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venerdì 18 aprile 2014

Incredibile!! Si è fatto vivo il Sergente Garcia!

venerdì 18 aprile 2014



Ragazzi, non potete davvero capire la mia abissale gioia. Primo per il fatto che qualcuno ha finalmente rotto l’ammutolito silenzio che ci circonda. Eppure di lettori, vivaddio, ne abbiamo alcune
decine. Secondo perché indovinate di chi si tratta.......nientepopodimeno che del.....sergente Garcia
in carne (tanta) ed ossa. Mi sembra di essere tornato improvvisamente gagliardo come ai bei
vecchi tempi di rocambolesche, appassionate, appassionanti avventure! Ma bando ai sentimentalismi
ed alle sentimentalistiche ciance. Carissimo, finalmente ritrovato, sergente Garcia! Non puoi sapere
quanto mi sei mancato. A te la parola.




“Caro Zorro, vedo con piacere che, nonostante l'età sei sempre sulla breccia.
Dovresti ricordarti di me, sono quel "coglione" del Sergente Garcia, parafulmine di
ogni disgrazia.
Quando poi mi hanno congedato dall'esercito, per limiti di .... peso, tu sei stato così
gentile di venirmi a salutare per augurarmi un sereno riposo.
Purtroppo la tua frequentazione ha prodotto in me questo amore sviscerato per la
lotta contro i mulini a vento.
Ho provato a fare qualche riflessione, ma come al solito nessuno mi ha preso sul
serio.
Ora vedo che tu stai utilizzando questi nuovi mezzi di comunicazione, ma ho visto
che la sezione commenti, resta desolatamente vuota.
Allora, ho pensato, per la simpatia che a te mi lega, per le battaglie (finte) che in
passato abbiamo ingaggiato, per la mia "coglionaggine" alla quale tu facevi finta di
credere, di rivitalizzare quel nostro consolidato rapporto, inviandoti alcune mie riflessioni sul tema lavoro da me scritte un po' di tempo fa.
Spero di farti cosa gradita.
Oh, se ritieni che non siano all'altezza .... cancellale.

Ciao De La Vega detto Zorro

Ti saluta cordialmente il tuo irriducibile avversario
Sergente Garcia”
Scusate ma la stramaledetta macchina non riesce a fare le righe allineate. Vivaddio!!

Ed ecco le interessanti riflessioni del Sergente sul tema “Lavoro”.





Lavoro

Questa è una parola che, soprattutto oggi in tempo di profonda crisi, ha assunto un significato centrale nella nostra vita e provoca anche stati d’animo diversi: serenità e tranquillità in chi è occupato stabilmente, angoscia e preoccupazione in chi lo sta per perdere, speranza in chi lo sta cercando, frustrazione in chi non trova un’occupazione stabile, rabbia e risentimento in chi si sente sfruttato.
Anche sotto questo aspetto l’ Italia è in una situazione tragica, grazie non solo ad una classe politica inadeguata e scarsamente lungimirante, ma anche a significativi errori di politica sindacale ed ad una colpevole rinuncia di molti imprenditori ad investire, preferendo, a volte, vendere la propria azienda a qualche concorrente, il più delle volte straniero.
Perché non si investe allora?
Ma tutti sanno che oggi non si investe perché le banche non concedono finanziamenti, la burocrazia (altra riforma mancata) è capace di uccidere ogni iniziativa, le tasse sono insostenibili, visti i margini che le aziende possono sperare di ricavare dal mercato. Se qualcuno lo avesse dimenticato, è il mercato che stabilisce il prezzo di vendita dei prodotti e da questi vanno tolte tutte le spese, per capire se si guadagna o no. E’ fisiologico quindi che prodotti a basso contenuto tecnologico e ad alto contenuto di manodopera, le “commodities” per intenderci, non possono avere futuro, il costo del lavoro, dovrebbe essere pari a zero.
L’Italia industriale ha sprecato colpevolmente le opportunità offerte dall’introduzione della moneta unica, invece di innovare ha preferito la “finanza”. La crisi odierna è drammatica, tutti ne parlano, ma non emergono proposte percorribili. La verità è che nessuno sa cosa fare.
Prendiamo atto che non siamo più un paese industriale. L’industria italiana
contribuisce con un 20% alla formazione del PIL, mentre l’industria tedesca partecipa con il 30%. Ben 37 aziende tedesche sono presenti nella speciale classifica mondiale delle 500 più importanti del pianeta. Per anni ci hanno imbonito dicendo che la piccola industria era la nostra salvezza, ma alla resa dei conti, queste si sono rivelate economicamente troppo deboli. Ripartire sul piano industriale, appare impossibile.
Abbiamo perso il treno a metà degli anni 70, durante la crisi provocata dal primo
shock petrolifero. Invece di razionalizzare il comparto produttivo, come del resto
suggeriva il buonsenso e come invece hanno fatto in Francia e Germania, in Italia, complice un Sindacato reso cieco dall’ideologia, il mondo politico ha dilapidato
Immense risorse per mantenere in vita aziende ormai decotte. Più si produceva,
più si perdevano soldi. Per sostenere queste innaturali situazioni, si è provveduto a tagliare ciò che non era strettamente legato alla produzione e questo ha significato la morte di molti Centri di ricerca italiani. Decisione criminale questa che ha privato le aziende degli strumenti necessari per l’innovazione.
Da qui però bisogna ripartire.

Oggi di lavoro non ce n’è per tutti e quello che resta è continuamente in pericolo, perché sono le aziende che danno lavoro
e se queste sono scarsamente
attrezzate per reggere la concorrenza, bisogna aiutarle a superare questi ostacoli (investimenti, internazionalizzazione, sviluppo tecnologico, ecc.).
Sembra una banalità, ma se non ci sono le aziende, il lavoro non c’è. Allora
per creare lavoro bisogna agire a monte e rimuovere le cause che impediscono la nascita di nuove aziende e la creazione di nuovi posti di lavoro. Già, assumere, ma gli ultimi provvedimenti presi dal governo ampliano l’area della precarietà, rendendola quasi ... eterna. Quasi a sottolineare che il posto fisso è un disvalore. E’ normale?
Ma lo sanno ormai anche i sassi che se hai un lavoro precario, ti è impossibile
formare una famiglia, acquistare una casa, insomma fare progetti a lunga scadenza.
E questo sarebbe il paradisiaco futuro?
Allora, invece di raccontarci “palle” che si vada a vedere cosa succede nei Paesi
vicini: Germania, Svizzera, Olanda, Belgio, ecc. e poi si parli. L’orizzonte non è né al Sempione, né al Brennero.
Oggi bisogna tamponare le falle difendendo quello che ancora c’è, promuovendo
all’estero l’industria italiana avara di sbocchi internazionali.
Ma questo, basta ad innescare la crescita? Certo che no. Se non si agirà con decisione a rimuovere tutti gli ostacoli, che si frappongono alla realizzazione degli investimenti, non c’è riforma del lavoro che tenga, la situazione certamente non migliorerà.

Manuel Garcia


Carissimo Sergente,
concordo con te su quasi tutto. I due grassetti sottolineati nel tuo “pezzo” sono miei. Ad evidenziare il nodo problematico.
Nel merito la mia sovversivissima tesi è la seguente: a questo punto è la formula stessa
Investimenti + Impresa = Lavoro
che non funziona più. Ora stiamo vedendo in Italia quello che
tra non molto succederà in Francia, in Germania in USA e persino negli “emergenti” una volta che saranno “emersi” del tutto. Cina turbo-capital-comunista compresa. Siamo solo agli inizi.
Altro che ripresina! Il motivo è semplice. Non sfuggirebbe ad un bambino di terza elementare.
Se non si vende più perchè di cose da vendere ce ne sono troppe ed il mercato è strasaturo di tutto, quale mai imprenditore dovrebbe, e per quale stramaledettissima ragione, investire denaro in nuove e maggiormente produttive attività produttive visto che lo scopo primo e ultimo di qualsiasi investimento in denaro è quello di vendere per guadagnare denaro???? E allora guadagnamo lo stesso con il Grande Gioco Finanziario Globale. Oppure,semplicemente, ritiriamoci a fare la bella vita! Altro che Impresa!
Ma il concetto centrale, pur semplicissimo sfugge, chissà perchè, a tutti. Grandi economisti  compresi. E forse anche a te. A questo punto si tratta nientepopodimeno che di.....reinventare
l’economia! Cosa è? Cosa dovrebbe essere? A cosa serve? A cosa dovrebbe servire?

A vendere non importa che cosa, per guadagnare

 
o a produrre CERTE cose e in quantità ADEGUATE allo scopo di realizzare un PROGETTO DI VITA.

E ancora, QUALE PROGETTO di vita?


Viva l’ingenuità e gli ingenui come noi!! Che osano ancora porsi, e porre, domande impertinenti.

Ma molto, molto pertinenti! Forse TROPPO pertinenti! Vivaddio!!!!

Per un approfondimento della misteriosa questione e dei misteriosi motivi per i quali una cosa tanto elementare non viene nemmeno presa in considerazione, ti rimando alla lettura, se non lo hai già fatto, di questi post:

-Manca lavoro?? (sei dicesi sei puntate)
-Creare lavoro o.....posti di lavoro? (una sola puntata)

-Avere di che vivere o....vivere per avere? (una sola puntata)
-L’ultima puntata de “Il novello Primo ministro tirerà fuori l’Italia dalla palude o.....si impaluderà pure lui?”. Ma puoi leggerti anche quelle precedenti.


Per concludere degnamente, carissimo Sergente, ho per te personalmente, lodevolissima eccezione, una domanda che mi assilla da tempo. Perchè, secondo te, pur avendo noi (permettimi
di considerarti ormai arruolato a pieno titolo nel Movimento di Resistenza Umana) alcune decine di lettori, la sezione commenti resta pervicacemente, inspiegabilmente, tristemente, desolatamente VUOTA???

In attesa di lumi ti saluto cordialissimamente,

tuo aff.mo Zorro