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martedì 29 luglio 2014

Che pesci pigliare?



Settima ed ultima puntata della serie "Manca lavoro??" lunedi 28 luglio 2014

Per la serie completa vai al 2013

Accidenti! Se ne è passato del tempo! Direbbe il nostro impagabile Zorro. Forse abbiamo fatto aspettare un po’ troppo i nostri pochi (ma solo per ora) lettori. Il fatto è che ci siamo lasciati andare al vortice delle molte idee che quotidianamente mulinano nei nostri cervelli. Chissà da dove diavolo vengono! Rimediamo subito cercando di concludere, con questa settima puntata, il lunghissimo post "Manca lavoro??", con il quale è iniziata, circa un anno orsono, la nostra divertentissima (almeno per noi) "fatica".
Come abbiamo visto nel dettagliato esempio della "Acquacoltura Estensiva Lago Maggiore" la formula classica "libera iniziativa imprenditoriale privata uguale lavoro" è decisamente antiquata. In generale e in particolare. Assolutamente non all’altezza delle finalità sociali e culturali che una vera economia (cura della casa) dovrebbe, e forse perfino potrebbe, avere oggi come oggi. Non pensiamo proprio che si possa uscire dalla perdurante cosiddetta "crisi" con il modello economico che l’ha determinata. Questione lapalissiana eppure pervicacemente rimossa. Quello che stiamo cercando di fare in questo post, ma anche nell’intero blog, è proprio il tentativo di delineare i pilastri fondativi di un modello socio-economico nonchè antropologico-culturale, completamente diverso da quello attuale che possa garantire vera prosperità, vera pace, autentico benessere -che dovrà significare Essere Bene-, per le future generazioni. A cominciare dalla scala locale per finire, dopo tutti i passaggi intermedi, a quella planetaria. Proposte letteralmente dell’altromondo appunto! Siamo dell’idea che traguardi di questa natura e portata non possano essere conseguiti con un modello economico,come quello attuale, che pone alla base di tutto la remunerazione (sacrosanta di per sè ed in quanto tale) di capitale privato, "liberamente" investito in "libere" attività imprenditoriali private. Il famoso profitto d’impresa insomma. Nè, a maggior ragione, da economie centralmente ed autoritariamente pianificate. E allora? L’alternativa ad entambi i superatissimi modelli potrebbe essere quella che abbiamo tentato di delineare nella puntate precedenti. Vale dire un modello nel quale l’economia venga messa al servizio della realizzazione di un Progetto Esistenziale. Che cosa questo di preciso significhi sarà oggetto di una prossimoa serie di post. Basti qui accennare che per ProgettoEsistenzile intendiamo Progetto di Vita. Quale. Come. In funzione di quali obiettivi. Umani prima di ogni altra cosa. Dopo lo storico fallimento del Libero Mercato e del Socialismo Reale questa potrebbe essere, ci pare, una buona idea. Progetto Esistenziale elaborato (gli strumenti ci sono) in modo veramente democratico. Vale a dire con la partecipzione creativa di tutti i cittadini interessati ed a cominciare dalla dimensione locale. Rispetto a questo progetto esistenziale che sarà ad un tempo culturale, motivazionale, sociale, economico, politico e......filosofico, l’economia intesa in primo luogo come "forza produttiva reale", dovrà porsi quale strumento di realizzazione. Dove le quantità ed il tipo di prodotti da produrre verranno stabiliti democraticamente dalle Comunità in funzione del progetto esitenziale elaborato. L’esatto contrario di quanto è avvenuto ed avviene tuttora. Il concetto è semplicissimo. Il fatto che desta stupore è che si sia così restii a parlare di una cosa talmente importante. Dalla quale dipendono sia il fatto che siamo messi malissimo oggi e qui, sia il fatto che senza affrontare questo nodo non possiamo ragionevolmente pensare di venir fuori dalla terza "empasse" epocale del modello socio-economico nel quale viviamo (vedi il post "La Storia .......può insegnarci qualcosa?")
In pratica ed a partire dal livello locale gli indirizzi potrebbero essere quelli tratteggiati nella precedente puntata. Persino l’articolo 41 della Costituzione della Repubblica Italiana così recita:

Costituzione della Repubblica Italiana. Articolo 41.
"L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali." (grassetto e sottolineatura nostri)

Come si vede basterebbe applicare, ma veramente, il concetto previsto dalla nostra avanzatissima Carta.
Chiaramente andranno dettagliati tempi modalità e strumenti perchè il bel principio possa concretizzarsi veramente. Ed è quello che noi stiamo cercando di fare con i post del nostro blog. Se poi un modello di questo tipo possa mai andare d’accordo con quello attualmente in vigore, a questo punto nel mondo intero, resta la cruciale questione strategica. Aperta, apertissima ancorchè occulta ed occultata.
Evidentemente il progetto "Acquacoltura estensiva Lago Maggiore" voleva, e vuole, essere un esempio tra i moltissimi che si potrebbero fare. Vi ricordate il volantino che abbiamo trovato appallottolato in un cestino dei rifiuti. Andate a rivedervelo (prima puntata). Ognuno dei punti contenuti nel volantino potrebbe costituire un tassello di un grande progetto di rinascita locale. E non solo locale. E non solo economica. Insieme a molti altri progetti che agli ignoti estensori non sono venuti in mente. E che noi, insieme a voi, potremmo aggiungere. Ognuno di essi andrebbe evidentemente sviluppato e dettagliato. Come abbiamo cercato di fare con il progetto "Pesci". Ve la sentite?
Un’ultima cruciale questione: con quali soldi?
Ci viene voglia di dire che di soldi ce ne sono e quando si vuole si trovano. Se si trovano, e si trovano, per certe cose non si vede -o meglio si vede benissimo!- perchè non si dovrebbe trovarli per altre.
Ma ci sono argomenti e proposte molto più interessanti.
Siamo plagiati dalla cultura "mercatista". Quando parliamo degl ingenti investimenti necessari alla creazione di un processo produttivo, i soldi, essa ci induce a pensare che si tratti solo e semplicemente di denaro. E ci fa dimenticare che l’investimento in denaro rappresenta semplicemente l’equivalente monetario di ben altro e di ben più importante Vale a dire risorse naturali. Petrolio, aria, acqua, fotosintesi clorofilliana, vegetali, animali terrestri e marini, sole, terra, metalli, legno, pietra, minerali dei piu svariati tipi, capacità lavorativa e molto, molto altro.

Vediamo un po’. Per realizzare qualsivoglia progetto sono necessarie sostanzialmente tre cose che, nella nostra odierna situazione, non si possono reperire senza pagamento in denaro. Attrezzature di vario tipo e genere. Materiali di vario tipo e genere. Attività umana, che oggi viene chiamata lavoro . E se provassimo ad immaginare qualcosa di diverso? Senza che ci sia bisogno il denaro? Il famoso pagamento "in natura" per esempio. Perchè no? Vi ricordate il buon Renzo che brandiva due bei capponi capovolti agguantati per le zampe? Anche qui assolutamente niente di nuovo. Le Ditte che fabbricano reti da pesca forniranno ai cittadini lacustri impegnati nel progetto ottime reti da pesca per la pesca. I cittadini non pagheranno. Il valore equivalente, in moneta o denaro, verrà detratto alle medesime Ditte fornitrici dal pagamento delle tasse allo Stato Centrale. Che al contempo si troverà sgravato da una infinità di incombenze fiscal-burocratiche. Molti piccioni con una fava! Non ultimo quello di sapere con certezza dove come e perchè vanno a finire le risorse disponibili del Paese! Vi pare poco?
Insomma le Ditte produttrici di attrezzature necessarie alla realizzazione di progetti pagheranno parte delle loro tasse "in natura" fornendo gratuitamente alla comunità locale attrezzature e materiali per la realizzazione del progetto.. Lo stesso dicasi per le Ditte fornitrici di barche, di apparecchiature per il trattamento e la conservazione del pescato e/o per il ripopolamento ittico. O di qualsiasi altra cosa. E così e così via.
E i lavoratori creativi? Con quali soldi li paghiamo? Una parte consistente del loro salario potrebbe essere corrisposto con lo stesso identico criterio. Vale a dire "in natura". Pasta, uova, olio, pomodori pelati e....capponi. Forniti gratuitamente da Ditte del campo alimentare tramite il meccanismo descritto della fiscalità "in natura". Ma una parte soltanto, sia ben chiaro. Il rimanente con denaro pubblico "sottratto" alla evasione fiscale, alle corruttele e, per finire, alla rendita finanziaria. Oltre che, evidentemente con il denaro ricavato dalla vendita del pesce fresco o conservato. Se si decide di venderlo ricavando denaro. Il prezzo potrebbe essere di mercato oppure "politico" al fine di incentivare il consumo di buon pesce nostrano. Ma potremmo anche immaginare di uscire definitivamente dalla logica della economia di mercato facendolo pagare....nulla. Regalandolo, insomma. In questo caso il consumo di buon pesce nostrano sarebbe più che incentivato! Vedete quindi che se e quando si vuole si può. O meglio si potrebbe.
E con questo, carissimo romantico impagabile eroe, pensiamo di aver risposto anche all’ultima spinosissima domanda delle ben 6 (sei) che cia hai posto. Giustamente. La nostra interlocuzione si rivela, ogni giorno che passa, sempre più stimolante. Grazie.

Un’ultima riflessione dobbiamo ai nostri lettori, come promesso, sul fenomeno dei filetti surgelati di pangasio che pur arrivando in aereo dai lontanissimi lidi vietnamiti sono in grado di fare una spietata concorrenza ad ogni altro tipo di pesce, surgelato o no, di origine più o meno nostrana e non nostrana. Provate a studiare con impegno sulle -e tra- le righe del post recentemente pubblicato "La fisica e....il fare soldi" e troverete la soluzione del rebus.
In ogni caso non mancherà l’occasione di ritornare sull’argomento del perchè e come mai le moltitudini pagano, e pagheranno, costi altissimi per consentire a qualcuno di commercializzare, per brevi periodi, prodotti a prezzi che sembrano stracciati o stracciatissimi.

Un cordialissimo saluto al nostro romantico ed impagabile eroe oltre che, ovviamente, ai nostri pochi ma affezionati lettori

Gruppo di Resistenza Umana di Verbania
(fine)
 
Se vuoi comunicare con noi l'indirizzo è  pensieridizorro@gmail.com
 
 

sabato 26 luglio 2014

POSTAPPOST


Un post apposta dedicato alla posta.
Lettori! Coraggio! Fatevi sotto!


2              8 agosto 2014


Anonimo 1     30 luglio 2014


"...con denaro pubblico "sottratto" alla evasione fiscale, alle corruttele e, per finire, alla rendita finanziaria...". Ecco, carissimi GRUV, una caduta nel torbido realismo mi suggerisce almeno una questione: che le brutture su citate e sommessamente inserite quasi sul finire del vostro testo, non siano in realtà premesse necessarie a un modello socio-economico come quello che voi proponete?! E se fosse, che premesse! Tutt’altro che facili alla pratica! Perché metterei la risoluzione di quei "problemucci" in cima alla lista anziché sul finire? Perché non son riuscito a leggere nel testo, dove lo Stato (o chi per esso) caverebbe le risorse, l’attività umana e via dicendo per offrire sanità, istruzione e quei "servizi" fondamentali in qualsivoglia "regime democratico". Ancor più faticherebbe a farlo se le sue tasche venissero un poco più svuotate della fiscalità che le imprese pagherebbero "in natura". A meno che, fossero al contempo riempite da quanto ora è evaso, da quanto finisce nelle tasche dei corrotti e da quanto viene "virtualizzato"nella speculazione finanziaria. Ecco , l’idea di un "modello Altro" che allenti le cime della dipendenza statalista e metta sotto la luce diretta del sole i frutti del sudore dei cittadini, oltre che romantica, la trovo attraente e almeno in linea teorica, possibile. Ma non al prezzo di rinunciare a quel poco che continua, a fatica, a remare verso il nobile principio dell’eguaglianza. Sicuramente non ho saputo ben leggere o mi sarò perso tra le righe, spero in un vostro gentile e creativo chiarimento!

 
 
Anonimo 2     02 agosto 2014


Cari amici del GRUV,.certo qui piu’ che pesci c’è tanta carne(al fuoco),ma il tema è di quelli che fan tremare i polsi:economia globale,abolizione del denaro,progetto esistenziale,scambio di cose e beni al posto di pagamenti in denaro.....
Non è facile ma,come dite,la questione non puo’ essere continuamente occultata,quindi bisogna almeno tentare di trovare proposte che vadano oltre i modelli finora sperimentati che hanno dimostrato tutta la loro inefficacia disastrosa.
Trovo il passaggio dove si propone lo scambio di beni materiali al posto del denaro difficile da comprendere:primo perche’ ritengo che il denaro se gestito e utilizzato appunto per un "progetto esistenziale"anche collettivo, possa agevolare gli scambi(in fondo è stato inventato per questo no?).Secondo:sgravi fiscali al posto di pagamenti in denaro? va bene ma la fiscalita’ è solo una parte del valore complessivo di un bene prodotto ,e il resto come si paga?E se una ditta che produce reti da pesca non è interessata ad avere in cambio pesci del lago,come la mettiamo? non so’ a me si ingarbugliano le idee,forse voi le avete piu’ chiare e potete illuminarmi.


 
Ben due commenti nella sezione commenti relativa all’ultimo post pubblicato "Che pesci pigliare?", settima ed ultima puntata della serie "Manca lavoro??".
 
Prima di tutto vivissimi ringraziamenti ai nostri due lettori per aver finalmente rotto il ghiaccio. Speriamo che molti altri ne seguano l’esempio. Su questo come su altri argomenti. Ci picerebbe che, a partire dalle tesi provocatorie, ma di solido fondamento concettuale e storico che cerchiamo di "portare avanti" con questo nostro blog, si sviluppasse un grandioso e serio dibattito, fuori dagli schemi, sui fondamentali con i quali ci troviamo a doverci misurare oggi e qui. Nei tempi abbastanza bui che stiamo vivendo. Siamo profondamente convinti del fatto che sia indispensabile impostare un nuovo e diverso modo di ragionare. Prima diogni altra cosa. Se vogliamo avere un futuro. Umano. E ciò può venire soltanto da un lungo lavoro di elaborazione su contenuti e da un continuo confronto intorno ad essi. Allargato ad un sempre maggiore numero di cittadini. Ma con certe caratteristiche. E qui veniamo ad una precisazione relativa al metodo. Abbiamo delle idee e sosteniamo delle tesi. Questo non significa che abbiamo "la verità in tasca". Semplicemente, a partire dalla osservazione critica di quello che ci circonda, cerhiamo di sviluppare ragionamenti plausibili. Da definire meglio, da arricchire, da approfondire. Cercheremo di dare tutti i chiarimenti che saremo in grado di dare su cosa intendiamo dire quando diciamo qualcosa. Ma invitiamo i nostri lettori a porsi creativamente. Nel senso di una collaborazione paritaria per la migliore definizione possibile di contenuti. Insomma ci vanno benissimo perplessità e domande ma il nostro sogno è quello di avere una quantità di collaboratori creativi con i quali, condividendo l’impostazione di base, lavorare insieme.
Ed ora alcune precisazioni circa le giuste perplessità dei nostri due lettori. A partire da un chiarimento su cosa intendiamo con l’espressione "fiscalità in natura" (Vedasi post "Che pesci pigliare?" settima ed ultima puntata della serie "Manca lavoro??"). Il concetto è centrale e forse tutte le altre questioni ne dipendono. Quindi partiamo da qui. Ma dobbiamo fare un passo indietro.
Una grande idea progettuale come quella che abbiamo cercato di descrivere (Acqucoltura estensiva Lago Maggiore) per creare vero e buon lavoro (non semplicemente posti di lavoro) è per sua natura (dimensioni, qualità, finalità) non appetibile per privati investitori alla ricerca di ritorno monetario purchessia ed in tempi brevi o brevissimi. Essa possiede tutte le caratteristiche di un grande intervento a carattere pubblico. Meglio: comunitario. Ma, di fronte a proposte del genere, scattano immediatamente due stroncanti obiezioni:

Prima obiezione.
Progetto bellissimo ma utopistico. Gli Enti Locali non dispongono dei quattrini per l’ordinaria amministrazione figurarsi se possono investire in progetti del genere.

Seconda obiezione.
Ammesso, e non concesso, che ci fossero i quattrini da investire sarebbe una impresa in perdita.
Chiuso l’argomento. Prendi e porta a casa.

Le due questioni sono leggermente diverse ma accomunabili sotto il titolo "Limiti invalicabili del pensiero monetarista". Vale a dire quel tipo di pensiero per il quale qualsiasi problema economico si esaurisce nella dimensione monetaria (i quattrini) del medesimo. Occupiamoci, per ora solo della prima obiezione. Quella relativa al fatto che di soldi pubblici non ce ne sono. Noi abbiamo cercato di fare un altro tipo di ragionamento. Vale a dire vediamo se non essendoci i quattrini, possiamo per caso............farne a meno. Se non proprio del tutto almeno in parte. Può sembrare fuori di melone. Ma sembra soltanto a noi oggi e qui. Appunto perchè abbiamo sul groppone, e nella zucca, qualche secolo di monetarismo spinto assurto a Sistema Globale Unico. Perlomeno così a noi sembra. Non vorremmo risultare categorici.

Per gli investimenti in materiali ed attrezzature necessari alla realizazione di grandiosi progetti di salvaguardia ed utilizzo produttivo di risorse locali abbiamo pensato al meccanismo della "fiscalità in natura" appunto. Vediamo come, e se, potrebbe funzionare.

Il meccanismo della fiscalità in denaro, attualmente in vigore, prevede che la premiata Ditta "Attrezzature per la Pesca Professionale ed Affini" (APPA) versi ogni anno allo Stato Centrale una somma di denaro, chiamata tasse, in funzione del proprio volume d’affari. Lo Stato Centrale impiega questo denaro per pagare Servizi Pubblici di vario tipo necessari alla cittadinanza. E.....altro. In ogni caso non bastano. Ma lasciamo perdere.

Il meccanismo della fiscalità in natura, da noi ipotizzato, potrebbe affiancarsi, in parte ed in casi specifici, a quello in denaro di cui sopra.
La premiata Ditta APPA fornisce direttamente e gratuitamente alla Comunità Lacustre impegnata nel grandioso progetto "Acquacoltura estensiva" parte delle attrezzature necessarie. O anche tutte. Per un corrispondente valore in denaro di, poniamo, X euro. La premiata Ditta che avrebbe dovuto pagare tasse allo Stato Centrale per un importo di, poniamo Y euro, pagherà tasse, sempre allo Stato Centrale per un importo di

Y euro (denaro che avrebbe dovuto versare in tasse)
meno

X euro (valore delle attrezzature fornite direttamente e "gratuitamente" alla Comunità Lacustre),
uguale

Z euro (tasse da pagare in denaro allo Stato Centrale. Che continuerà a svolgere la propria indispensabile Funzione Pubblica ma utilizzando meccanismi in parte -per ora-diversi).

E’ più chiaro così?

Non si tratta quindi di non agire per arginare le corruttele, l’evasione fiscale o la rendita finanziaria parssitaria, nè di ridurre il gettito fiscale allo Stato Centrale (primo lettore), nè tantomeno di un baratto tra pesci ed attrezzature per la pesca (secondo lettore).
Partendo da questi semplicissimi concetti che derivano non dalla nostra genialità ma dalla elementare applicazione di ragionamenti fuori dalla logica monetaristica di cui sopra potremmo, ci pare, prendere moltissimi piccioni con una fava. Inoltre molti altri dubbi sollevati giustamente dai nostri due coraggiosi lettori dovrebbero trovare risposta.

Proposta 1
Facciamo questo lavoro insieme. Fateci pervenire testi. A noi il compito di riassumere e sintetizzare.

Proposta 2
Stendiamo insieme un elenco articolato della quantità e qualità di piccioni che potremmo prendere con l’applicazione parziale (per ora) di un meccanismo del genere. Vale a dire delle moltissime implicazioni di ordine economico, sociale, politico, di costume, morali, culturali e persino....filosofiche che l’applicazione di un concetto del genere si porterebbe inevitabilmente dietro. Insomma una sorta di costruttiva, pacifica rivoluzione. Che a qualcuno piacerebbe per niente. Proviamo ad indovinare di chi si tratta e perchè.
 
Una precisazione sulla osservazione del secondo lettore intorno alla utilità del denaro, oltre che per chi lo possiede, quale motore di scambio e quindi di indispensabile sostegno al vortice economico. Affascinante ed istruttiva storia quella del denaro. Sarebbe bello cercare di sviscerare a fondo. Magari lo faremo. Basti qui ricordare che esso è stato inventato recentemente (non più di qualche migliaio di anni fà a quanto ci è dato sapere) per favorire gli scambi appunto. Indispensabile strumento al servizio dei rapporti economico-commerciali e culturali tra comunità relativamente differenti, relativamente indipendenti e relativamente lontane, ha finito per diventare, assurdamente diciamo noi, il movente primo ed il fine ultimodi ogni attività (dis)umana. Sia essa di tipo economico o di altro tipo. Quando, viceversa, viviamo in un’epoca supertecnologica e globalizzata nella quale, scambi commerciali, economia di mercato e denaro potrebbero "tranquillamente" essere aboliti e sostituiti con quella che potremmo definire una Economia di Progetto Esistenziale Planetario finalizzata alla realizzazione di un vero ed autentico Essere Bene per tutti gli abitanti del pianeta. Cose tecnicamente più che possibili oggi come oggi.

Ultima interessante domanda che potrebbe aprirci nuovi orizzonti di discussione: visto che con ogni evidenza qualcosa osta. Di cosa si tratta?

Per il vostro impagabile, scapestrato, romantico eroe
Gruppo di Resistenza Umana Verbania


Se vuoi comunicare con noi l'indirizzo è  pensieridizorro@gmail.com


  1               26 luglio 2014

Un lettore (non qualsiasi) ci scrive a proposito del post recentemente pubblicato: "La Storia.....può insegnarci qualcosa?" (vedi)

Conclusione solo parzialmente corretta, ma che non tiene conto - secondo me - di tre elementi fondamentali: la "globalità" del sistema che allora era diversa e la limitatezza del ricorso al consumo delle materie prime che prima erano abbondanti e ora scarseggiano, mentre (3 aspetto) prima era facile raggiungere nuovi mercati di consumo e sviluppo che allora potevano essere facilmente aperti ed ora non più stante il sistema globalizzato. Questo però ha portato ad un fatto con aspetti nuovi: in Europa c'è forte recessione ma non in Asia, in Sudamerica (Argentina esclusa, ma ci sono altri fattori nazionali) o in Oceania. In America del Nord - ci sono stato nei giorni scorsi - tutti i segni sono + e la crisi pare superata, anche grazie alla droga finanziaria ed a diverse scelte rispetto all'area Euro.
Quindi le "conclusioni" rischiano di essere inesatte: ci sono fattori nuovi prima inesistenti.
Un altro aspetto "nuovo" è la circolarità delle informazioni e conseguentemente la volatilità dei mercati che agevola la speculazione finanziaria in modo moltiplicatore della crisi "infettando" anche i sistemi più sani....
Vabbè per l'anonimato, ma è una sciocchezza non avere IL CORAGGIO di presentarsi e discuterne ad personam.


Ed ecco la nostra risposta.

Carissimo Lettore,
vivissimi ringraziamenti, prima di tutto, per l’interesse e l’assiduità con i quali ci segue. Ma dalle considerazioni che ci ha inviato circa l’ultimo post "La Storia......può insegnarci qualcosa?" dobbiamo purtroppo constatare che non è stato recepito neppur minimamente lo spirito del ragionamento che abbiamo tentato di svolgere. Vale a dire il fatto che una economia finalizzata al profitto e non ad un progetto di vita non può avere futuro. E non può averlo perchè trasforma inevitabilmente in sovrapproduzione e malaproduzione le proprie immense, smisurate capacità di sfornare prodotti. E che questa caratteristica strutturale del sistema socioeconomico nel quale viviamo sta alla base del suo perenne essere in crisi. Più o meno profonda. Questa la sostanza che ci premeva evidenziare e sulla quale c’è una generalizzata e pervicace congiura del silenzio. Questo il tema centrale del post che viene sistematicamente, accuratamente evitato, non recepito, rimosso da tutti. Finendo per perdersi, come nel suo caso, in dettagli minori. Pur essendo -questa la cosa "strana"- una questione concettualmente "semplicissima". Potremo mai far ripartire la crescita se non parliamo del perchè si è bloccata? Ma dei veri perchè. Potremo mai far ripartire un tipo crescita che, con ogni evidenza, è la causa prima e principale delle crisi? Epocali e non. Non è forse l’Europa il continente che per primo non può più crescere perchè il più vecchio? Nel quale la crescita sviluppista è partita prima? Non sono forse tutte le altre economie emergenti o semi emergenti o turbo-capitaliste o turbo capital-comuniste destinate, prima o poi, ad intasarsi fatalmente? Ci sono volute o non ci sono volute ben due guerre mondiali nel novecento per uscire dalle pastoie della sovrapproduzione industriale "quasi globale"? Non siamo forse oggi daccapo e per la terza volta? Eppure ci sembrava di essere stati chiari ed espliciti anche grazie alla dovizia di autorevoli citazioni storiche. Evidentemente così non è. Ma, ci viene voglia di osservare, è sicuro di aver studiato con calma tutto
il post in questione? Non le sembra che la visione corrente di economia e di storia sia profondamente distorta e gravemente carente, in ultima analisi falsa, ad ogni livello ed in ogni campo? Dalla Geopolitica alle Facoltà di Economia agli studenti di economia? Provi ad osservare il tutto dall’esterno, da un altro mondo che ancora non c’è, nel quale l’economia si ponga al servizio non del profitto di chi produce ma "semplicemente", al servizio della realizzazione di un progetto di vita. Dal personale al locale al nazionale al planetario. Elaborato con la partecipazione creativa di tutti i cittadini interessati. Un mondo che ancora non c’è ma che, in quanto immaginabile, potrebbe anche esserci. Un mondo altro, evidentemente, da questo. Ci provi. Forse potremmo perfino incominciare ad intenderci.
Sulla questione infine dell’anonimato e delle mancanza di CORAGGIO come dice lei. Non vediamo proprio che cosa cambierebbe se ci firmassimo con nome e cognome. Ci sembra curiosità spicciola di nessuna rilevanza. Perdoni l’ardire. I contenuti che noi stiamo cercando di portare avanti hanno una dimensione ed un respiro tali da rendere assolutamente superfluo il sapere, o non sapere, chi scrive.

Cordiali saluti dal Gruppo di Resistenza Umana di Verbania


Il lettore controrisponde.

Grazie della risposta e rileggerò bene tutto perchè è vero che, ricevendo ogni
giorno decine di mail, si legge velocemente e si può essere superficiali.
Il limite della mail è che. - almeno per me - non si riesce mai a dare
completezza al discorso o replicare ai ragionamenti come l'ultimo vostro che è
valido in sè ma che si presta ad altre critiche, tipo quella che - pur
teoricamente condividendo il concetto di qualità di vita - nascono poi altri
dubbi, per esempio che un conto è produrre troppi telefonini (forse inutili)
ma non altrettanto produrre patate o mais nel terzo mondo.
Per questo il dibattito serio è meglio delle mail perchè si ribatte, si
discute con un ritmo diverso dalle mail.
La proposta è allora di trovarsi a parlarne magari semplicemente davanti a un
bicchiere di vino visto che l'età induce a queste cose.
Circa i pensieri però rimane aperto un mio dubbio: il new deal (e una guerra
voluta anche dagli USA) ha risolto temporaneamente il problema ma.... E qui ci
vorrebbero pagine e pagine, come si fa a scriverle?
 

E noi contro-controrispondiamo

Carissimo Lettore,
sentitissimi ringraziamenti, a nostra volta, per la risposta alla risposta. Siamo perfettamente d’accordo con lei. Andiamo tutti "di corsa" e così facendo, lungi dall’agguantare molto, finiamo per perderci un sacco di belle cose. Per esempio l’enorme piacere di leggere con calma qualcosa che suscita il nostro interesse. Dovremmo, perlomeno ogni tanto, scendere dalla giostra per prenderci dei momenti veramente nostri. Ma non è facile. Comunque a forza di provarci potremmo anche cominciare ad applicare questa rilassante e costruttiva pratica. Per quanto riguarda la questione dei "motori di crescita" in questo sistema socioeconomico, effettivamente potremmo scrivere un trattato decisamente "pesante" di molte centinaia di pagine. Ci limitiamo qui ad osservare che se nel caso "New Deal" si trattò di un motore di tipo costruttivo, esso non risolse comunque il problema. Ci volle, per "risolverlo" nientedimeno che una devastante seconda guerra mondiale. Sulla validità di quest’ultimo "motore" di crescita qualche dubbio può, a nostro avviso, essere legittimamente avanzato. E comunque il tutto conferma pienamente la nostra tesi di fondo. Vale a dire il fatto che un sistema socioeconomico finalizzato al profitto non può, per sua intrinseca natura, conseguire una vera razionalità nè in campo economico nè in campo sociale nè in qualsiasi altro campo. E che la cosa pur essendo semplicissima ed alla portata di qualsiasi bambino di terza elementare sembra non esssere recepita da alcuno degli addetti ai lavori. Vuoi del campo economico, vuoi del campo politico, vuoi del campo mediatico. Chissà perchè. Lavoreremo per cercare di scoprirlo..
Per quanto riguarda infine il suo gentile invito ad una bicchierata a quattrocchi ci troviamo purtroppo costretti a declinare. Per una serie di ragioni. Primo perchè siamo da sempre totalmente astemi. Gravissimo difetto lo ammettiamo. Secondo perchè alla nostra età ormai andiamo sistematicamente a letto con le galline. Nessun riferimento, sia ben chiaro, a discutibili tendenze "animaliste". Terzo e non ultimo perchè dei romantici eroi che si rispettino non possono assolutamente rivelare la propria identità.

Gruppo di Resistenza Umana di Verbania


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martedì 15 luglio 2014

La tecnica e il far soldi!


Caro GRUV, interessante davvero questa "lezione" di storia!
Le ragioni di questa durissima crisi che stiamo attraversando, pare vengano da lontano. A proposito, le parole"sottoconsumo" e "sovraproduzione" mi fanno venire in mente l'enorme propaganda cui siamo perennemente sottoposti per farci consumare sempre piu' oggetti e al tipo di relazione che, noi "contemporanei", abbiamo ormai instaurato con gli oggetti stessi...sto' leggendo un libretto interessante e provero' a farne una piccola sintesi  (Il testo che segue è quasi interamente tratto da "Sopravvivere alla tecnica" del filosofo Davide Miccione, che ringrazio di cuore)
                                                         Vostro Affezionatissimo  Zorro



"...La tecnica ha come fine i mezzi. Aumentare i mezzi è il paradossale fine della tecnica, renderli piu' potenti, cioe' che possano di piu', quindi,ancora piu' mezzi...sul senso, opportunita', efficacia dell'uso dei mezzi non si discute, o almeno non è compito della tecnica.
Il mezzo non si occupa di cio', il mezzo "vuole" semplicemente essere utilizzato, questa è la sua funzione quindi: macchine sempre piu'veloci, precise, che fanno tutto da sole; televisioni con sempre piu' canali e programmi da scegliere in un'offerta vorticosa che toglie il tempo di riflettere su cosa scegliere.
Macchine fotografiche digitali velocissime con cui è possibile scattare un'infinito numero di fotografie ma che, proprio per questo, rendono inutile soffermarsi a pensare sul motivo di uno scatto, su un'inquadratura piuttosto che un'altra, una luce piuttosto che un'altra....perche' inseguire la perfezione di un gesto se posso reiterarlo all'infinito?
Ancora, perchè imparare a condurre un'auto se posso avere installato un controllo  elettronico di velocita', frenata, direzione? Perchè imparare a conoscere la mia citta' con le sue strade e stradine quando installando un navigatore satellitare sono guidato dappertutto? Perche' intraprendere una dieta o andare in palestra se posso farmi succhiare chirurgicamente il grasso in eccesso?.....Perche'cercare di rendermi piu' allegro, meno timido o meno infelice se al mio posto puo' pensarci un prodotto chimico?
L'idea dominante è che la tecnica (e i prodotti sempre nuovi che da essa scaturiscono) possa supplire e risolvere i nostri crucci e difetti, renderci migliori meglio del lungo , faticoso, estenuante esercizio e apprendimento.
Purtroppo cio' che viene perso è parte della nostra identita', del nostro saper fare, dell'essere in grado di sviluppare "l'arte dell'uso" degli strumenti: dal violino alla scure, dalla pinza del dentista all'ago del sarto, dalla racchetta da tennis alla matita per gli occhi tutti questi strumenti necessitano di un "interprete", un individuo che sappia trasformare la materia in qualcosa di unico e particolare, mentre la, sempre piu' perfetta, macchina tecnologica richiede un controllore , al massimo un attivatore/manutentore.
La tecnica contemporanea riduce l'uomo a "presenza quasi inutile", essa fa' gia' tutto da se' e noi diventiamo sempre piu' sostituibili.
Imparare a suonare uno strumento musicale, l'arte di cucire, intagliare il legno, cucinare, tirare con l'arco o qualsiasi altra cosa, migliorano l'uomo proprio ponendolo contro i limiti funzionali dell'oggetto; fa' conoscere l'uomo a se stesso grazie alla faticosa indagine delle possibilita' degli strumenti stessi ed al lento oltrepessamento dei limiti apparenti.
Le auto, le lavatrici, le penne, i videogames: tutto diventa piu' pulito, veloce, efficace, preciso; la tecnica fa' il suo mestiere: migliorare costantemente i mezzi.
Al samurai giapponese, guerriero che dedica l'esistenza a continui esercizi fisici e spirituali per affinare e potenziare volontà , spirito di sacrificio, forza d'animo, coraggio persino ferocia si sostituisce "qualcuno" che sappia premere il grilletto di una mitragliatrice ...al guerriero si sostituisce il meccanico, all'interprete (al virtuoso) il controllore, ma sopratutto, ad una forma di esistenza (anche criticabile) si sostituisce il... niente!
Ma la domanda è: che effetti hanno sull'uomo questi "miglioramenti"? Lo lasciano ancora attivo, protagonista, interprete? La sempre piu' perfetta macchina tecnologica porta con se  l'uomo o lo semina distanziandolo?
Gli oggetti tecnologici diventano i nostri "servi-padroni"? Essi sono in grado di condizionare le nostre vite?
Si certo, possono farlo e ce ne possiamo rendere conto quotidianamente, ma questa consapevolezza fa fatica ad emergere a causa di un'idea che è dominante nella nostra cultura, l'idea cioè che gli oggetti (la tecnica) siano di per se' neutrali, "non hanno colpa, tutto dipende da come li si usa.".
Invece ogni oggetto nasce con una propria intenzione, una propria capacità d'uso preferenziale, essi VOGLIONO essere usati in un certo modo.
E' indubbio che una pistola in se' non uccida, eppure se dessimo una pistola ad ogni famiglia siamo perfettamente consapevoli che gli omicidi aumenterebbero.
E' indubbio che si possa leggere e conversare anche con un televisore in casa, ma chi, per qualche motivo si sia trovato senza televisore, avra' notato che si tendera' a leggere, conversare, uscire di piu'.
Gli oggetti hanno una loro identita' e "vogliono essere" e il loro "essere" condiziona inevitabilmente le nostre vite, per esempio avere o non avere un telefono portatile fa' una certa differenza: infatti la sua "portatilita'" implica il poter essere sempre raggiungibili , nessuno sara' tenuto a spiegare perche' risponde sempre al cellulare,  ma gli si potra' chiedere perche' ieri sera ad una certa ora non fosse reperibile!
Considerare un oggetto come dotato di una propria "volonta'" diventa necessario per poter interagire con esso.
Questo è preferibile a vivere in perenne rapporto con oggetti che ci spingono di qua' e di la' mentre noi, pateticamente, recitiamo (senza ingannare piu' nessuno) la parte dei soggetti iperpotenti, assoluti, slegati dalle condizioni della realtà.
Gli oggetti esigono rispetto! E l'uomo contemporaneo desidera ferocemente sempre piu' oggetti ma non li rispetta! A ben pensarci è un'atteggiamento tipico dell'età infantile: i bambini piangono disperatamente per avere cose che romperanno o dimenticheranno un momento dopo.
Un rispetto per gli oggetti perso sopratutto a causa dell'abitudine ad accorciarne sempre piu' la vita ,a considerarli obsoleti anzitempo comprando versioni piu' nuove senza reale necessità, non usandoli quando ancora possono essere usati, a non provarne pena e affetto, sostituendoli tendenzialmente con oggetti usa e getta.
La tecnica puo' illuderci di non aver limiti, tramite gli oggetti possiamo convincerci di poter fare sempre di piu', sempre piu' velocemente senza piu' dover fare i conti con i limiti dell'esperienza con il reale.
In realtà stiamo drammaticamente distruggendo, oltre che l'ambiente che ci da' la vita, anche cio' che ci rende propriamente umani: poter dare un senso alle nostre azioni, trovare nella fatica e nella pazienza a compierle l'occasione di capire chi si è , cosa si vuole veramente e, magari, migliorarsi.



PS :Per chi volesse leggersi l'interessante libro da cui è tratto questo post,il titolo è "Guida filosofica alla sopravvivenza" di Davide Miccione Edizioni Apogeo 2008




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