a gruppi e associazioni non perché non lo meritino, ma perché la pubblicazione darebbe la stura a decine di richieste analoghe. Comunque buon lavoro e buona resistenza umana...
Grazie della vostra lettera
Michele Serra

sabato 15 ottobre 2016

Silvano Agosti, scrittore e regista ci scrive......



Ecco il mio commento a quello che avete scritto


Io nutro una grande fiducia negli esseri umani, anche se sono stati massacrati dall'esperienza scolastica, anche se sono massacrati dall'idea assolutamente ingiusta e perfino un po' criminale di tutti gli stati che hanno diffuso il motto "se non lavori non mangi''. In realtà da sempre gli Stati e i Governi dovrebbero provvedere affinché i loro popoli ricevano casa e cibo gratuiti, in modo da non essere ricattati e perseguitati tutta la vita dall'insicurezza esistenziale.
Pensa che dare una casa e il cibo gratuito a sette miliardi di esseri costerebbe il 10 per cento delle spese militari nel mondo.
Trovo comunque assai equilibrati i due interventi e volentieri commento.

Silvano Agosti

lunedì 10 ottobre 2016

COMMENTO a KIRGHISIA




Gentili "Pensieri di Zorro",

il vostro ultimo post sul bel libretto di Silvano Agosti (che ho letto integralmente) mi fa' venir voglia di mandarvi questo breve commento: sicuramente il paese descritto da Agosti è molto alettante e desiderabile, uno dei pochi posti al mondo dove gli esseri umani e la natura nel suo insieme sono considerati beni preziosi, non commerciabili e degni del massimo rispetto e, siccome tutti vorremmo essere trattati cosi' vien da chiedersi come mai "tutti" non realizziamo un mondo simile?
Voi dite cosa ce lo impedisce, chi...?
Ebbene non ho una risposta precisa, però mi viene in mente che forse prima dovremmo chiederci qualcosa su un certo "scheletro nell'armadio" nel quale potremmo trovare qualche notizia interessante.
Cosa voglio dire ? Semplicemente che il mondo descritto da Agosti e tanto desiderato da molti (non credo tutti) di noi, assomiglia parecchio all'idea di "Comunismo"su cui i grandi pensatori dell'800/900 hanno scritto volumi e volumi di analisi, ipotesi e teorie tentando di indicare la strada per un mondo radicalmente diverso da quello da loro conosciuto.
Il bello è che queste teorie hanno trovato poi concretezza in una serie di rivoluzioni in nome proprio del "Comunismo" in vari luoghi del mondo. Quindi direi che non e' proprio vero che il tentativo di "cambiare radicalmente il mondo" sia sempre stato impedito, il tentativo è stato fatto su grande scala e con milioni di persone coinvolte...il problema e' che è.... fallito ! E sappiamo bene cosa sono rapidamente diventati certe nazioni del mondo che si dicevano (e si dicono) "comuniste".
Forse se ci interrogassimo sulle ragioni di quel fallimento troveremo qualche risposta alla vostra domanda :"cosa impedisce...?"
La questione, lo so', non è per nulla semplice e forse coinvolge la intricata faccenda della cosiddetta "natura umana" per cui, appunto, cioò che è sommamente desiderabile razionalmente fallisce miseramente (e dolorosamente) di fronte all'incomprensibile, ma potentissimo,irrazionale.
In omaggio al vostro blog mi firmerò "Bernardo" scaltro e fedele braccio destro del romantico eroe Zorro. Un caro saluto vostro, Bernardo.




Carissimo Bernardo,

anch’io sono un affezionato lettore de ”I pensieri di Zorro”. Trovo che questo blog sia una delle cose più interessanti apparse in questi ultimi anni dalle nostre parti. Come te ho comperato subito il bel libretto di Agosti e l’ho letto più di una volta. Dopo il tuo commento  sono andato a rileggermelo ancor più attentamente. Mi son detto sta a vedere che mi è sfuggito qualcosa. Ma della plumbea atmosfera tipica del cosiddetto comunismo io nel paese descritto da Silvano non ci ho trovato proprio niente di niente. Mi sembra un paese dove regnano serenità, gioia di vivere, colore, piacere di stare al mondo e tanto buonsenso.  Esiste veramente? Non penso. Ma l’importante è essere riusciti a immaginarlo. Mi pare. E di questo dobbiamo ringraziare Agosti. 
La storia del  comunismo mi sembra la storia di una bella idea finita malissimo nella pratica. Perchè di questa brutta fine non saprei dire, ma penso che sarebbe bene studiarci sopra. A Kirghisia invece sono partiti dalla pratica quotidiana inventando tante buone soluzioni molto concrete. E non da una idea o ideale o ideologia. Ma forse queste tre parole hanno significati diversi. Una idea può degenerare nella realizzazione pratica  Ma una buona pratica quotidiana un po’ meno. Mi sembra. Non trovi?  Insomma io penso che applicare anche da noi le soluzioni inventate a Kirghisia sarebbe una ottima cosa che non comporterebbe pericoli ma solo miglioramenti. Se qualcosa ci impedisce di realizzare quelle buone soluzioni non credo che si tratti di paura del comunismo ma di ben altro. E cioè dei potenti interessi di chi non vuole che qualcosa cambi davvero in meglio. Cosa ne dici?


orso bruno

lunedì 19 settembre 2016

KIRGHISIA (2)

Seconda e ultima puntata



Come avrete certamente notato qualche mese è trascorso dalla pubblicazione dell’ultimo post “Kirghisia (1)”
Ma non siamo stati con le mani in mano.
Potete crederci oppure no. Muniti di parecchi rotoli di carte dettagliate abbiamo battuttuto -quasi- palmo a palmo gli sconfinati territori dell’Asia centrale. Dai Monti Urali alla Mongolia e il deserto di Gobi, dalle pendici della catena Himalayana  fino all’Altopiano Centrale Siberiano ed alle desolate coste che si affacciano sul Mar Glaciale Artico. Siamo nati e cresciuti prima dell’avvento di Internet sul quale c’è tutto e quindi ci è rimasto il gusto di constatare di persona e sul posto. Nel Sud Ovest di questo immenso continente abbiamo trovato l’enorme Stato del Kazakistan con la sua sterminata Steppa dei Kirghisi e persino un meno grande Kirghizistan con capitale Bishkek  ed un Pil pro capite di soli 1400 euro all'anno. Non sostanzialmente diverso da tutti gli altri Paesi del mondo. Meglio: di questo mondo. Non può essere lui.

Che ci crediate o no, del Paese di Kirghisia raccontatoci da Silvano Agosti e nel quale:

-le persone lavorano solo tre ore al giorno a stipendio pieno, con grande beneficio della produttività e della loro salute mentale e fisica;

-non esistono le “ferie” perchè le persone possono gestirsi l’intera vita come desiderano;

-non esiste corruzione politica  perchè chi si assume oneri gestionali di carattere pubblico lo fa per passione civica ed a stipendio normale;

-le droghe sono quasi scomparse e le medicine restano invendute per il semplice fatto che le persone sentendosi realizzate sono felici:

-ci sono due distinti Governi, uno che si occupa della ordinaria amministrazione e l’altro che si occupa di strategia progettuale sul medio-lungo periodo;

-la scuola tradizionale, nozionistica, noiosa e poco amata da bambini e giovani non esiste perchè non si “studia” (è annichilente) ma si impara (è entusiasmante).E si impara giocando fino all’adolescenza e poi in “case” la cui frequentazione è libera ad ogni età. La casa della Filosofia, quella della Geografia, quella della Storia,  del Corpo Umano, e tante altre.....fino alla casa del Cinema e perfino quella dei.....Sogni;

-i pochissimi che delinquono non vengono rinchiusi in carcere ma sono obbligati a stare tra le persone normali vestiti di un determinato colore. Giallo per chi ha rubato, viola per chi ucciso....e così via;

-ogni anziano è nominato ad honorem insegnante di vita;

-tutti mangiano gratuitamente un duon pasto “sociale” al giorno pagato con i soldi che prima si spendevano inutilmente in armi, prigioni,tribunali,poliziotti, insegnanti, sigarette, alcool, prostitute, ministri e deputati;

-al raggiungimento del 60° anno di età tutti hanno diritto a mangiare gratuitamente anche la sera in ristorante a scelta, a circolare liberamente su autobus, metropolitane, treni ed aerei nonché a frequentare cinema, teatri, mostre e concerti senza alcuna spesa; e, dulcis in fundo..........

-chi desidera fare l’amore, donna o uomo che sia, si appunta sul petto un fiorellino azzurro...........

........nonché una infinità di altre cose belle, buone, giuste, utili, intelligenti e....di elementare buon senso.
(a proposito. comperate il libro e leggetelo. Anzi......studiatelo!: Potete reperirlo presso www.silvanoagosti.it oppure su  silvanoagosti@tiscali.it ).

Ebbene di questo favoloso Paese,  dopo averne viste di tutti colori e di averne passate di cotte e di crude come ben potete immaginare, di questo favoloso paese dicevamo.....nemmeno l’ombra!
Al punto che ha cominciato a farsi strada nei nostri affaticati cervelli l’idea che il buon -e bravo- Silvano si sia inventato tutto.

Siamo andati a rileggerci con attenzione la prima lettera che , su autorizzazione dell’autore, abbiamo integralmente riportato nel post precedente. Andate a rileggervela e vediamo se concordate con noi.
Crediamo di aver individuato quello che potrebbe essere il passaggio rivelatore a proposito della reale esistenza del favoloso Paese.
Laddove l’autore dice:

“Arrivando in Kirghisia ho avuto la sensazione di “tornare” in un luogo nel quale in realtà non ero mai stato. Forse perchè da sempre sognavo che esistesse.”

Qui, forse, sta la chiave dell’enigma. Da che cosa potrà mai derivare questa sottile sensazione di “tornare” in un luogo mai visto prima? L’apparente contraddizione trova, a nostro parere, un senso compiuto abbastanza preciso nella frase successiva.: “Forse perchè da sempre sognavo che esistesse”. Chi può dirci infatti con esattezza “scientifica” dove stanno e di che tipo sono gli “esatti” confini tra desiderio, immaginazione e realtà? Non fanno forse parte -desideri ed immaginazione- della realtà? E ancora: non sono forse il desiderio e l’immaginazione il frutto della realtà bio-psichica dell’uomo vivente? E quindi della Realtà Vivente in quanto tale?  Non abbiamo forse stampato dentro di noi il “ricordo” di un possibile futuro di terrena e terrestre felicità? Non è forse questo a farci .
-segretamente- mal digerire questo mondo? Il regno del possibile è più piccolo o più grande di quello dell’immaginabile? E ancora: le cose impossibili sono impossibili perchè lo sono o perchè noi immaginiamo che lo siano?

Come si vede la questione è un poco intricata. Ma un sottile filo rosso può essere rintracciato.

Resta il fatto che del paese descritto minuziosamente da Silvano, dopo aver percorso parecchie decine di migliaia di chilometri in lungo ed in largo negli sconfinati territori dell’Asia Centrale con i più svariati mezzi di trasporto pubblici e “privati”, dai treni agli autobus, dal dorso di mulo a quello di cammello, dalle chiatte fluviali ai puri e semplici piedi, lo ripetiamo,  .......nemmeno l’ombra.

Forse abbiamo indebitamente scelto l’Asia Centrale suggestionati dal suono kirghiso di Kirghisia mentre essa si trova da tutt’altra parte. Eppure ci pare che l’autore faccia un accenno esplicito al continente asiatico....... Mah.

E poi. Ma se esistesse davvero un paese del genere di quello descritto da Silvano potrebbe mai la cosa passare sotto silenzio mediatico totale? Non potrebbe. Diciamoci la verità.
No. Dopo questa faticosa ma istruttiva ricerca sul campo che ha comportato, tra l’altro, diversi mesi di silenzio per i nostri preoccupati lettori, siamo arrivati alla conclusione che Kirghisia non esiste.

Attenzione. Abbiamo detto che non esiste. Non che non potrebbe esistere.
E qui viene il bello per tutti noi oggi e qui.

Allora la domanda davvero cruciale potrebbe essere questa:
che cosa diavolo (come direbbe il nostro romantico eroe) ci impedisce di farlo esistere?

Si perchè se un mondo di elementare, dicesi elementare buon senso come quello tratteggiato da Silvano nel suo libro “lettere dalla Kirghisia” ancora non esiste sulla faccia di questo pianeta nè se ne intravedono all'orizzonte segni premonitori, se nonostante millenni di magnifiche sorti e progressive delle scienze scientifiche ed umane un mondo diverso e nuovo, portatore di una infinita serie di vantaggi economici, sociali e psicologici  non si è potuto ancora realizzare in millenni e millenni di cosiddetta civiltà, beh...........allora deve esserci per forza una ragione.
Che cosa ce lo ha impedito? Che cosa ce lo impedisce? Chi ce lo impedisce? E perchè?
La pertinente -anche se impertinente- domanda la rivolgiamo in contemporanea ai nostri  attenti lettori nonchè a Silvano Agosti autore dell’interessante libro più volte citato.

Ma, come dice il Sergente Garcia, la sezione “Commenti” continua ad essere desolatamente vuota.

Cari lettori, che i vostri ostinati silenzi siano dovuti alla vaga consapevolezza che incominciare a parlare di siffatte questioni, sebbene elementari, potrebbe essere.......pericoloso?

Almeno su questa ultima questione di metodo cosa ne dite di incominciare ad esprimervi?




Chi desidera esprimersi può farlo 
o direttamente nella sezione commenti
 o mandando una e-mail a 
pensieridizorro@gmail.com





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venerdì 26 febbraio 2016

KIRGHISIA (1)

Prima puntata



Carissimi ragazzi del GRUV,
ho una notizia sensazionale! Da guinness dei primati! Da scoop mondiale! Di quelle che hanno dell’incredibile e che se non fossero vere sembrerebbero frutto di pura fantasia.

Esiste un Paese nel quale regnano pace e prosperità. Dove le persone lavorano per tre ore al giorno a stipendio pieno. Dove i bambini sono intelligentissimi e preparatissimi senza andare a scuola. Dove chi si assume responsabilità di governo lo fa volontariamente, per passione civica e a stipendio normale. Dove esistono due differenti governi. Uno per il disbrigo della amministrazione ordinaria e l’altro che studia in continuazione come migliorare l’organizzazione sociale e del lavoro. Dove chi desidera fare l’amore si appunta sul petto un fiorellino azzurro............E tanto altro di bello, di buono, di intelligente e di buon senso elementare che sembra impossibile realizzare -chissà perchè- nei nostri Paesi.

Si chiama Kirghisia.
Lo ha scoperto per puro caso Silvano Agosti, regista cinematografico e filosofo umanista, in uno dei suoi numerosi viaggi per il mondo alla ricerca del possibile. Da questa incredibile esperienza ha tratto un piccolo libro che pesa una tonnellata intitolato “Lettere dalla Kirghisia”. L’ho trovato due giorni fa seminascosto sul bancone stracolmo di grossi tomi, decisamente leggeri, di una fornita libreria della nostra amata cittadina  
Non ho capito bene dove diavolo si trova questo incredibile paese ma sono sicuro che con il vostro aiuto e con quello dei nostri affezionati, attenti ed intelligenti lettori, riusciremo sicuramente a scoprirlo. Sempre vostro
Zorro



Lo ribadiamo. Se non ci fosse, il nostro impagabile eroe bisognerebbe inventarlo. Ci siamo precipitati in libreria e in due sere abbiamo letteralmente divorato il libro. Siamo rimasti esterefatti. Per tutti i diavoli e controdiavoli! Non ci saremmo mai immaginati che esistesse un paese che sta realizzando in pratica un mondo completamente diverso ispirato, guardacaso, agli sragionamenti che su questo blog andiamo facendo da due anni e passa. Al punto che il libro “Lettere dalla Kirghisia”, se non lo avesse scritto Silvano Agosti, avremmo potuto tranquillamente scriverlo noi.
L’identità quasi totale tra l’esperimento sociale economico e politico che si sta compiendo in Kirghisia e le nostre tesi, puramente teoriche, ha dell’incredibile e conferma pienamente il fatto che una comunanza di vedute veramente liberatorie è più che possibile sulla faccia della terra. Se persone lontanissime e che nemmeno si conoscono pensano e agiscono ispirandosi ad identici principi fondanti, beh allora questo demolisce parecchi disperanti luoghi comuni che vanno, purtroppo, per la maggiore. Ma non divaghiamo. Riprenderemo questo aspetto della questione più avanti.

Anche la coincidenza temporale ha dell’incredibile. Chiudevamo infatti l’ultimo post pubblicato       dal titolo “Mappa Tematica” con questo passaggio:

“La cosa principale e più urgente ci sembra quella di immaginare prima, per progettare poi ed infine realizzare, un sistema sociale ed economico diverso da quello attuale. Che si fondi, non più sull’assurdo, irrazionale principio della crescita “economica” infinita per il profitto di chi produce, ma su quello razionale e completamente diverso della finalizzazione di ogni agire alla Eco-Nomia, o cura della casa, per la realizzazione di un mondo finalmente umano.
Questo diventerà possibile solo partendo dal concretissimo tema “Quale tipo di vita vogliamo vivere in questa vita e su questo pianeta? Oggi e qui?”. Tema da affrontare in collettivo e nei più minuti, concreti dettagli quotidiani. Insomma dovremo elaborare insieme un progetto di vita al contempo individuale e sociale. Locale e, contemporaneamente, complessivo. Sostanziato da una infinità di progetti particolareggiati su ogni aspetto del vivere.”

Il libro di Agosti ci è capitato in mano dopo pochi giorni dall’aver scritto queste righe. Il che conferma che nell’altromondo nulla avviene per caso. E, forse, persino in questo. Avremmo voluto pubblicare per intero l’agile libro per portare integralmente a conoscenza dei nostri lettori la fantastica scoperta. L’autore tempestivamente interpellato ci ha però autorizzato alla pubblicazione solo della prima lettera delle dieci riportate nel libro.



LETTERE DALLA KIRGHISIA
di Silvano Agosti
Edizioni Arte di Essere
I edizione luglio 2015


PRIMA LETTERA

.....basta saper immaginare un’isola, perché quest’isola incominci realmente ad esistere.


Kirghisia,  3 luglio

Cari amici, 
non sono venuto in Kirghisia per mia volontà o per trascorrere le ferie, ma per caso.
Improvvisamente ho assistito al miracolo di una società nascente, a misura d’uomo, dove ognuno sembra poter gestire il proprio destino e la serenità permanente non è un’utopia, ma un bene reale e comune.
Qui sembra essere accaduto tutto ciò che negli altri Paesi del mondo, da secoli, non riesce ad accadere.
Arrivando in Kirghisia ho avuto la sensazione di “tornare” in un luogo nel quale in realtà non ero mai stato. Forse perché da sempre sognavo che esistesse.
Il mio strano “ritorno” in questo meraviglioso paese, è accaduto dunque casualmente.
Per ragioni tecniche, l’aereo sul quale viaggiavo ha dovuto fare scalo due giorni nella capitale.

Qui in Kirghisia, in ogni settore pubblico e privato, non si lavora più di tre ore al giorno, a pieno stipendio, con la riserva di un’eventuale ora di straordinario. Le rimanenti 20 o 21 ore della giornata vengono dedicate al sonno, al cibo,alla creatività, all’amore, alla vita, a se stessi, ai propri figli e ai propri simili. 

La produttività si è così triplicata, dato che una persona felice sembra essere in grado di produrre, in un giorno, più di quanto un essere sottomesso e frustrato riesce a produrre in una settimana.
In questo contesto, il concetto di “ferie” appare goffo e perfino insensato, qui dove tutto sembra organizzato per festeggiare ogni giorno la vita.

L’attuale concetto occidentale di ferie, invece, risulta feroce quanto la concezione stessa del lavoro, non soltanto perché interferisce in modo profondo con il senso della libertà, ma perché ne trasforma e deforma il significato.
Nel periodo delle ferie, milioni di persone sono obbligate a divertirsi, così come nel resto dell’anno sono obbligate a lavorare senza tregua, a sognare di trovare un lavoro o a guarire dai guasti e dalle malattie causata da un’attività lavorativa coatta e quotidiana. Questo meccanismo delle otto ore di lavoro ogni giorno, produce da sempre tensioni sociali, nevrosi, depressioni. malattie e soprattutto la sensazione precisa di perdere per sempre l’occasione della vita.
La proposta risanatrice di questi invisibili orrori, si è risolta nello Stato della Kirghisia, dove sono state realizzate una serie di riforme che in pochi anni hanno modificato le abitudini e i comportamenti dei suoi cittadini.
La corruzione politica si è azzerata perché in questo Paese,chi appartiene all’apparato governativo, esercita il proprio ruolo in forma di “volontariato”, semplicemente continuando a mantenere per tutta la durata del mandato politico lo stesso stipendio che percepiva nella sua precedente attività.
Quando ho saputo che ogni realtà politica nasce da una forma di volontariato ho finalmente capito perché,ogni volta che vedo un rappresentante del parlamento italiano parlare alla televisione, c’è qualcosa sul suo volto che rivela una incolmabile lontananza da ciò che sta dicendo.
Ecco, ora mi è chiaro che chiunque abbia, come i nostri deputati occidentali, uno stipendio minimo di quaranta milioni di lire (circa 20.000 euro) al mese, non può in alcun modo essere convincente, in quello che dice, pensa o fa.
Qui in Kirghisia, la possibilità di dedicare quotidianamente alla vita almeno mezza giornata ha  consentito la realizzazione di rapporti completamente nuovi tra padri e figli,tra colleghi di lavoro e vicini di casa.
Finalmente i genitori hanno il tempo di conoscersi veramente tra loro e di frequentare i propri figli.
I parchi sono ogni giorno ricolmi di persone e il traffico stradale è oltre quattro volte inferiore, dato il variare degli orari di lavoro.
Le fabbriche sono in attività produttiva continua, ma chi fa i turni di notte lavora solo due ore.
Già al terzo anno di questa singolare esperienza è stato rilevato un fenomeno molto importante. Il consumo di droghe, sigarette, alcolici è diminuito in modo quasi totale e i farmaci rimangono in gran parte invenduti.
Certo tutto ciò può sembrare incredibile a chi, come voi cari amici, è costretto a credere che l’attuale organizzazione dell’esistenza in occidente sia la sola possibile.

In Kirghisia, la gestione dello Stato oltre a essere una forma di volontariato si esprime in due governi, uno si occupa della gestione quotidiana della cosa pubblica, l’altro si dedica esclusivamente al miglioramento delle strutture.

Ho incontrato il Ministro per il Miglioramento delle Attività Lavorative che ha in progetto, nel prossimo quinquennio, di ridurre ulteriormente per tutti il lavoro obbligatorio a due ore al giorno invece delle attuali tre.
Il Ministro è convinto che solo una umanità liberata dal lavoro possa essere veramente produttiva.
E’ anche certo che si possa scoprire l’operosità del fare, solo realizzando, nel tempo libero, ciò che si desidera.
Ho fatto bene a decidere di rimanere in Kirghisia, e non me ne andrò finché continuerò ad avere questa strana sensazione di vivere, qui, all’interno di un sogno comune.


Un abbraccio a tutti.



Ci siamo precipitati a consultare un atlante ma, ad una prima passata non siamo riusciti a trovare questo splendido Paese. Forse ci vogliono carte più dettagliate. In ogni caso ci riproveremo e contiamo sul vostro aiuto: Dove si trova Kirghisia? Questa la principale domanda alla quale dovremo rispondere. Ma la sola prima lettera ne suscita molte altre di enorme importanza. Per esempio: lavorare solo tre ore al giorno a testa e a stipendio pieno. Se è vero come è vero, e Kirghisia lo dimostra inoppugnabilmente, che una misura del genere risolverebbe in un sol colpo una infinità di problemi, dalla disoccupazione alla gioia di vivere, al superamento della irrazionale pratica delle “ferie”; dalla salute mentale e fisica dei cittadini alla possibilità per tutti di nutrirsi, vestirsi, avere una abitazione e tanto altro di bello e di buono e che tutto questo non solo non limita la produttività ma addirittura la incrementa......allora la domanda che sorge spontanea è : ma perchè diavolo non si riesce a fare una cosa così utile e di così elementare buon senso dalle nostre parti? Che cosa “osta”? E perchè? Oppure, che cosa ci impedisce e perchè di avere una organizzazione sociale ed economica come quella della Kirghisia, nella quale fare politica è diventato quello che deve -dovrebbe- essere. Vale a dire risolvere problemi. Nella quale non è previsto alcun privilegio economico per chi si dedica a questo compito. Nella quale si pratica la geniale idea del doppio governo uno per l’amministrazione ordinaria e l’altro per il miglioramento, che immaginiamo in stretto. reciproco contatto. Che cosa ci impedisce e perchè di realizzare tutto questo anche dalle nostre parti? 

Cari lettori che cosa ne pensate? Potete aiutarci a capire dove diavolo si trova questo felice paese?
Vi piacerebbe viverci? Se si perché? Se no perché? O forse per esprimervi preferite prima leggere il libro per avere una idea completa delle rivoluzionarie riforme adottate da questo Paese?
A proposito. Non siamo che alla prima delle dieci lettere spedite da Silvano Agosti. Come dicevamo l’autore ci ha autorizzato a pubblicare soltanto la prima. Cercheremo comunque di tenervi informati con un riassunto sintetico dei punti salienti contenuti nelle altre nove in una prossima puntata.
Se nel frattempo avete voglia e tempo di cominciare ad esprimervi potete farlo o scrivendoci o utilizzando lo spazio per i commenti che trovate di sotto.
Perplessità e punti che andrebbero approfonditi non mancano. Per esempio par di capire che esistono ancora le tradizionali fabbriche con turni, anche notturni, e tutto. E non risulta chiaro chi decide cosa produrre, quanto produrre, come produrre ed in funzione di quali finalità. Oppure ancora sembra di capire che il traffico automobilistico tra casa e lavoro, pur più distribuito di quello odierno, esiste ancora. Ci piacerebbe saperne di più. E ci piacerebbe che su tutto questo, e su altro, iniziasse una sano e proficuo dialogo tra e con i nostri lettori.

A presto 


Resistenza Umana 



Per comunicare con noi l'indirizzo è pensieridizorro@gmail.com 

lunedì 4 gennaio 2016

Ancora CEM: l'intervento del Sergente Garcia






Carissimi del GRUV,
ho appena ricevuto una missiva dal mio acerrimo "nemico" sulla questione del CEM che vi giro per valutare se pubblicare o no. Il mio dubbio non deriva dalla sostanza dell’intervento che condivido pienamente ma da altri due fattori che passo brevemente ad esporvi.
Primo fattore.
Il mio fedelissimo "nemico" dà una interpretazione decisamente colorita dell’acronimo in questione. Per lui "CEM" non starebbe per "Centro Eventi Multifunzionale" bensì per "Cazzata Enorme Metropolitana". Decisamente pesantuccio vi pare? E’ posibile che i nostri lettori e soprattutto le Autorità Competenti, turbati da questa colorita interpretazione possano avere reazioni inconsulte? E’ forse il caso di censurare il passaggio?
Secondo fattore.
Il Sergente sembra adombrare la tesi che La Cazzata Enorme Metropolitana, come lui la chiama, imputabile alla Amministrazione Zacchera, sarebbe stata una meraviglia se fosse rimasto un "semplice" teatro da piazzare in piazza fratelli Bandiera come da primo progetto targato Arroyo 1 - Zanotti. Non condivido per niente accidenti! E per almeno due motivi vivaddio! Primo motivo di carattere estetico-urbanistico: se vogliamo parlare di decenti rapporti tra archi-scultura e spazio circostante che la ospita, l’attuale collocazione è, secondo me, decisamente più adatta anche se l’"opera" è comunque troppo ingombrante. Figuriamoci in Sassonia! Secondo motivo di carattere metodologico: il CEM attuale non casca dalla luna sulla-nella testa del "povero" Zacchera. E’ il frutto di una storia sbagliata fin dalle origini. Origini, non dimentichiamolo, messe in campo dall’amministrazione Zanotti che mantiene, intatte, pesanti responsabilità riguardo al tipo di "evoluzione" - dal male al peggio- che la vicenda ha avuto. E avrà. Per il quale -Zanotti- adesso è facile nascondersi dietro ad un dito, o... dietro una foglia di fico come preferite.
Cosa ne dite?
Facendovi notare che la vostra frequentazione sta producendo una certa qual nuova raffinatezza nel mio modo di esprimermi, vi saluto cordialissimamente

Zorro



Siamo perfettamente d’accordo con te e su tutto! Anche sul fatto che il tuo linguaggio sta migliorando a vista....di post. Siamo per la pubblicazione integrale, senza censura alcuna, del testo fattoti pervenire dal Sergente. Quindi procediamo. Per quanto riguarda l’opzione dito o foglia di fico saremmo più propensi per la seconda. Accattivante! Infiniti ringraziamenti per l’interessante intervento al tuo acerrimo nemico.




Carissimo "nemico"

seguo sempre i tuoi "pellegrinaggi culturali" attraverso argomenti più disparati. La tua poliedricità è ammirevole e devo confessare che faccio una certa fatica a seguirti, Il mio modesto bagaglio culturale, non mi aiuta.
Questa volta però hai toccato un argomento per me difficile da ignorare, ma soprattutto perché poni alcune domande, alle quali tu chiedi delle risposte. Vorrei provarci io.
Intanto quello che viene chiamato C.E.M non può che essere l’acronimo di Cazzata Enorme Metropolitana, ma felicemente battezzata anni fa "Boiata" da una persona molto più addentro alle cose del sottoscritto.
Che sia una "Boiata" credo non vi siano dubbi. Lo spazio consumato nella sua costruzione non ha riscontro con quello fruibile all’interno. La montagna ha prodotto un topolino.
Rispetto al progetto iniziale di Piazza Macello, figlio di un CONCORSO INTERNAZIONALE, questo di fronte lago non ha seguito questo iter. Tutto regolare?
Una campagna elettorale contro quel Teatro perché i costi previsti pari a 13,5 milioni di euro, erano troppi. La "Boiata" sul lago ne costerà, se va bene, almeno 19,5 milioni. Che risparmio!
In quella piazza, il Teatro aveva senso perché rivitalizzava un quartiere (la Sassonia) restituendogli un ruolo centrale nella città che il nuovo ponte sul S.Bernardino gli garantiva.
La "Boiata" è stata invece collocata fuori dal centro abitato e oltretutto in una zona senza parcheggi. Infatti questa Amministrazione, per limitare i danni ha già deciso di realizzare un parcheggio multipiano nella zona ex- gas. Altra spesa in più! Ma se ne può fare a meno?
Sulla struttura interna, faccio solo una considerazione.
In tutto il VCO, questo è l’unico teatro con la buca per l’orchestra. Un vantaggio enorme, che consente di programmare anche la rappresentazione di opere liriche. Ma c’è un problema.
Il teatro, ha una capienza massima di 600 posti, che si riducono a 400, quando la buca è occupata dall’orchestra. Qualcuno dovrebbe spiegare come si possa pensare di pareggiare almeno i costi di una rappresentazione lirica con 400 spettatori paganti. Ma quanto deve costare un ingresso? Forse la risposta la potrebbe dare chi ha approvato a suo tempo, il piano di gestione, o no?
Veniamo alle domande sul VIP, il Cinema sociale di Intra e quello di Pallanza.
Si poteva riutilizzare il VIP? Si può fare tutto, basta accontentarsi. Il VIP aveva un’acustica penosa. Chi come me ha assistito alle commedie delle Stagioni teatrali, se aveva la sfortuna di sedere lontano dal palco, non sentiva una "mazza", a meno di tappezzare le pareti con altoparlanti. Si può considerare un ambiente siffatto un "Teatro"?
La città, meritava qualcosa in più.
Parliamo del Cinema sociale di Intra.
I vecchi proprietari del Teatro Sociale di Intra, a fine degli anni 50 decisero di sciogliere il sodalizio vendendo le loro quote. Il Teatro sociale fu demolito per poter realizzare quell’obbrobrio che tutti vediamo, contenente una sala cinematografica.
Una sola volta là fu organizzata una recita teatrale con una Compagnia di professionisti. Risultato: gli attori si dovettero cambiare sulle scale che portavano verso l’uscita, perché nessuno aveva previsto di realizzare dei camerini e dei bagni. Si poteva pensare di fare altre rappresentazioni?
Veniamo infine al Cinema sociale di Pallanza, per il quale va detto che al pari del Teatro Sociale di Intra era, sino al 1960, un teatro con tanto di palchi e loggione e platea a pianta ellittica. Anche questo fu ahimè demolito per far posto ad una sala cinematografica.
Come hai ricordato tu, qualche anno fa nel tentativo di dissuadere l’Amministrazione comunale dal realizzare la "Boiata", quasi 3000 cittadini sottoscrissero una petizione in tal senso. Sappiamo tutti come è andata a finire.
Il Cinema sociale di Pallanza, volendo, poteva essere riconvertito in Teatro, dotando la città di una struttura dignitosa e adeguata alle sue esigenze. Il futuro prevede invece che lo stabile venga destinato ad abitazioni
(guardacaso! ndr) salvando a pianterreno una sala multiuso da 150 posti. Capirai che vantaggio!

Caro "nemico" non so se sono stato esaustivo, ma questa è, per sommi capi la storia, così come la conosco.
Purtroppo, pur davanti all’evidenza, l’irriducibile difensore della "Boiata" si rifiuta ancora oggi di riconoscere l’errore, e invece di starsene zitto continua a sproloquiare, rifiutandosi di riconoscere le sue responsabilità amministrative. Ed è rimasto solo, perché i suoi sodali del tempo, si guardano bene dall’intervenire!

Hasta la vista caballero!
Sergente Garcia




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