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martedì 24 novembre 2015

Il terrorismo, la Storia e.......il conto


New York 11 setembre 2001. Ma poteva essere qualsiasi altro giorno di qualsiasi altro anno a cavallo del cambio di millennio. Il giorno dopo sulla prima pagina del "Manifesto", quotidiano comunista, comparve un pregnante articolo di Luigi Pintor dal titolo "Capire perchè". Sarebbe bene andarselo a rileggere oggi. Non se ne è fatto niente. Naturalmente. Poi Londra, Madrid, Parigi. Ora ancora, ed ancor più pesantemente Parigi. Le megalopoli del mondo cosiddetto ricco sotto attacco terrorista. Altrettante "occasioni" mancate per qualche riflessione di fondo. Per tentare di capire perchè. Non sappiamo a che cosa, chi ci legge, attribuisca questi tragici -forse è dire poco- eventi di inizio millennio. Follia umana? Male Assoluto? Becero antiamericanismo? Ottuso antieuropeismo? Fanatismo antioccidentalista? Abissale cattiveria? Ingratitudine? E via di questo passo. Come da classico copione mediatico?

Noi siamo del parere che la Storia stia incominciando a presentare il conto. Al mondo cosiddetto ricco che per parecchi secoli ha fatto dell’altro mondo, ininterrottamente e fino ai nostri giorni, saccheggio materiale accompagnato da spaventose nefandezze di ogni tipo e genere. Ci siamo cullati nella menzogna. Portatori di "civiltà" ci siamo addirittura auto-definiti. Ci siamo illusi di poterla fare franca. L’altro mondo era lontano. Ora non più.

Ma le cose sono, se possibile, ancor più complicate. Vogliamo ricordare che il terrorismo stragista è stato "inventato" nel mondo cosiddetto ricco quale formidabile arma di stabilizzazione politica per fare fronte a radicali crisi interne. In Europa, ma particolarmente in Italia, ne sappiamo qualcosa. Il terrorismo stragista- e non stragista- in Italia tra la fine degli anni sessanta e la fine degli anni settanta è stata la "risposta" del Potere ad un enorme movimento di pensiero che, ingenuo, pressapochista, superficiale, genericamente ribellista fin che si vuole, stava ponendo la questione di fondo: se è vero che non viviamo nel peggiore dei mondi possibili e altrettanto vero che siamo ben lungi dal vivere un un mondo passabilmente decente. Il Potere, dopo un attimo di sbandamento, con la strategia del terrorismo stragista, sulla quale luce -giuridica- deve ancora essere fatta, è tornato saldamente in sella. Ma ora l’apprendista stregone deve fare i conti con le spaventose "forze" da esso stesso scatenate. Ed ora su scala mondiale, "Forze" che, per altri versi e ancora una volta, utilizza per mantenersi saldamente in sella. Non riusciamo infatti a districare lo spaventoso garbuglio di "giustificata" rivalsa storica da parte del mondo saccheggiato da una parte, e gli intrighi del Potere che mentre si straccia le vesti, incoraggia, fomenta, sostiene l’attacco terrorista. A fini di sempre più coercitiva stabilizzazione interna, è bene ripeterlo. Ma il "gioco" sembra decisamente, a questo punto, scappare di mano a chi lo ha "inventato".

Tutto questo unitamente alla pressione sempre più forte dell’altro mondo sul mondo cosiddetto ricco, nella forma di spostamenti sempre più massicci di persone da quello a questo, configura scenari spaventosi di tipo apocalittico per il futuro nemmeno tanto lontano. Scenari per i quali illudersi di trovare "soluzioni", nel senso che comunemente si attribuisce a questa parola, è semplicemente ridicolo. Se non fosse tragico. Che cosa deve ancora succedere perchè noi si incominci finalmente a capire che è giunta l’ora di svegliarci. Di cominciare a riflettere sulle cause che hanno determinato tutto questo. Di cominciare a praticare un pensiero radicalmente diverso che ci consenta di costruire un mondo radicalmente altro da questo. L’unica vera soluzione possibile.

Siamo di questo parere e questa è la nostra interpretazione del momento storico che stiamo attraversando.

Mentre storditi dal pensiero unico ci cullavamo, e ci culliamo, nelle favole sul benessere e la democrazia nascondendoci dietro ad un dito e pensando che non vi era, e non ci sia, alcun bisogno di critica e tantomenno di un pensiero "altro", il mondo saccheggiato preparava la sua "rivincita". Ed ora la sta attuando.
Forse è troppo tardi per pensarci. Forse se avessimo incominciato a riflettere per tempo non saremmo arrivati a tanto. Ma, come ben sappiamo, la Storia non si fa nè con i "forse" nè con i "se". Però è altrettanto vero che il conto prima o poi la Storia lo presenta. Forse è arrivato il momento di cominciare a pensarci.
E’ decisamente tardi. Ma, meglio tardi che mai.

Con questo blog i cui post forse varrebbe la pena di andarsi a rileggere -meglio- studiare, noi stiamo lavorando nella direzione dell’unica vera soluzione possibile. C’è qualcuno che vuole, che ritiene necessario unirsi a noi perlomeno per discuterne? Se c’è si faccia avanti. Siamo a disposizione e pubblicheremo tutto il materiale che i lettori ci faranno pervenire.




Per comunicare con noi l'indirizzo è pensieridizorro@gmail.com

sabato 24 ottobre 2015

"Che fare?"

Lettera aperta a cittadini, raggruppamenti, associazioni, organizzazioni, addetti ai lavori di ogni settore e..... "politici" professionisti.
 
 
 

Nel post "Parole.....e fatti", sottotitolo "La "politica" è credibile?" pubblicato il 17 settembre abbiamo argomentato che non lo è adducendo una serie di "prove".
Concludevamo dicendo: "ma allora se le cose stanno in questo modo che fare?" e rimandando ad un futuro capitolo la costruttiva questione. Bene. E’ venuto il momento di affrontarla. In ossequio alla nostra ragione sociale che ci impegna oltre che ad esprimere critiche dell’esistente a formulare proposte. Ancorchè dell’"altromondo"
Di fronte ad una situazione del genere sarebbe disastroso se noi cittadini abbandonassimo il campo ritirandoci nel nostro privato guscio. Comprensibile ma disastroso. Nè possiamo giocare, come se niente fosse, al gioco "politico" delle belle parole alle quali fa riscontro ben altra, avvilente realtà dei fatti concreti. E allora?
Siamo convinti che "qualcosa" possa essere fatto. Ma si tratta con ogni probabilità di una vera e propria rivoluzione. Costruttiva ed incruenta ma rivoluzione. Quindi il compito è terribilmente impegnativo. Ma anche estremamente interessante. Forse a non pochi picerebbe cimentarsi in un tentativo del genere. D’altra parte i tempi sono più che maturi e lo esigerebbero. Proviamoci quindi. E non possiamo escudere che un serio tentativo in questa direzione possa anche riuscire.
Ma per conseguire qualche risultato sarà necessaria estrema chiarezza sulla impostazione da dare.
I nodi strategici ci sembrano tre:
1. una messa a fuoco preliminare di ordine complessivo;
2. il metodo da seguire;
3. i contenuti da perseguire.
Vediamoli uno per uno.


1.
Messa a fuoco preliminare

La prima e fondamentale cosa da fare è com-prendere fino in fondo la natura della questione che ci troviamo davanti. Senza questo preliminare e fondamentale passaggio non potremo fare niente di buono e di serio.
Qui non si tratta di qualche aggiustamento "migliorativo" dell’esistente. Nè nel campo dei metodi di gestione della cosa pubblica, nè in quello dei contenuti della attività economica locale
Perchè l’esistente, nell’ambito della gestione della Cosa Pubblica è ormai talmente logoro da risultare inservibile. E l’esistente nel campo delle attività "economiche" obbedisce a leggi "economiche" tra virgolette, che niente hanno a che vedere con una vera razionalità Eco-Nomica. Sulla cosiddetta "politica" ci siamo già espressi. E ribadiamo.
Qui si tratta di operare un vero e proprio salto "quantico". O, se preferiamo, salto evolutivo. O, ancora, di qualità. Salto che configuri un nuovo e diverso contesto complessivo.
Che chiuda definitivamente con un passato che non ha più niente da dire e da dare. Ma, attenzione, non si tratta di fare "tabula rasa" ma di più e di meglio. Si tratta di configurare un nuovo e diverso contesto complessivo. Questo significa che si potranno utilizzare, nel diverso e nuovo contesto tutta, o gran parte, dell’esperienza umana fin qui accumulata.
Abbiamo però bisogno di altri soggetti. Non "politici". Di altre metodologie, di altre logiche, di altri strumenti di realizzazione ed infine di altri contenuti. Allo stato attuale delle cose la "politica" è costituzionalmente impossibilitata a compiere questo salto evolutivo. Potrebbe soltanto, se lo volesse, mettersi al servizio di questo processo, laddove si profilasse o esistessero condizioni per una qualificante, chiara e decisa azione da parte del corpo sociale.. Il soggetto storico di un reale profondo cambiamento non potrà che essere, a questo punto, il comune cittadino. L’unico in grado di esprimere, oggi, istanze e ragionamenti semplici e corretti.
La difficoltà più grande forse sta qui. Come togliere numeri importanti di cittadini dalla apatia, dal disinteresse, dalla rassegnazione, peraltro più che giustificate? Come invogliarli ad assumersi un compito così impegnativo come quello di cambiare la realtà nella quale viviamo? Compito molto impegnativo indubbiamente, ma anche decisamente entusiasmante. Rivitalizzante.
Come fare, dopo decenni e decenni di lavaggio sociale del cervello a base di televisione, di pubblicità, di pensiero unico, di "droga" consumistica e di sfrenato individualismo? E altro di questa risma..
Per quanto riguarda questo aspetto della questione, le considerazioni che ci vengono spontanee sono almeno due.
La prima. Di carattere oggettivo. Non c’è via di scampo. O ci assumiamo la responsabilità della gestione in proprio e dal "basso" della società o un tristissimo, tragico futuro, attende noi ed i nostri figli. Sarebbe bene prendere coscienza di questo dato. Primo incentivo. Sebbene in negativo.
La seconda. Di carattere soggettivo. Abbiamo anche avuto, nel medesimo periodo buio, una infinità di prove che, laddove esistono condizioni per esprimersi, per dare un contributo, per dire la propria idea, non pochi cittadini l’hanno fatto, e lo fanno, volentieri. Ma -fondamentale- devono avere la sensazione che serva a qualcosa. Che abbia sbocco concreto. Che non si tratti di chiacchera "politica" senza costrutto e senza seguito. La questione è che laddove e allorquando cittadini sensibili e motivati si sono espressi sono stati sistematicamente ignorati dall’arroganza di Palazzo. O, peggio, trattati con falsa, melliflua condiscendenza.
D’altra parte l’essere umano è costituzionalmente portato a darsi da fare per costruire qualcosa. Possibilmente di bello, di buono, di utile e di ben fatto. Quindi possiamo ragionevolmente sperare in bene laddove condizioni realmente diverse che favoriscano una fattiva partecipazione civica si prospettino. Inizialmente magari una piccola minoranza di cittadini. Ma determinati, consapevoli, "agguerriti" e, soprattutto, con le idee chiare. Tutto questo potrebbe costituire il secondo incentivo. Quello in positivo.


2.
Il metodo di gestione del patrimonio comune

Finora se ne è incaricata la "politica" sulla base di una delega elettiva da parte dei cittadini. I risultati disatrosi di questo metodo di gestione della "cosa pubblica" sono visibili ovunque.
In che cosa potrebbe consistere un reale cambiamento?
Immaginiamo per un attimo che gruppi di volonterosi e motivati cittadini si autocostituiscano in quelli che potremmo chiamare Gruppi di Studio Permanenti. A cominciare dai luoghi di lavoro nell’ambito di rilevanti pubblici servizi (Trasporti-Sanità-Scuola-Amministrazine Comunale). E a cominciare dai luoghi di vita identificabili in aree cittadine omogenee. In un primo momento magari a carattere di volontariato. Ma a forte spessore qualitativo.
Che si assumano il compito di

A.

Elaborare una analisi critica del settore lavorativo o di vita nel quale operano quotidianamente.

B.

Dalla quale analisi emergano una serie di grandi problemi irrisolti o risolti in modo non soddisfacente. Abbiamo sottolineato, e non a caso, grandi problemi. Problemi che ineriscano alla questione fondamentale della qualità di vita. Esemplificheremo nel prossomo paragrafo relativo ai contenuti.

C.

Elaborare e proporre ipotesi di soluzione dei problemi individuati.

D.

Individuare, conseguentemente, gli strumenti operativi, tecnici, organizzativi e Politici (con la maiuscola e senza virgolette da quelli locali a quelli di dimensione nazionale) necessari all’attuazione sperimentale delle soluzioni individuate.

E..
Porre le basi per la definizione di un Grande Progetto Eco-Nomico Locale di cui parleremo al paragrafo successivo.

Perchè permanenti?
Per evitare nella maniera più assoluta quel triste e sciatto stile "politico" che consiste nella improvvisazione, nella episodicità, nella estemporaneità, nella mancanza di spessore, di approfondimento e di continuità.
Perchè se le persone, nei Gruppi Permanenti di Studio potranno avvicendarsi e cambiare, il compito di questi organismi di Vera Democrazia non si esaurirà mai. Dopo una fase iniziale di creazione a partire da zero, sarà continuamente necessario eleborare. Nel senso di studiare nuovamente e maggiormente, di approfondire, di correggere, di migliorare, di verificare, di adattare, di sviluppare, di aggiornare, di sorvegliare..
 
Da che cosa sarebbero legittimati a svolgere un ruolo di questo tipo? In primo luogo dalla motivzione migliorativa che li spinge ad assumersi l’impegnativo compito. "Basta con le lamentele senza costrutto" potrebbe essere lo slogan. In secondo luogo dalla conoscenza diretta delle particolari situazioni nelle quali vivono ed operano. Quindi dalla competenza. Che potrebbe essere ulteriormente ampliata con l’utilizzo di tecnici e di esperti. Sarebbero quindi legittimati dalla sostanza. E non dalla quantità di voti racimolati alle elezioni. Sarebbe un inizio di superamento, in avanti, della "politica" tra virgolette.

Il tutto a formare una
RETE ORGANICA CITTADINA di GRUPPI PERMANENTI di STUDIO.

Le attuali Amministrazioni Locali, che per il momento potrebbero rimanere al loro posto, dovrebbero limitarsi a:

1.

promuovere questo tipo di processo e senza alcun secondo fine;

2.

sostenerlo mettendosi al servizio di esso ed in varie forme (sedi-supporto logistico/organizzativo-supporto tecnico).

Questa Rete Cittadina di Gruppi Permanenti di Studio potrebbe esprimere un Gruppo di Studio Permanente a scala Cittadina e/o di Comprensorio con il compito di effettuare una SINTESI dei contributi di ciascun singolo Gruppo di Studio. Il Gruppo di Studio Cittadino si assume il compito di gestire operativamente la realizzazione delle soluzioni-progetto sotto il costante controllo dei singoli Gruppi di base e della cittadinanza tutta.

Partiti, rappresentanza, delega e attuali organi amministrativi (Consiglio e Giunta) diventano, in questo modo, superflui, superati, inutili.
Una volta messo a punto il meccanismo, non si vede perchè esso non potrebbe operare, a salire di scala in scala, fino alle dimensioni "regionali", "nazionali", "continentali" e per finire.....planetaria. Le virgolette sono d’obbligo perchè forse si dovranno inventare altre parole più adatte ad esprimere la sostanziale e caratteritica omogeneità di un determinato comprensorio spaziale.

A questo punto non sarebbero più necessari:

a.

la "politica"

b.

i "partiti"

c.

le elezioni di "rappresentanti" delegati a gestire in nome e per conto di cittadini elettori, che delegano.

Per il "semplice" fatto che saremmo in una..... Vera Democrazia.. (Demos Krathos ovvero potere del popolo). Non vogliamo chiamarla Democrazia Diretta perchè il termine è stato purtroppo storpiato diventando fonte di equivoci e malintesi. Potremmo addirittura immaginare la richiesta al Potere Centrale Nazionale della abolizione delle Elezioni nei Comuni che dovessero sceglier di adottare il metodo della Vera Democrazia.
I Gruppi Permanenti di Studio che in un primo momento potrebbero operare sulla base di un impegno volontario, ma di alta qualità, potrebbero subito dopo chiedere la trasformazione di parte del proprio tempo-lavoro in tempo-studio. Diciamo, per esempio una giornata su cinque. Per un valore percentuale del 20%. Con enorme beneficio, evidentemente, dei livelli occupazionali che aumenterebbero della stessa identica percentuale.
In ogni caso essi, Gruppi di Studio, resterebbero aperti alla partecipazione costruttiva di qualsiasi cittadino che su quel determinato argomento o problema avesse qualcosa da dire e ci tenesse a dirla.
Le soluzioni individuate dai Gruppi Permanenti di Studio vengono sottoposte al giudizio dei cittadini, in primo luogo nell’ambito di lavoro o di vita nel quale sono nate. E poi a livello di tutta la città. La critica di chi non è daccordo viene tenuta in considerazione ma deve essere corredata da proposte migliorative delle soluzioni prospettate dai Gruppi di Studio. La discussione continua fino alla individuazione di soluzioni ottimali che trovino l’unanimità generale. All’inizio ci vorrà un poco di pazienza, ma non sarebbe assolutamente tempo sprecato.
Tutto ciò,. pressapoco, in ordine ai metodi di gestione della "Cosa Pubblica" . Forse sarebbe più opportuna la dizione "Bene Comune".
L’apparato amministrativo resterebbe evidentemente in funzione, magari migliorato e potenziato, per il disbrigo degli aspetti tecnico/funzionali, e -importantissimo- al servizio dell processo autenticamente democratico nella sua fase iniziale prima e permanentemente poi.
Come avviare una trasformazione metodologica rivoluzionaria di questo tipo?
L’ideale sarebbe che l’apparto "politico"- amministrativo locale dopo una profonda e sincera autocritica che lo rendesse credibile agli occhi della cittadinanza, promuovesse, come abbiamo già accennato, tale processo in tutte le forme possibili e lo sostenesse mettendosi al servizio di esso.
Sarebbe l’ideale ma possiamo essere quasi certi che questo auspicabile scenario non si verificherà. Non resta allora che l’altra strada. Quella della "germinazione" autonoma e dal "basso". Magari promossa e sostenuta da nuovi raggruppamenti davvero Politici che facessero prorio l’obiettivo della realizzazione di una Vera Democrazia a livello locale. Livello locale per incominciare.
In questo senso proponiamo ai nuovi raggruppamenti che hanno fatto capolino in questi anni, nonchè a tutte le singole persone interessate e disponibili,  di incominciare un lavoro serio in questa direzione. Assolutamente fuori da qualsiasi tipo di superata, inservibile "appartenenza" "politica".
E passiamo ai contenuti.

3. I contenuti da perseguire

Dividiamo questo paragrafo in due argomenti:

A.
le attività di Servizio Pubblico di rilievo;
B.
le attivita produttive vere e proprie.



A. Servizio Pubblico

Proponiamo di seguito quattro grandi settori nei quali si articola il Servizio alla cittadinanza o Pubblico con, per ciascuno di essi, il tema di fondo che, a nostro parere, dovrebbe essere affrontato dai Gruppi Permanenti di Studio.


Mobilità e Trasporti

In generale.
Come diminuire drasticamente la piaga del traffico automobilistico creando alternative più valide dell’auto privata che invoglino ad un minore uso della stessa per gli spostamenti in ambito urbano ed extraurbano?
In particolare
Come creare una efficiente ed organica rete di Percorsi Ciclabili Urbani ?
Come creare una efficiente rete di aree verdi e percorsi verdi per consentire a bambini e famiglie di spostarsi a piedi, celermente, piacevolmente ed in sicurezza nella città?
Come creare un efficiente Trasporto Pubblico Urbano in grado di "catturare" utenza automobilistica con un conseguente drastico calo del traffico motorizzato in città?
Come creare un efficiente Trasporto Pubblico Interurbano su scala di comprensorio in grado di "catturare" utenza automobilistica con un conseguente drastico calo di traffico motorizzato interurbano? Perchè non riproporre un trasporto pubblico su rotaia molto efficiente e veloce sugli assi Verbania-Omegna e Verbania-Premeno incautamente smantellati agli albori dello "sviluppo"?


Sanità

Come realizzare un Servizio Sanitario Pubblico contemporaneamente efficente ed economico? Capillarmente diffuso sul territorio e contemporaneamente in grado di fornire prestazioni di elevata specializzazione quindi accentrate? Esistono soluzioni e strategie che possano conciliare queste opposte esigenze? Se esistono quali sono? Se non esistono quali potrebbero essere?
Come evitare inutili doppioni e sprechi? Come risolvere il problema dei malati immaginari e dell’angoscia sanitaria? Ed infine quali condizioni di vita materiale e psicologica creare affinchè la popolazione viva una vita salubre e quindi in salute?


Scuola

Come e sulla base di quali criteri creare una scuola aperta e non "scolastica" che sia contemporaneamente interessante piacevole formativa e preparatoria?
Come passare dal concetto di scuola-parcheggio-addestramento a quello di Areee di Formazione e Studio permanenti aperte a tutti, a tutte le età, e in collegamento stretto con le attività dei Gruppi Cittadini Permanenti di Studio ai diversi livelli? Come ricomporre formazione culturale e professionale? Come rivalutare il lavoro "manuale" ricollocandolo in un contesto di valore culturale?


Amministrazione Comunale

Come creare un apparato pubblico Politico-Amministrativo, totalmente svincolato dall "politica", assolutamente non burocratico, che si ponga al servizio della promozione e realizzazione di una Vera Democrazia Locale? Nonchè al servizio della attuazione di un Grande Progetto di Eco-Nomia Locale?

Quartieri e Frazioni
Come trasformare una cittadina soffocata da cemento asfalto, traffico e brutture edilizie in una cittadina altamente vivibile? E, prima ancora, che cosa significa altamente vivibile?


B. Attività produttive vere e proprie.

Nel precedente post "Parole.....e fatti" c’è un passaggio che dice : "Facciamo finta di non sapere, o forse non sappiamo, che viviamo in un ben preciso Sistema Storico con nome e cognome Si chiama Libera Economia di Mercato Capitalistica. La caratteristica fondante di essa è la ricerca del maggior profitto possibile nel minor tempo possibile per gli investitori di capitali. Al principio fondante tutto il resto, "politica" compresa, si deve inchinare"
Lo ribadiamo.
In una situazione di questo tipo o noi aspettiamo Investitori di Capitale interessati, in primo luogo, ad una congrua remunerazione del capitale investito, e allora avremo quale conseguenza un certo numero di posti di lavoro. Se e fino a quando l’investimento risulterà "interessante". Oppure dobbiamo liberarci da questa sudditanza ed impostare, come collettività cittadina, o comprensoriale, in maniera totalmente autonoma e dal "basso" qualcosa di profondamente diverso. Cosa potrebbe essere? Potrebbe e dovrebbe essere un


Grande Progetto Eco-Nomico Locale per un utilizzo corretto di risorse locali destinate, in primo luogo, ad un utilizzo locale. Assolutamente fuori da una logica di Mercato e per la realizzazione di una parziale autonomia energetico-alimentare. E per la realizzazione di una serie di Valori Esistenziali che la Comunità individuerà come prioritari grazie al lavoro di elaborazione permanente da parte della Rete di Gruppi Permanenti di Studio.


Esattamente quello che Investitori di Capitale Privati, o anche Pubblici, non faranno mai. E non lo faranno mai per la semplice ragione che cose del genere non rientrano nella categoria degli Investimenti di Capitale Remunerativi. Se poi singoli e privati imprenditori vorranno inserirsi quali tasselli del Grande Progetto, lo potranno fare ma alle condizioni e nei termini stabiliti dalla Collettività. Verrà così attuato finalmente, tra l’altro, il totalmente disatteso articolo 41 della Costituzione della Repubbluca Italiana. Il concetto di Grande Progetto Eco-Nomico Locale è di enorme portata e per essere illustrato richiederebbe uno spazio ben maggiore. E comunque dovrà essere il frutto di un grande e permanente processo di elaborazione collettiva. Rimandiamo, per un primo approfondimento, il lettore al post "Manca lavoro?? pubblicato nell’agosto 2013. Ci limitiamo qui a qualche sintetico accenno che possa far capire la sostanza della questione. Riprendiamo le singole parole, che corrispondono ad altrettanti concetti, con, per ciascuna di esse, qualche considerazione.


Grande Progetto

Si tratta di mettere in campo non qualche pensata estemporanea piu o meno intelligente e/o originale, come di solito avviene, ma una visione complessiva di grande respiro e di lunghissimo periodo che riguardi finalmente il tema dei temi. Vale a dire come vogliamo vivere noi semplici cittadini e di che cosa
nella realtà specifica che ci è toccata in sorte. A prescindere totalmente da valutazioni di Mercato e dai tornaconti monetari degli Investitori di Capitale

Eco-Nomico.

E’ necessario superare totalmente la logica economicistica della "razionalità economica" tra virgolette, quella del massimo ritorno monetario di chi investe capitale, per mettere in campo una visione veramente eco-nomica. Sulla differenza sostanziale tra "razionalità economica" finalizzata al massimo possibile di remunerazione dei capitali investiti ed eco-nomia (cura della casa comune) si veda il post "Fare soldi e.....agire razionalmente" pubblicato il 27 febbraio 2015

Locale

Che in primo luogo si basa sulle peculiarità presenti nella nostra, determinata realtà locale. Gli ambiti territoriali (comunale, di comprensorio, di area, di comparto, ecc.) andranno definiti di volta in volta a seconda dei Progetti Particolari che verranno elaborati ed attuati all’interno del quadro generale fornito dal Grande Progetto Eco.Nomico Complessivo il cui ambito territoriale dovrà essere a sua volta definito.


Per un utilizzo corretto

Corretto significa che l’utilizzo delle risorse presenti nella realtà locale dovrà essere fondato sul concetto del ripristino integrale di armonici equilibri bio-antropo-ecologici. ed eco-nomici. Da definire. Basti qui un sintetico concetto intuitivo Vale a dire rispetto profondo dell’anima dei luoghi. Nel senso diella messa in campo di azioni che consentano, in primo luogo, di evitare sia la distruttiva dilapidazione di tipo predatorio (si pensi p.es. allo sfrenato consumo di suolo), sia l’abbandono e l’incuria dell’ambiente (si pensi p.es. al degrado caotico dei boschi ex cedui abbandonati a sè stessi). In primo luogo. Se vogliamo avere un futuro.
 

Di risorse locali

Qui è neccessario soffermarsi un poco di più.
Viviamo in una realtà particolare, abbastanza fuori del comune, ricca di particolari risorse. Inutilizzate, sottoutilizzate e....dilapidate. Quello che assolutamente manca è l’utilizzo corretto delle medesime.

Individuiamo le seguenti grandi aree:
Il Lago Maggiore
La montagna
La terra
L’acqua
Il paesaggio
L’ambiente costruito dall’uomo
Il clima
Vediamole brevemente una per una

Il Lago Maggiore
Potrebbe essere utilizzato per la realizzazione di un Grande Progetto Produttivo, che potrebbe chiamarsi "Acquacoltura Estensiva (non intensiva) Lago Maggiore".Per la produzione di pescato di pregio da consumare fresco e conservato Abbiamo esemplificato nei dettagli che cosa potrebbe essere e come potrebbe funzionare un progetto del genere, che richiederebbe la partecipazione lavorativa creativa di centinaia, forse migliaia di "addetti", nelle ultime puntate del post "Manca lavoro?".con il quale abbiamo iniziato le pubblicazioni nell’agosto del 2013. Ad esse ed a tutte le sette puntate del post citato rimandiamo i lettori per un approfondimento dei temi che stiamo qui trattando.

La montagna
Per secoli importantissima risorsa utilizzata correttamente da generazioni e generazioni di esseri umani. Non solo non distruggendola ma migliorandola. Si tratta di un modello eco-nomico per il nostro futuro. Se vogliamo averne uno. Su questo tema si veda il post "Civiltà Rurale Montana un modello eco-nomico per il futuro" pubblicato il 17 marzo 2015 testo di Antonio Biganzoli.
Modello evidentemente da aggiornare alla luce delle conoscenze e delle risorse tecniche e tecnologiche delle quali disponiamo oggi. Non siamo assolutamente fautori di un ritorno ad una mitica età dell’oro mai esistita. Sia ben chiaro. Se mai l’età dell’oro sta ben nascosta, come potenzialità, nelle pieghe del futuro. Saremo capaci di farla diventare realtà? Noi, come si può vedere, stiamo cercando di dare il nostro piccolo contributo. Ma non divaghiamo.
Montagna. Importantissima risorsa utilizzata correttamente da generazioni e generazioni di esseri umani, dicevamo. Poi....Seconda Guerra Mondiale portatrice di benessere e prosperità di massa (!).
Abbandono. Non "conviene". Secoli di corretto lavoro di antropizzazione dell’ambiente montano ed alpino bruciati in pochi decenni sull’altare dello "Sviluppo" Posto di lavoro in fabbrica a stipendio fisso. Finchè dura. Appartamentino in condominio piastrellato. Cucina in formica. La Fiat 500. O la 600 per i più facoltosi
La montagna abbandonata a sè stessa viene consegnata ad una improbabile retorica "wilderness". Sarebbe bene ripensarci, visto come stanno andando le cose. Allora un grande settore del Grande Progetto Eco-Nomico Locale potrebbe, e dovrebbe, essere quello di un ri-utilizzo conservativo e migliorativo della Montagna. Due sono le direttrici per un recupero produttivo, e non solo, di essa che immediatamente ci vengono in mente.
La prima. Produzione di legname. Da opera in boschi d’alto fusto. Da ardere in boschi cedui. Tutto perfettamente coltivato e curato secondo i dettami di un corretto e razionale utilizzo di questa formidabile risorsa locale. La legna da ardere potrebbe essere utilizzata per la creazione di una rete cittadina di teleriscaldamento. Non mancano, oggi. impianti ad altisima resa calorica, a minimi consumi e bassissimo inquinamento.
La seconda. Ripristino, in termini aggiornati, della catena foraggio-vacca-latte-e tutti i prodotti derivati. Conseguente ripristino della catena logistica costituita, per secoli, dalla interazione funzionale tra fondovalle-corti-alpeggi-alti pascoli.
Alla vacca da latte potrebe essere affiancata la produzione di carne con l’impiego di razze adatte questo tipo di impiego. Oltre che altri animali di taglia minore.
Tutto questo innescherebbe un circolo virtuoso di indotto. Significa agibilità e manutenzione dei sentieri. Significa creazione di piccole, medie e grandi teleferiche che si sono storicamente rivelate un formidabile mezzo di trasporto, sui terreni difficili come i nostri, Ad impatto paesaggistico minimo. Significa ancora corretta manutenzione del bosco, dei maggenchi, e dei pascoli. Il tutto significa corretto assetto idrogeologico del territorio e prevenzione delle catastrofi "naturali" E significa, ancora, una immensa quantità di vero Lavoro Creativo.
Abbiamo detto recupero produttivo e non solo. Il tutto infatti potrebbe essere visto anche in chiave di sviluppo turistico di qualità a valenza antropo-culturale. Le scuole inoltre, dovrebbero prevedere periodi di formazione-lavoro in questo settore produttivo. Un esempio concreto e realizzato di modello eco-nomico per il futuro da mostrare a ragazzi e popolazioni.

La terra
Purtroppo ne è rimasta poca, pochissima, troppo poca.
Se c’è un dato che dimostra in maniera più che lampante l’irriducibile contraddizione tra "razionalità economica" (guadagno di soldi) e eco-nomia razionale (cura della casa comune) è proprio questo tragico dato. In una trentina d’anni grazie allo "miracolo economico" che ha fatto seguito al secondo dopoguerra mondiale, dignitosi equilibri ed assetti territoriali vecchi di secoli, sono stati letteralmente sconvolti. A suon di cemento, speculazione edilizia tutt’ora in corso, asfalto. Bisogna andare a vedere secoli di lavoro per creare terrazzamenti nelle più aride e sperdute isole mediterranee per capire quanto fosse importante per quegli uomini strappare foss’anche un fazzoletto di terra alla pietre ed ai ripidissimi pendii. Ma anche sotto i nostri cieli. Basta fare una bella escursione in montagna e guardarsi attorno.
Potremmo agire in una tripla direzione.
Da una parte mettere a coltivazione quel poco di terra che è rimasta in pianura per la produzione, non di azalee destinate ai Mercati Mondiali ma ma di buona frutta e verdura destinata alla popolazione locale. Dall’altra ripristinare i terrazzamenti collinari e montani al medesimo scopo. Ed infine "riconvertire" parte dell’asfalto e del cemento urbani in buona terra coltiva. Anche qui molto buon Lavoro Creativo ci attende.

L’acqua
E’stupefacente la quantità di acqua che per tutto l’anno scende dalle basse montagne, assolutamente prive di grandi bacini glaciali, della Val Grande e della Valle Intrasca attraverso i torrenti S.Giovanni e S: Bernardino fino al Lago Maggiore. Se non andiamo errati è stata questa decisiva risorsa energetica, ora quasi totalmente abbandonata, che ha fatto di quello che poi sarebbe stato il Verbano uno dei primi importanti insediamenti industriali nazionali già nella seconda metà del 1800. Una catena di manifatture si snodava lungo le "ronge", imponenti opere di captazione dell’acqua dei due torrenti, utilizzando la forza motrice dell’acqua in modo diretto, meccanico, grazie alla pendenza del terreno. Il concetto del classico, glorioso, ecologico, eco-nomico mulino ad acqua. Poi, ad un certo punto, sul quale non vogliamo ripeterci, non è "convenuto" più. Converrà. Nel caso in cui volessimo avere un futuro che non sia un inferno. Allora la proposta. Ripristinare tutto il sistema di captazione della preziosa risorsa energetica per insediare due catene di attività artigianali di elevato valore qualitativo funzionanti rigorosamente ed esclusivamente ad acqua lungo le due principali e storiche "ronge". Attività artigianali di pregio da, anche qui, coniugare -anche- in chiave turistico-culturale. Un bellissimo esempio da mostrare a popolazioni e studenti, di come la tradizione viene recuperata guardando al futuro. Di che coa significa in concreto ripristino e riutilizzo dell’esistente. Di che cosa significa autosufficienza energetica. Di che cosa significa, in una parola, eco-nomia locale. Oltre che per la produzione di energia meccanica l’acqua può essere ulteriormente utilizzata per la produzione di una modesta quantità di energia elettrica e per l’irrigazione della terra che saremo capaci di mettere a coltivazione.
Una infinità di buon Vero Lavoro Creativo. Non pochi ed incerti "posticini di lavoro".

Il paesaggio
Chi ha girato anche solo un poco per il mondo sa benissimo che viviamo in un luogo letteralmente incantevole. Ma anche chi non lo ha girato. Purtroppo deturpato massicciamente dalla sete di guadagno unita ad una buona dose di stupidità e di calcolo sbagliatissimo anche dal punto di vita della "razionalità economica". In una cittadina complessivamente brutta e poco vivibole gli abitanti si ammaleranno. Anche se, sollevando gli occhi, vedranno in lontananza verdi montagne, azzurre acque e bianche nevi perenni. Questo per quanto riguarda l’ "interno". Dall’esterno sempre meno persone avranno voglia di venire a vedere. Nonstante le "eccellenze" dovute alla intelligente lungimiranza dei nostri avi e sulle quali ancora oggi campiamo. Calcolo completamente sbagliato quindi anche nella logica dei "ritorni" monetari.
Dobbiamo invertire la rotta. Di 180 gradi. Ed incominciare una vera opera di ripristino e salvaguardia integrale e intransigente dei valori paesaggistici. Che vuole dire una infinità di azioni e di lavoro per moltissime persone. Dagli abbattimenti alla creazione di spazi liberi e verdi, alla creazione di un ambiente urbano inserito nel paesaggio e non distruttivo di esso. Anche qui il modello della civiltà rurale montana, dai Walser ai più modesti alpigiani nostrani, ha parecchio da insegnarci.

L’ambiente costruito dall’uomo
E’ anch’esso una risorsa, ancorchè non naturale. Potrebbe esserlo -risorsa- se l’opera umana non fosse stata nell’ultimo mezzo secolo a valenza altemente distruttiva. Città vivibile, che vuol dire spaziosa, verde, tranquilla, con poco traffico piena di luoghi ridenti caratteristici e belli deve diventare il nostro obiettivo per il secolo a venire. Non solo le "eccellenze" che si sono difese da sole, ma tutto il resto. Vuol dire città da vivere in bicicletta, a piedi o utilizzando mezzi pubblici cocepiti in maniera completamente diversa da quella attuale. Vuol dire demolizione di brutture e creazione di una rete di spazi verdi collegati tra loro da percorsi verdi. Una "controcittà" nella citta. Il tutto, deve essere ben chiaro, a prescindere dalle ottime valenze paesaggistiche in "lontananza" che addirittura sono diventate un alibi alla "politica" per lo scempio urbano in "vicinanza". Valenze paesaggistiche del circondario peraltro anch’esse, purtroppo, in via di estinzione, divorate dal cancro della pustolosi edilizia e dall’abbandono dei boschi cedui.
Alcune cose che si potrebbero e dovrebbero fare.
La prima. Stop al consumo di suolo. Non si edifica più. Non si costruiscono nuove case. Non si creano nuove strade e non si allargano le esistenti. E’ una scelta che in alcuni Comuni è stata compiuta. Su una scelta concreta del genere si misura la volontà politica di una Amministrazione. Utilizzo conservativo e riuso dell’esistente a cominciare dai centri storici in decadenza.
La seconda. Uso di quel poco di terra che è rimasta per produzione agricola. Buoni ortaggi e buona frutta coltivati con criteri biologici, anche in ambito urbano. Demolizione di particolari brutture per far posto ad "Oasi della Vita" sull’esempio della bellissima esperienza compiuta a Bagnella frazione di Omegna. Oasi ed aree verdi collegate tra loro da percorsi verdi a contrastare l’angosciante assenza di spazi liberi e vivibili in città.

Il clima
Non troppo freddo d’inverno e non troppo caldo d’estate con, d’inverno, la pressochè totale assenza delle plumbee nebbie che affliggono la Padania fino al Mare Adriatico. Un clima mite, ricco della benedizione di precipitazioni relativamente abbondanti che fanno della nostra zona -farebbero.- hanno fatto in passato- un luogo ideale per la Civiltà Rurale Montana e di Fondovalle. E non solo. Una benedizione climatica per una vita serena, rilassante, piacevole e senza particolari disagi di origine atmosferica. Una risorsa importante totalmente trascurata, non utilizzata, causa il miope abbandono di tutte quelle attività, importantissime, che hanno a che fare con l’utilizzo della terra e dell’acqua. Attività finalizzate alla produzione agricolo-pastoral-boschiva. delle quali abbiamo accennato nei paragrafi precedenti. Mancando le quali la risorsa "clima" non può essere pienamente utilizzata.


Destinate, in primo luogo, ad un utilizzo locale.

Dicevamo poc’anzi del calcolo sbagliato che recita: "non conviene più". Sbagliato perchè non mette in conto l’immane quantità di trasporti che un mega-mercato di dimenzioni nazionali o addirittura continentali e, come se non bastasse mondiali, necesariamente implica. Il che significa catastrofe climatica da inquinamento atmosferico. Che in "sinergia" con l’abbandono della montagna-collina significa catastrofi idrogeologiche a ripetizione e in continuo crescendo.Tutto ciò ha dei costi economici ed umani spaventosi. Che non vengono messi nel conto della "convenienza". La strada del futuro, se vogliamo averne davvero uno che non sia un inferno, va in direzione diametralmente opposta: vale a dire produzione locale per uso lacale a Km: zero. Più sano, più economico, più lavoro per tante persone, più soddisfazione di chi produce qualcosa di tangibile per un uso tangibile. Meno inquinante, meno spersonalizzante, meno dilapidante, meno distruttivo. In una parola davvero eco-nomico.


Fuori da una logica di Mercato Impersonale e Totalizzante.

Può significare diverse, interessanti e nuove cose. Del tipo. Calcolo corretto e completo, come si diceva poch’anzi, della "convenienza" economica Oppure dalla produzione al consumo senza intermediazione. Oppure rapporti di interazione informativa diretta tra produttori e consumatori. Oppure distribuzione "gratuita" (parziale) alla popolazione. Oppure pagamento "in natura" (parziale) per i lavoratori impegnati. Oppure ancora superamento del concetto di investimento monetario in impianti ed attrezzature. Attrezzature ed impianti forniti ai progetti da Ditte che optano per il meccanismo del pagamento delle tasse in natura.. (vedasi per i dettagli tecnici di questo meccanismo che abbiamo chiamato "fidscalità in natura" le ultime puntate del post citato "Manca Lavoro?? " (agosto 2013)


Per la realizzazione di una parziale autonomia energetico-alimentare e di Valori Esistenziali.

Significa che la finalità numero uno dell’azione umana non è più il tornaconto monetario dell’investitore che poi (non) produrrà "ricchezza" per tutti. Nè la ricerca di un reddito monetario purchessia per il lavoratore. Ma la motivazione numero uno sarà la creazione di cose sane, belle, utili e ben fatte. Come una parziale ma importante autonomia energetica ed alimentare.. Come la realizzazione di un ambiente urbano veramente vivibile perchè spazioso, ridente e bello. Come la percezione salutare di una grande soddisfazione personale nel constatare che questo ambiente è il frutto del nostro personale e collettivo impegno. Come la grande autostima che nasce dal fatto di sentirci capaci di provvedere, bene ed ampiamente, a noi stessi. Come la grande sensazione di benessere spirituale, che proponiamo di chiamare Essere Bene, che deriva dal fatto di sentirsi parte importante di un processo collettivo o sociale. E saranno tanti altri Valori Primari di carattere Esistenziale senza i quali la vita cessa di essere bella da vivere. Valori Esistenziali che le singole persone e la collettività tutta individueranno e sceglieranno attraverso il metodo della Vera Democrazia di cui abbiamo parlato nella precedente parte.

Concludendo
E’ evidente che tutto ciò nell’attuale sistema economico-produttivo fondato sul dio profitto "non ci sta".
Allora sarà necessario, per concludere, fare alcune riflessioni su alcuni dei grandi problemi che una impostazione davvero eco-nomica della economia locale pone necassariamente.
Se vorremo uscire dalla "empasse" storica sempre più aggrovigliata della quale siamo ormai prigionieri, bisognerà avere le idee molto chiare non solo sul piano locale ma anche su quello che una rivoluzione pacifica e locale di questo tipo comporta sul piano più generale.

Alcuni grandi problemi, di scala non semplicemente locale, vengono evidenziati da altrettante motivate obiezioni.

La prima.
Potrebbe suonare così: "Tutte queste bellissime cose per essere fatte richiedono ingenti investimenti in denaro. Dove li andiamo a prendere? E particolarmente in un momento come quello attuale nel quale vengono effettuati tagli di fondi pubblici dappertutto?"
Grande problema. Ma l’argomentazione è usata strumentalmente da chi, senza dichiararlo apertamente, si prefigge dii negare possibilità diverse dal soggiacere alle logiche dell’esistente.
I cosiddetti soldi li possiamo recuperari in diversi modi. Pur restando nella visione "monetatista" li potremmo recuperare sottraendoli alla corruzione, al malaffare, agli inutili sperperi, all’indebita speculazione finanziaria, all’eccesso di profitto d’impresa. Poi potremmo recuperarne ancora combattendo, ma veramente ed oculatamente la Grande Evasione Fiscale. Poi ancora potremmo recuperarne da una vera lotta contro la Delinquenza Economica Organizzata. Poi ancora da oculate scelte funzionali nel campo dei Pubblici Servizi e Poteri che li rendano meno dispendiosi e magari più efficienti. Ed infine potremmo chiderli ai cittadini locali per un utilizzo visibile, di qualità e locale. Sgravandoli da tasse statali. Siamo del parere che verserebbero volentieri anche una quota annuale supplementare di tassa locale per uso locale se vedessero che serve ad elevare veramente il tenore di vita locale in termini di qualità esistenziale.
Ma non finisce qui. Troppo spesso ci dimentichiamo totalmente che il denaro è carta stampata a colori.. Non è nient’altro che l’equivalente in termini di valore di scambio di ben altra e diversa cosa. Vale a dire di beni d’uso. Pasta, riso, zucchero, olio, pomodori, macchinari, attrezzature, impianti ecc. ecc. Allora abbiamo altre possibilità che discendono da una visione non monetarista e fuori dalla logica dello scambio-mercato. Si tratterebbe di applicare in modo oculato e funzionale il vecchio, sano concetto applicato da sempre a tutte le latitudini e fino a mezzo secolo fa. Vale a dire il pagamento in natura. Le Ditte fornitrici di impianti e materiali per la realizzazione di Progetti Locali forniscono "gratuitamente" i medesimi. In cambio lo Stato Centrale le esenta dal pagamento di tasse in moneta per una quota corrispondente. Sarebbe il concetto della "fiscalità in natura" del quale abbiamo parlato(vedi post citato "Manca lavoro??") Ma non solo. Quota parte del salario monetario dovuto ai lavoratori impegnati nella realizzazione dei progetti potrebbe essere corrisposto loro secondo il medesimo meccanismo. In questo modo, tra l’altro tutti potrebbero vedere con cristallina chiarezza dove vanno a finire, ed a quale scopo, gli introiti fiscali della Pubblica Amministrazione Centrale. Chiaramente il Potere Centrale dovrà adeguare a questo concetto la legislazione in tema di fiscalità.
 
La seconda.
Potrebbe suonare così: "Grandi Progetti di eco-nomia locale che ricihiedono una grande visione d’insieme si scontrano per loro stessa natura con lo spezzettamento del teritorio in una miriade di piccole proprietà private."
E’ verissimo ma, anche qui, l’argomentazione è strumentale. Milioni di chilometri di autostrade sono stati costruiti in Italia a partire dai fatidici anni sessanta del novecento. Tagliando inesorabilmente pianure, colline, montagne e....proprietà private. Per realizzare autostrade si può. E allora si deve potere anche per cose "altre". A parte il fatto che  la Costituzione della Repubblica Italiana, nonchè la Giurisprudenza in generale, hanno da tempo acquisito ed introdotto il concetto della "Pubblica Utilità" in presenza della quale l’interesse particolare del privato cittadino deve passare in seconda linea, abbiamo, anche qui altri strumenti che possiamo proporre ed applicare. Per esempio. Il diritto legale alla proprietà privata della terra resta inalterato. Ma in presenza di un Grande Progetto Eco-nomico Locale che interessa singole prorietà private, i prprietari hanno due possibilità. La prima quella di inserirsi a titolo personale e con il loro terreno nel Progetto. Alle condizioni e nei termini stabiliti dal medesimo. Oppure devono obbligatoriamente cedere ad altri attori del Progetto, in comodato d’uso gratuito e per un periodo da stabilirsi, la proprietà privata interessata pur mantenendone la titolarità dal punto di vista legale. Ma, fortunatamente non tutti i progetti interesseranno solo proprietà private. Molte aree boschive, per esempio, sono di proprietà comunale. Anche qui il luminoso modello dell’utilizzo comune della montagna a fini produttivi tipico del passato remoto, prossimo e recente può insegnarci parecchio. Per non parlare delle Proprietà Demaniali come le acque del Lago Maggiore. Per la realizzazione del Grande Progetto di Acquacoltura Estensiva del quale abbiamo parlato il problema non si porrebbe nemmeno.

La terza.
Potrebbe suonare così: "Grandi Progetti di Eco-nomia Locale travalicano necessariamente gli angusti confini comunali per porsi su scala intercomunale o comprensoriale alla quale il più delle volte mancano adeguati organismi amministrativi e di gestione."
Le strumentali argomentazioni di stampo "reazionario" non cessano di essere al lavoro per impedire che qualcosa di significativo cambi davvero ed in meglio. Certo. Grandi Progetti di Eco-Nomia Locale non possono essere rinchiusi negli angusti limiti delle ripartizioni amministrative esistenti. Di volta in volta andranno definiti, con criteri scientifici, gli ambiti territoriali più idonei alla riuscita del progetto. E solo poi potranno essere fatti i conti con gli attuali assetti territoriali e creati pertinenti accorpamenti dei medesimi. Si pensi per esempio al già citato progetto "Acquacoltura Estensiva Lago Maggiore". Può e deve essere realizzato sulla scala dell’intero Lago Maggiore. Uno spezzatamento in una miriade di Comuni costieri che agissero ognuno per proprio conto sarebbe semplicemente privo di senso. Allora bisognerà accorpare le attuali entità amministrative in un unico organismo di progettazione e realizzazione sovracomunale e addirittura internazionale (Svizzera). E così via per tutti gli altri settori. Per ogni progetto andranno quindi definiti sia gli ambiti territoriali sia, conseguentemente, gli organi di progettazione, attuazione e gestione.

La quarta.
Potrebbe suonare cosi: "Grandi Progetti di Eco-Nomia Locale richiedono la presenza di condizioni e strumenti legislativi che non possono essere prodotti in loco ma devono essere messi in campo a livello nazionale dal Governo Centrale."
Ringraziamo l’instancabile reazionario per l’uso rovescio che pervicacemente fa di quel meraviglioso strumento che si chiama intelligenza umana. Lo ringraziamo perchè ci da la possibilità di approfondire e chiarire ulteriormente il nostro pensiero. Non rovesciato.
Certo. E’ evidente che la questione si pone e come. E allora le Comunità Locali faranno tutte le pressioni possibili ed immaginabili sul Potere Centrale per costringerlo, volente o nolente, a creare i quadri legislativi di ordine generale senza i quali non sarà possibile procedere compiutamente e fino in fondo a livello locale. Questo in un primo momento. Poi esprimeranno un Gruppo Permanente di Studio di livello Nazionale creato con il metodo della Vera Democrazia che abbiamo descritto nella prima parte del documento, che manderà finalmente, definitivamente e per davvero "a casa" "politica" tra virgolette, "politici" tra virgolette e partitocrazia senza virgolette.

C’è un’ultima possibile, legittima, obiezione da tenere in debito conto.
Potrebbe suonare pressapoco così: "Tutto bellissimo. Ma una rivoluzione del genere comporta tempi lunghissimi. Noi dobbiamo vivere ora. Cosa facciamo qui e adesso?"
Purtroppo non abbbiamo -ormai- molte alternative o spazi di manovra. I decenni lasciati trascorrere nella ignavia della "politica", mentre larga parte dell popolazione veniva trasformata in una imbelle massa di esautorati e intrattenuti -paganti- pesano come un enorme macigno sul presente e sul futuro. E si continua tuttora così "sperando" nel ciarlatano di turno. Da qualsiasi "parte" esso provenga. Possiamo ritirarci delusi e/o indignati nel nostro privato e personale guscio. Possiamo persino protestare. Possiamo unirci al coro della chiacchera "politichese" senza costrutto alcuno, sebbene seriosa e/o roboante. Possiamo, giustamente, lamentarci. E molto altro di questa risma. In ogni caso non è così che potremo salvare noi ed i nostri figli. L’unica cosa che può davvero salvarci è metterci al lavoro, qui e subito, nella direzione che abbiamo cercato di delineare in questo documento che non a caso abbiamo voluto chiamare lettera aperta.
In pratica, a nostro parere, la prima cosa da fare è favorire, promuovere, creare, sostenere i Gruppi di Studio Permanenti dei quali abbiamo parlato nella prima parte a carattere metodologico. Mettersi insieme, nei luoghi di lavoro e di vita a studiare, analizzare, individuare problemi e prospettare soluzioni, nella logica di grande respiro che abbiamo cercato di delineare e partendo da un qualsiasi tema di fondamentale, pregnante interesse in quel determinato Gruppo. Ponendo le basi, quindi, per quella fondamentale cosa che abbiamo chiamato Rete Cittadina di Gruppi di Studio. Il resto sarà la coerente conseguenza di questo importantissimo, decisivo primo passo nella direzione corretta. Con la consapevolezza che -ormai- non abiamo che una possibilità. Quella di prendere in mano in prima persona il nostro destino.
 
Resistenza Umana
Verbania Autunno 2015

giovedì 17 settembre 2015

Parole........e fatti

La "politica" è credibile?



La critica che abbiamo condotto alle teorie neo sviluppistae tatgate PD/ Zanotti nel post "Di conurbazione vivremo o.....moriremo?" (senza risposta) ed il concomitante intervento di Roberto Negroni su Verbania 70 "L’han giurato li ho visti in Pontida........" che tratta della medesima questione, ci hanno indotto ad inviare ai suddetti la seguente missiva:

Gentili Zanotti e Negroni,
abbiamo letto con interesse l’articolo "L’han giurato…." dove si affronta la fondamentale questione di una "pianificazione strategica" condivisa per affrontare e dare risposte alle neccessità e problematiche proprie dei cittadini di un territorio omogeneo nelle sue specificità. Siamo naturalmente d’accordo sul metodo: pianificare e avere una strategia è sicuramente fondamentale per ottenere risultati qualificanti. Quello che, secondo noi, non è molto chiaro sono i contenuti, cioè pianificare che cosa per ottenere cosa? Nell’articolo si parla anche di "conurbazione" in quanto possibile strategia per il medio-lungo periodo, ebbene in merito avremmo qualcosa da dire, anzi, l’abbiamo già detto in un post di quache tempo fa’ dal titolo appunto "Di conurbazione vivremo o moriremo?!". Vi riproniamo, qui di seguito, il post nella speranza possiate leggerlo e, magari, dirci la vostra opinione per alimentare il dibattito su un tema così importante per tutti noi. Grazie per l’attenzione e cordialissimi saluti.

Gruppo di Resistenza Umana Verbania


La missiva è stata debitamente corredata, in allegato, dal nostro provocatorio post.
Poi.....incredibile! Finalmente abbiamo avuto il piacere della pubblicazione su Verbania 70 e addirittura di una risposta dal mondo degli addetti ai lavori! Ci eravamo ormai convinti di essere.....invisibili!
Sentitissimi ringraziamenti.

Riportiamo di seguito la risposta di Roberto Negroni e, in calce, le nostre ulteriori considerazioni.



Alla nota e al documento del GRUV a commento del mio scritto del 12 agosto penso di dovere una risposta, oltre, naturalmente, il ringraziamento per l’attenzione.
Innanzi tutto la nota, che pone una precisa richiesta:

"Quello che, secondo noi, non è molto chiaro sono i contenuti, cioè pianificare che cosa per ottenere cosa?".

 Provo a ricapitolare in sintesi.

Il percorso metodologico della pianificazione strategica, come il tram, viaggia su due binari: prevede che vengano inizialmente definiti e condivisi il come e il cosa, cioè i requisiti qualitativi che devono essere garantiti e le aree tematiche di interesse preminente dalle quali partire e poi sviluppare.

I primi sono ormai da tempo codificati dall’abbondante letteratura in materia. Li richiamo brevemente. Il processo pianificatorio …

· … deve avere carattere marcatamente partecipativo, deve cioè svilupparsi dal confronto paritario tra i soggetti pubblici e privati portatori di interesse, iniziativa e risorse rispetto alle aree tematiche in discussione che sono presenti nella società locale, al fine di produrre un piano di progetti largamente condivisi;
· … guarda al medio e lungo termine, non i problemi contingenti, è cioè strumento di promozione dello sviluppo generale delle comunità del territorio;
· … attiva progetti decisivi per la promozione delle aree tematiche investite, progetti che, diversamente da quanto solitamente avviene nella pubblica amministrazione, hanno quasi sempre portata trasversale, intercompartimentale;
· … guarda a bisogni che investono complessivamente la comunità o a sue parti di rilevanza decisiva per il benessere comune, non è strumento per interessi settoriali.

Le aree tematiche di interesse preminente, quelle cui pare più urgente mettere mano e perciò dalle quali partire, sono individuate dai decisori politici che hanno avviato e sostengono il percorso pianificatorio (nel nostro caso, i sindaci dei cinque Comuni promotori), sulla base di uno studio preliminare della situazione odierna che ha avuto come oggetto: gli assetti territoriali, il tessuto produttivo-occupazionale, il contesto sociale. Le aree tematiche strategiche individuate, dalle quali avviare il percorso con la convocazione di quattro Forum (altre poi dovranno seguire), sono:

· la ripresa dell’edilizia orientata al riuso e alla riqualificazione urbana,
· lo sviluppo produttivo-occupazionale nel settore della valorizzazione del riciclo dei rifiuti, · il welfare locale considerato nell’accezione estesa di benessere e qualità della vita,
· la ricerca dei fattori idonei a produrre un riposizionamento competitivo dell’intera area.
L’insieme costituito dai due binari, il come e il cosa, è ciò che all’avvio della fase operativa del processo rappresenta "i contenuti", che hanno necessariamente un carattere generale, in quanto una maggiore specificazione e messa a fuoco potrà venire, soprattutto per quanto riguarda il cosa, dalle decisioni e dalle scelte che scaturiranno dal confronto nei Forum. Quanto poi alle difficoltà di avviare e, più ancora, di condurre e, più ancora, di attuare un processo di Pia.Stra., non mi ripeto, ma, avendone una qualche conoscenza, credo sia uno dei pochi strumenti oggi rimasti nella cassetta degli attrezzi soprattutto di chi vuol provare a cavare dallo stagno territori prostrati come i nostri. Quindi è una sfida che va accettata. La vera presa per i fondelli sarebbe strumentalizzarla, lasciarla piegare ad interessi particolari. Quindi, occhi aperti.


Passando ad altro, e concludendo, io non parlo "di conurbazione in quanto possibile strategia per il medio-lungo periodo". La conurbazione (cioè un tessuto urbano allargato e policentrico) non è una strategia, ma un dato di fatto, c’è già, non è una meta alla quale anelare o un pericolo da scansare; più precisamente, ci sono già sia la conurbazione che chiamiamo Verbania, che quella sviluppatasi sull’asse Verbania-Omegna (altra cosa è l’espansione urbana, che fagocita aree verdi e frazioni, ma non produce policentrismo). Intendiamoci, quelle di cui parliamo sono piccole conurbazioni, commisurate ai nostri piccoli abitati e ai nostri ristretti territori, ma tali sono. Poi ciascuno può esprimere le valutazioni che ritiene opportune sul processo che le ha generate, sui costi, le nefandezze, sugli errori che hanno inevitabilmente costellato settant’anni di amministrazioni repubblicane; ciascuno può compilare un suo personale cahier de doléances, per quanto si è dilapidato e perso (personalmente, molto condivido del vostro).
Ciò che però oggi mi pare utile è andare oltre l’invettiva e lo sconforto apocalittico che inchiodano ad un paradiso perduto dai contorni reali sempre più sfumati, che maledicono il presente e negano il futuro. Ciò che mi pare necessario è la rilettura di quel lungo percorso, travagliato complesso e tutt’altro che lineare, in una chiave autenticamente storica che ne permetta la piena comprensione, e, quel che più conta, è non smettere di sforzarsi di capire come governare ciò che quel percorso ha lasciato sul tavolo: la realtà odierna. Come muoversi verso il domani, cercando di evitare gli errori e i guasti del passato: come fare argine a logiche di rapina, all’appropriazione indebita di ciò che è bene comune, al prevalere di bassi interessi di cortile, di campanile, di bottega. Come lasciare senza troppe colpe e rimpianti questo angolo di mondo che ci è capitato in sorte alle nuove generazioni.



Carissimo Negroni,

grazie per le ulteriori precisazioni ma la questione è (ci sembra) un’altra.
Forse le è sfuggito il fatto che il passaggio dal quale lei ha preso spunto voleva essere più che interlocutorio....provocatorio. Ma la colpa è nostra. Forse avremmo dovuto formularlo così: "Pianificazione? Per pianificare che cosa? Di grazia!" Ma siamo ragazzi, purtroppo, decisamente "a modo" e temevamo di risultare offensivi. Ci riproviamo ora.
Dicevamo che, a nostro parere, la questione è un’altra. Quale? A parte il fatto che "pianificazione" è un termine un tantino infelice, a nostro avviso, in quanto suggerisce una sorta di "appiattimento" ed evoca la burocratica pianificazione centrale di triste memoria sovietica. Ci sarebbe piaciuto di più "Progettazione". Anch’ esso, tuttavia, decisamente inflazionato. Ma lasciamo perdere.

Nel multiforme e poco simpatico, autentico caos nel quale viviamo come non essere d’accordo sulla necessità di un minimo di pianificazione? Come non essere d’accordo sul fatto che la pianificazione deve essere di respiro strategico, condivisa, partecipata, in grado di esprimere istanze cittadine, ricca di contenuti qualificanti, che sappia dotarsi di idonei strumenti di elaborazione e di attuazione, che assolutamente non si pieghi ad interessi particolari e tantomeno di bottega, ecc. ecc. ecc. ecc. Come non essere pienamente d’accordo su tutto questo? E tanto altro di bello, di buono e di intelligente. Se fossimo nati ieri e non avessimo alle spalle almeno mezzo secolo di cocenti delusioni saremmo i primi a sottoscrivere entusiasticamente il tutto. Ma così, purtroppo, non è..
Allora la questione, come accennavamo, è (ci sembra) un’altra. Tutte queste sono parole. Belle. Ma quanto credibili? Allo stato attuale delle cose e dopo circa mezzo secolo di cocenti delusioni ci assumiamo la responsabilità storica di dichiarare pubblicamente che queste parole, sacrosante, belle e intelligenti non sono credibili. E non sono credibili per tre ordini di ragioni. Una di carattere soggettivo (chi le pronuncia) e l’altra di carattere oggettivo (il contesto, locale e generale, nel quale vengono pronunciate). E la terza di metodo. Che passiamo brevemente ad illustrare.

1. Chi le pronuncia
Sono parole che vengono dalla sfera "politica". Le virgolette sono d’obbligo. Politica. Bella e nobile parola. Arte del possibile; "politica" tristissima e tragica fine di un nobilissimo concetto. Nella realtà locale i fatti della "politica" hanno parlato, e parlano tuttora, un linguaggio completamente diverso, per non dire opposto, a quello delle belle e sacrosante parole. Qualche prova.

Verbania: magnifico posto? Si. Quello che sta "fuori". Dentro: brutta e poco vivibile cittadina frutto di uno scriteriato e sregolato processo conurbativo durato mezzo secolo. E tutt’ora in corso. Si vada a vedere da vicino. Chi doveva regolare che cosa ha regolato di grazia? Lei non parla di conurbazione dei laghi quale possibilità di sviluppo economico futuro, ma altri "politici" si. Si può seriamente credere che chiamando la "Conurbazione" "Piano Strategico della Città dei Laghi" si tratterà di qualcosa di radicalmente diverso dalla Speculazione Edilizia che ha divorato, e sta divorando, come un cancro il territorio? Questo in generale.

Poi solo alcuni delle centinaia di particolari che si potrebbero addurre quali prove a carico. Andiamo a caso. Parco Tecnologico: un prestigioso monumento di architettura contempornea...... all’inutile. Agenda 21: una formidabile occasione di vera democrazia partecipativa e di elaborazione progettuale di carattere strategico per il nostro futuro, addirittura per il secolo XXI, finita.......in un cassetto del Palazzo. Un bellissimo progetto di ristrutturazione complessiva dei Trsporti Pubblici VCO commissionato una decina di anni orsono alllo studio zurighese IBV da parte dalla Provincia finito.........in un cassetto del Parco Tecnologico. E poi il suo collega Zanotti dice che il Movicentro può ancora essere sottratto alle sterpaglie. Lungolago di qualità paesaggistico-culturale: bellissima idea. Peccato che l’unica cosa fatta finora sia stata la distruzione di quello di Pallanza. Tanto che l’unico sentimento che proviamo camminandoci oggi è lo sconsolato rimpianto per come era prima. Chi se lo ricorda. Una analoga distruzione di Piazza S. Giuseppe a Pallanza sventata per un soffio grazie al decisivo e costruttivo controprogetto veramente conservativo da parte del Comitato di Quartiere. E ora si ri-parla di riuso e conservazione! Moncherini di piste ciclabili senza capo nè coda gabellate per anni dall’Assessore Rolla per primi spezzoni di una rete organica di mobilità ciclistica cittadina. Il traffico automobilistico resta alle stelle e di piu. Bene. Accompagniamo i bambini a scuola........in automobile.
Oppure furbe operazion-spot come "Liberobus" spacciate per promozione del servizio di Trasporto Pubblico in città. Monte Rosso: ottime parole di conservazione e riuso naturalitico-culturalrural-turistico. Chi , quando e perchè ha consentito che il Monte Rosso venisse per un buon terzo divorato da una orribile pustolosi edilizia e per gli altri due terzi abbandonato al caos di un bosco ex ceduo abbandonato? Riuso e riqualificazione dell’esistente. Perfetto. Chi ha messo in piedi e perchè, bocciando un modesto, sano, onesto, economico riuso conservativo del Sociale di Pallanza, la immensa grana del mega-Teatro, poi diventato super-mega-CEM? Salvaguardia del paesaggio. Bellissimo. Chi ha consentito e perchè che gli amanti del verde divorassero il collinare, boscoso, circondario con una cancerogena proliferazione  di prime seconde e terze villette? Porto Turistico: chi e perchè lo ha pensato "galleggiante" e in un posto battuto dal Marenco e lo ripensa tuttora "galleggiante" e nello stesso posto? Qualità della vita e salute. Perfetto. Chi e perchè rema contro i Centri Territoriali di Cura Primaria che risolverebbero alla radice gli irrisolvibili problemi -DEA o non DEA compreso-. nei quali si dibatte inutilmente la Pubblica Sanità e i cittadini con essa? Chi e perchè ha venduto le proprietà comunali dell’ex macello di Suna e dell’ex asilo di Viale Azari in Pallanza a privati per realizzare grandiose speculazioni edilizie a saturare di brutto tutto il saturabile? Raccolta differenziata dei rifiuti porta a porta: una delle poche cose veramente migliorative che abbiamo visto sotto i nostri cieli; ma ci piacerebbe sapere se e come funziona il riutilizzo effettivo dei rifiuti differenziati in casa. Forse qualche problema c’è stato e c’è. In che termini? Perchè? E per chiudere la veloce carrellata gli splendidi canfori del porticciolo di Pallanza e di Piazza Gramsci, sempre a Pallanza, salvati in extremis, a furor di popolo, dalle esigenze di abbattimento sostenute dal Palazzo, naturalmente per "ragioni di sicurezza" e di........ riqualificazione urbana.

E via di questo passo.

Non si tratta, come dice Lei , di "cahier de doléances". Molto più lungo, completo e documentato potrebbe, e dovrebbe, essere. Si tratta semplicemente di qualche esempio a caso tra quelli dei quali siamo a conoscenza e visibili a tutti, per far capire la differenza tra belle parole -gia più volte sentite- e fatti. Per far capire il perchè le bellissime parole che vengono dalla "politica", allo stato attuale dei fatti medesimi. non sono credibili.. Questo è (ci sembra,) il vero problema del quale dovremmo preliminarmente discutere. Altrimenti, se facciamo finta di niente restiamo, volutamente sosteniamo noi, nel campo dell’aria fritta e della presa per i fondelli,. Ci perdoni l’ardire.

2. Il contesto, locale e generale, nel quale vengono pronunciate.
Locale
Possiamo tranquillamente affermare che il comprensorio nel quale si vorrebbe "pianificare" è un territorio degradato. E, si badi bene, non solo e non tanto per la drammatica crisi occupazionale che lo ha investito da almeno un trentennio, ma anche e soprattutto per il drammatico degrado dal punto di vista ambientale e paesaggistico. Non vi è angolo dove l’essere "umano" abbia messo piede da mezzo secolo a questa parte, nel quale non si leggano con chiarezza i segni della devastazione e del brutto. Persino nell’alta Ossola con la massiva, scriteriata cavazione della pietra. Economia! Sviluppo! Lavoro! Posti di lavoro! Che cosa può mai significare pianificare in una situazione del genere come se potessimo partire da zero cascando dal pero? Come se pianificare, in una situazione del genere, fosse possibile! Ancora Verbania che conosciamo discretamente.
Che cosa può mai significare, per esempio, "ripresa dell’edilizia orientata al riuso e alla riqualificazione urbana" in una cittadina dove di spazio non ce n’è più e l’unica cosa da fare sarebbe un piano di demolizione di parte delle ineffabili brutture edilizie che la hanno totalmente soffocata per creare un minimo di spazi verdi e vivibili? Tra di loro collegati da percorsi verdi che permettano a bambini e famiglie di vivere la città a piedi o in bicicletta. Questa sì sarebbe riqualificazione urbana!
Oppure. Cosa potrà mai voler dire un timido "sviluppo produttivo-occupazionale nel settore della valorizzazione del riciclo dei rifiuti" quando avremmo bisogno di un Grande Piano Economico Collettivo Locale per un utilizzo locale di risorse locali? Come, per esempio "Acquacoltura Estensiva Lago Maggiore ( si veda il nostro post " Manca lavoro??" agosto 2013).
Oppure ancora. Cosa mai potrà voler dire "il welfare locale considerato nell’accezione estesa di benessere e qualità della vita" in una cittadina letteralmente soffocata dal quintetto cemento-asfalto-traffico in perenne andirivieni-auto in sosta su suolo pubblico-brutture edilizie?
E per concludere. Cosa mai potrà voler dire "la ricerca dei fattori idonei a produrre un riposizionamento competitivo dell’intera area" se non una. ingenua e mal riposta fiducia in improbabili sorti di tipo neo-sviluppista?

Generale
Facciamo finta di non sapere, o forse non sappiamo, che viviamo in un ben preciso Sistema Storico con nome e cognome Si chiama Libera Economia di Mercato Capitalistica. La caratteristica fondante di essa/o è la ricerca del maggior profitto possibile nel minor tempo possibile per gli investitori di capitali. Al principio fondante tutto il resto, "politica" compresa, si deve inchinare. In un Sistema Storico del genere, se non partiamo dalla fortissima denuncia di questo increscioso, devastante dato di fatto, che cosa potremo mai fare se non fare finta di pianificare? In questo senso andava il nostro "Pianificare? Che cosa, di grazia!"

3. Il metodo
Si può credere seriamente che qualche "stakeholder" (!?) (portatore di interesse) ad hoc, convocato alla bellemeglio in qualche estemporaneo convegno -o forum- ad hoc, possano essere gabellate per istanze territoriali di base? Ma la tragicomica fine di quel grande esperimento di vera democrazia partecipativa e di elaborazione di contenuti "dal basso" che avrebbe dovuto essere "Agenda 21" non ha insegnato niente a nessuno?
 
Concludendo
Se le cose stanno pressapoco come abbiamo cercato di dire allora l’esito della ennesima velleità "pianificatoria" è, a nostro parere, scontato in partenza. Nella peggiore delle ipotesi un nulla di fatto che andra ad alimentare la già straripante cassettiera di Palazzo, rigonfia di magnifiche parole che sono rimaste tali. Nella migliore una sorta di neo."sviluppinno" che lascerà il tempo che trova.
Ma ce n’è un’altrra ancora peggiore e che lei stesso, giustamente, paventa quando dice "occhi aperti" E forse è la più probabile. Che il tutto si risolva in interessi di parte, di cortile, di campanile e/o di bottega, Seppure a vario livello e/o titolo. Tanto per cambiare. In ogni caso una perdita secca per la collettività.

Non ci semmbra proprio di pronunciare invettive o di essere portatori di sconforto apocalittico o ancora di essere inchiodati al passato e di maledire il presente. Ci sembra semplicemente di condurre una analisi pertinente e motivata senza partire dalla quale -è nostra convinzione- niente di bello e di buono potrà essere fatto in futuro. E siamo perfettamente d’accordo sulla sua pregnante chiusura che facciamo nostra: "Come lasciare senza troppe colpe e rimpianti questo angolo di mondo che ci è capitato in sorte alle nuove generazioni?"


E allora, ci dirà giustamente Lei insieme ai lettori che ci seguono, che fare?
Questo potrebbe essere il costruttivo argomento di un prossimo capitolo. Se lei avrà la voglia ed il tempo di continuare l’interessante (almeno per noi) dialogo.

Ringraziandola nuovamente per l’attenzione le porgiamo i nostri più cordiali saluti



Verbania settembre 2015
Resistenza Umana



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giovedì 3 settembre 2015

Sistema Storico?


Precisazioni


L’intervento di Avvocato del Diavolo e la nostra risposta
 
Un affezionato ed attento lettore che si firma "Avvocato del Diavolo" ci ha fatto pervenire questa mail debitamente corredata da autorizzazione a pubblicare:

"Ho letto con interesse ed attenzione il recente post "Fare soldi e....agire razionalmente". In più passaggi compare il termine "Sistema Storico". Forse per voi il significato della parola è scontato. Ma per me no. Quindi vi chiederei se potete chiarirmelo. Per esempio da quel che io intendo per "sistema" ne immagino un insieme di parti integrate tra loro, che esistono in quanto trovano un equilibrio interno in relazione ad altri sistemi confinanti (e cosi via), se l’equilibrio viene a mancare il sistema non viene distrutto ma i suoi elementi vanno ad integrarsi nuovamente in un diverso ordine sistemico (ricordate la 2^ legge della termodinamica: nulla si crea e nulla si distrugge, ma tutto si trasforma....?) i cosidetti ecosistemi mi sembra funzionino cosi e penso anche noi esseri umani. Voglio dire che a volte mi sembra voi usiate termini che fanno pensare ad una" fine del mondo", una distruzione totale del passato e l’avvento di una nuova era...a prescindere da tutto, non so se è veramente questo che intendete ma, se è cosi’, non credo succederà. L’uomo non puo’ creare dal nulla ma solo a partire dalla materia che ha a disposizione (intendendo per materia anche quella celebrale)".


Carissimo Avvocato del Diavolo,
Grazie innanzitutto per l’interessante intervento che ci offre la possibilità di chiarire meglio il nostro pernsiero.
Per noi l’uso del termine "Sistema Storico" è un modo un po’ meno generico di chiamare la "Società" nella quale viviamo. Ci sembrava che dal post in questione risultasse abbastanza chiaro. ma evidentemente così non è. Proviamo allora ad articolare ulteriormente ed a precisare.
Il termine "Sistema" vorrebbe significare la complessità di una "mega-organismo" (la società moderna) costituita da un complesso insieme di "parti", economica, sociale, politica, culturale, tecnologica e persino filosofica, che interagendo le une con le altre determinano concretissimi risultati pratici nella vita quotidiana, e non, delle singole persone.
Il termine "Storico" vorrebbe significare la storicità dell' organismo-sistema o società.
Nel senso che non si tratta di opera della natura ma di opera prettamente umana. Quindi storica. Quindi non data una volta e per sempre. Quindi teoricamente e praticamente modificabile. Meglio: sostituibile.
Sarebbe bene, a nostro parere, che le persone si abituassero a vedere in questo modo la "Società" nella quale viviamo. Non viviamo nella Realtà, come molti credono, ma in una realtà. Una realtà storica fatta dagli uomini. Sarebbe bene, secondo noi che in molti comprendessimo quando è stata fatta, da quali uomini, per quali scopi, come funziona e perchè non funziona. Come abbiamo cercato di argomentare nel post questo Sistema Storico, del quale abbiamo fornito persino una sorta di carta di identità (vedi in questo post), non ha e non può avere futuro. Per la "semplice" ragione che fondandosi su principi irrazionali quali quello della crescita perpetua ed infinita e per di più finalizzata al profitto dei privati produttori, non può fare altro che creare più problemi di quanti non ne riesca a risolvere. Non si tratta di misticismi tipo fine del mondo ma della questione concreta e pratica che creando più problemi di quanti non si riesca a risolverne andiamo inevitabilmente di male in peggio e di peggio in malissimo. Questa la natura del processo. Al di là dei lustrini e degli specchietti per allodole.
Allora bisognerà, prima che poi (meglio prima che poi), se vogliamo evitare la catastrofe ampiamente annunciata dai fatti, porsi il problema di sostituire questo Sistema Storico con un’altro Sistema Storico diverso da questo. Basato su altri principi davvero razionali che rimettano al loro razionale posto mezzi e fini. Molte cose di questo Sistema Storico andranno buttate. Molte altre, recuperabili, potranno essere recuperate con le dovute modifiche. Altre ancora dovranno essere inventate di sana pianta.
Per quanto riguarda poi il parallelo da lei evidenziato tra le leggi della termodinamica e le dinamiche storico-sociali, la sua tesi ci sembra un poco azzardata. Se è vero, come è vero, che nel mondo fisico nulla si crea e nulla si distrugge ma tutto si trasforma, ci sembra che ben due secoli e passa di messa alla prova storica del Sistema nel quale viviamo abbiano ampiamente dimostrato che all’interno di esso troppo si fa, poco si crea, molto si distrugge e nulla si trasforma.
Nella speranza di avere chiarito meglio e restando a sua completa disposizione per la continuazione del dialogo la ringraziamo e la salutiamo cordialissimamente
 
Resistenza Umana



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venerdì 31 luglio 2015

CEM.........c'è!


Hei ragazzi, non so se avete notato che da qualche tempo il vostro romantico eroe tace . Il fatto è che sono stato impegnatissimo in una serie di "peregrinazioni" in lungo ed in largo, rigorosamente a piedi, per la nostra amata cittadina. Scopo: documentarmi di persona e visivamente sullo stato di "avanzamento" della "conurbazione" locale. Per quella infra-regionale, o dei laghi, siamo in trepidante attesa dei piani strategici targati Zanotti/Partito Democratico. Ma non divaghiamo vivaddio! Sarò passato almeno una cinquantina di volte sul ponte che scavalca il S.Bernardino vicino al lago. E tutte le volte sono stato preso da una strana senzsazione. Come di un leggero crampo allo stomaco. Stupore? Incredulità? Ammirazione? Indigestione? O altro? Sta di fatto che dopo qualche minuto di attonita contemplazione, ritornando in me stesso, mi sono ritrovato con la mascella inferiore a penzoloni. Insomma, per farla breve, con la bocca aperta. Potete aiutarmi a capire la causa di questa strana reazione psico-somatica? Ringraziandovi anticipatamente per l’aiuto che non mancherete certamente di darmi vi saluto cordialissimamente
Zorro.



Carissimo Zorro,
infiniti ringraziamenti per la preziosa e fattiva collaborazione. Senza di te saremmo letteralmente "persi". Ma veniamo a noi.
Non sappiamo se nel frattempo è stato trovato un nome più poetico per l’imponente complesso archi-scultoreo che sta sorgendo all’estuario del torrente S.Bernardino. Come te siamo dei tagliati fuori nel senso più completo del termine e a tutti gli effetti. Pertanto, almeno per il momento, continueremo ad adoperare il prosaico acronimo di CEM. Centro Eventi Multifunzionale. La cosa certa è che l’opera, pressochè ultimata almeno per la parte esterna, può oggi essere ammirata in tutta la sua im-ponenza.
La visione che si para oggi davanti ai nostri attoniti occhi conferma punto per punto, a nostro modesto parere, l’analisi che facemmo nel precedente post pubblicato venerdi 12 dicembre 2014 (vedi)
Im-ponenza fa rima con sup-ponenza. che, prese insieme, quasi sempre configurano una situazione di im-potenza. Come vorremmo sbagliarci! Sulla im-ponenza e sulla sup-ponenza non ci sono dubbi. Basta guardare. Sulla im-potenza staremo a vedere. Prontissimi, se del caso, a ritrattare. Quello che è certo è che per trasformare una brutta edilizia in una strabiliante archi-scultura il grande Arroyo ha escogitato un improbabile sistema di rivestimento ligneo-titanico che presenta almeno tre caratteristiche, a nostro modesto parere, discutibili.
1.
Rivestire una brutta edilizia in cemento armato per farla sembrare un piccolo agglomerato di enormi ciottoli di torrente è opera, a nostro modesto -forse antiquato- parere, anti-architettonica da una parte e pseudo-scultorea dall’altra. Finendo per essere nè scultura nè, tantomeno, architettura. Che la si contempli dall’esterno o che la si fruisca standoci dentro non ci si potrà mai sottrarre, sempre a nostro modesto parere, alla sgradevole sensazione di "falso-ibrido" che essa inevitabilmente comunica.
2.
Lo spazio interno fruibile, ad un primo esame puramente visivo, rappresenta circa la metà, o poco più, del volume complessivo dell’opera. Una quntità enorme di spazio sprecato se considerate le dimensioni esterne attuali. O, viceversa, la dimensione esterna avrebbe potuto essere decisamente meno impattante, più piccola, con una vera architettura nella quale non ci fosse stato bisogno di un rivestimento esterno per farla sembrare quello che non è. Ma come è noto l’esteriorità spettacolare è diventata, in questi tempi di profonda involuzione riguardo ai contenuti, un obbligo. E ad essa tutto può e deve essere sacrificato.
3.
Chi, come noi, ha seguito da vicino le fasi della lavorazione può rendersi conto della quantità enorme di materiali e lavoro umano che sono stati necessari alla realizzazione del rivestimento esterno. Costi assoluti e relativi spaventosi. Per apparire più che per essere. E’ corretto? Ne vale la pena? E ancora, sono stati previsti gli enormi costi di manutenzione per la conservazione nel tempo di una opera lignea (abete a quanto ci è dato vedere) di tale -imponente- fragilità?

Nella gremitissima assemblea cittadina di febbraio tenutasi a Villa Giulia sotto l’intelligente e benaugurante slogan "CEM: da problema a risorsa" gli attuali Amministratori ci hanno assicurato che faranno di tutto e di più per trasformare un enorme gruppo di ciottoli -al piede- , frutto delle due passate Amministrazioni (Zanotti prima e Zacchera poi), in un prestigioso centro di iniziative culturali a largo spettro. CEM....c’è. Che ci piaccia o no. E allora tanto vale darsi da fare per farlo.....essere. Volontà più che apprezzabile. Quello che non ci torna è stata l’assenza del benchè minimo accenno di critica, non tanto al CEM che ormai c’è, ma al discutibilissimo metodo seguito per arrivarci. E non tanto, si badi bene, per rinvangare inutilmente un triste passato, ma per evitare che simili operazioni possano mai ripetersi in futuro.

E qui almeno altre due considerazioni, a nostro parere, si impongono.
1.
Prima che i cinema di Verbania chiudessero definitivamente i battenti anche grazie all’assurda politica delle "multisala", disponevamo di ben tre spazi utilizzabili per fare teatro.
Il cinema VIP ex Impero a Intra
. Sala di considerevole capienza ma irrimediabilmente lunga e stretta. Questa sua caratteristica spaziale se poteva andare bene per proiezioni cinematografiche la rendeva abbastanza poco adatta a rappresentazioni teatrali. Che, purtuttavia, si sono susseguite per decenni.

Quale l’utilizzo previsto per il VIP ex Impero? Appartamenti?
Il cinema Sociale accanto al VIP.
Sala di considerevole capienza. A differenza della precedente larga e corta, con pubblico disposto su "cavea" ad arco di cerchio ed in forte pendenza. Le tre cose insieme avrebbero consentito una ottima fruizione di eventuali spettacoli teatrali, sia sotto il profilo visivo che sotto quello acustico. Il tutto è stato trasformato in negozi (ex biglietteria-ingresso) ed in appartamenti (sala vera e propria). Perchè?
Il cinema Sociale di Pallanza.
Sala un poco più piccola delle precedenti trasformata poi in doppia sala, avrebbe consentito e consentirebbe, magari con qualche opportuna modifica, una ottimale utilizzazione sia per spettacoli teatrali, sia quale polo per eventi culturali di vario tipo e natura. Insomma un piccolo CEM commisurato alle effettive esigenze di Verbania e del circondario, a impatto visivo zero e a costi praticamente irrisori. Che siano state proprio queste caratteristiche a far scattare nella sfera "politica" il riflesso del rifiuto? Nonostante e contro petizioni popolari favorevoli? Che fine è prevista per il Sociale di Pallanza? Appartamenti?
2.
Teatro e cultura sono una, non buona, ma ottima cosa. Ma dovremmo renderci conto che gli edifici che li ospitano son cose relativamente poco importanti: E che non ci dovrebbe essere bisogno di costruirne di nuovi ed im-ponenti soprattutto nel caso in cui essi esistono già. Estremamente funzionali, come nel nostro caso. Per fare buon teatro è necessario niente di più e niente di meno che....buon teatro. L’imponenza dell’edificio che lo ospita non può che essere disturbante rispetto a ciò che sul palcoscenico avviene. E se il palcoscenico non si vede nemmeno tanto meglio per il buon teatro. Dimostrazione: la trentennale ottima rassegna teatrale "Lampi sul loggione" ospitata dall’adattissimo e modesto spazio del Centro Incontro di S.Anna.
E lo stesso identico discorso vale per gli eventi culturali in senso più ampio. E’ questione, prima di ogni altra cosa, di CONTENUTI.

Potremmo sapere dai nostri illustri Amministratori trapassati, passati e presenti il PERCHE’ non si è seguita in questa ingarbugliata, costosissima, dubbia vicenda, la linea del riutilizzo dell’esistente?

Insomma, per concludere degnamente, carissimo Zorro, i tuoi crampi allo stomaco ci sembrano più che motivati. Comunque siamo del parere che, anche se sei uomo d’azione, un po’ di dieta, forse, male non ti farebbe.

Sarebbe interessante sapere che cosa ne pensano in proposito i nostri affezionati ed attenti lettori. Non tanto sulla opportunità della tua dieta quanto sul fatto che "CEM........c’è"!
Che ne dici?
In ogni caso cordialissimi saluti, sentitissimi ringraziamenti ed augurissimi di buone, fruttuose, ulteriori peregrinazioni. Tienici informati.




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