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martedì 25 novembre 2014

Auto-mobile è potente e grintoso

ovvero
sulla non neutralità della tecnologia tecnica.



Cari amici di Resistenza Umana,
tra gli interessantissimi post che avete pubblicato da circa un anno a questa parte mi ha profondamente colpito quello nel quale sostenete, giustamente, che la tecnologia è tutt’altro che neutrale e che le cose, avendo un’anima, vogliono essere adoperate in un determinato modo ad essa conforme. Dicevate infatti tra l’altro: "ve la immaginate un automobile potente e grintosa adoperata con serena, rilassata, dolce lentezza?". Pochi giorni orsono mentre buttavo via quintali di appunti cartacei maniacalmente accumulati per una cinquantina d’anni in ogni angolo del microappartamento nel quale vivo, mi è capitato in mano per puro caso il testo che vi allego risalente al lontanissimo 2003. L’esperienza ben concreta in esso raccontata suffraga pienamente la vostra tesi. Mi pare. Cosa ne dite? Grazie per l’attenzione e cordialissimi saluti.
Cicloviaggiatore Solitario



Più che volentieri pubblichiamo il resoconto di un episodio che dimostra quanto la tecnologia tecnica plasmi a propria immagine e somiglianza il modo di essere dell’uomo. MA........
Infiniti ringraziamenti a Cicloviaggiatore Solitario.



15 agosto 2003 ore 10.15. In bicicletta ho appena superato il passo svizzero di Lucomagno (m. 1916 s.l.m.) che mette in comunicazione le valli Blennio sul versante ticinese e Medel su quello grigionese. La lunga salita che incomincia nei pressi di Biasca mi ha impegnato per tutta la giornata del 14, vigilia di Ferragosto. Dopo il pernottamento in tendina nei pressi del valico sto affrontando la lunghissima discesa che mi porterà nella bella microcittadina alpina di Disentis-Muster in Val Surselva.
Sono appena partito e mi trovo ancora a ridosso del valico nell’ampio e verdissimo vallone che ne discende. Nessun albero, pascoli infiniti con, sullo sfondo, imponenti montagne chiazzate di nevi perenni. Una meravigliosa giornata di sole sfolgorante, l’aria tersa come cristallo, cielo azzurro carico. Una di quelle giornate nelle quali tutto vibra all’unisono e ti sembra di poter toccare montagne lontanissime semplicemente allungando un braccio. Dopo la faticosa salita di ieri, il piacere della discesa è enorme. Traffico zero. Silenzio assoluto. Carreggiata tutta per me. Mi lascio scivolare senza sforzo verso valle, libero di guardarmi intorno e controllando ad intervalli traiettoria e velocità. Dopo pochi minuti di discesa mi trovo nei pressi di una galleria. Non si tratta di una galleria vera e propria ma di uno di quei manufatti artificiali a ricopertura di un tratto di carreggiata che i previdenti svizzeri sono soliti realizzare nei tratti più esposti al pericolo di valanghe. Il paravalanghe è lungo circa trecento metri e totalmente privo di illuminazione artificiale.
Nel vallone erboso, alla mia altezza , stanno scendendo al piccolo trotto, esuberanti, scalpitanti e felici, una quindicina di magnifiche vacche bruno alpine. Quattordici scelgono saggiamente di restare sul terreno erboso a loro congeniale. Una sola , per chissà quali bovini ragionamenti, si distacca dalla piccola mandria e punta con decisione in direzione della carreggiata a monte del paravalanghe. Ci infiliamo in galleria praticamente insieme.
La vacca non si cura minimamente del pericolo al quale si espone. Mi paro dinnanzi a lei e, con tutti i mezzi che riesco sul momento ad inventare, cerco di dissuaderla dal proseguire in galleria. Non c’è niente da fare. La strada è per il momento deserta, il silenzio assoluto. Due meravigliose corna aguzze adornano la sua grossa testa. Si è fermata e mi fissa con insistenza. Non posso fare altro che lasciarla proseguire. Mi riavvio in discesa, seguito dal festoso scampanio della vacca trotterellante, amplificato dal chiuso e buio ambiente. Rassegnato, acquisto velocità e mi separo dall’animale. Esco dalla galleria. Strada ancora deserta, silenzio assoluto. Speriamo che duri ancora un po’. Purtroppo non dura. Prima un ronzio quasi impercettibile e un puntolino scuro lontanissimo a fondovalle. In pochi secondi il puntolino è diventato un’automobile decappottabile nera di grossissima cilindrata, forse BMW, che, con una marcia molto bassa sta letteralmente divorando gli ultimi chilometri di salita che conducono al passo. La strada è rettilinea e consente massima potenza e velocità. Il motore letteralmente ruggisce. Mi sembra addirittura di avvertire il leggero stridio delle gomme che mordono la ripida carreggiata in calcestruzzo. La vacca è ancora nella galleria alle mie spalle. Mi porto con la bici verso il centro strada. L’ auto mi viene incontro a tutta velocità senza mollare minimamente la grinta. Ci incrociamo sfiorandoci, mentre io con la mano sinistra faccio ampi ed inequivocabili segni per indurli a rallentare. E’ questione di attimi e non c’è tempo per pacate e dettagliate spiegazioni. La vacca continua ad essere in galleria.
Nella vettura decappottabile una coppia, non saprei dire se di due maschi o di maschio e femmina. Quello che è sicuro è che al volante c’è un maschio. Entrambi attrezzatissimi e bardati di tutto punto. Ricordo i vistosi occhialoni e le cuffie bianchissime. Mi guardano distrattamente con un’aria tra l’attonito e l’annoiato come dire: "Ma che cavolo vorrà questo qui???". Nel frattempo, senza minimamente mollare la grinta si infilano in galleria. Prego per la vacca più che per gli automobilisti, lo confesso. Mi prendo la testa tra le mani e aspetto. In poche frazioni di secondo, quasi in contemporanea, sento che mollano finalmente la grinta ma ormai è troppo tardi. Poi il sinistro stridio di un tentativo di frenata. Poi un tremendo botto, tipico di quando le lamiere si accartocciano. Un attimo di silenzio totale. Penso: " E’ fatta, povera bestia!". Poi, a sorpresa, una serie di muggiti di protesta e la vacca che corre fuori dalla galleria, miracolosamente intatta e scampanante. I possenti muggiti continuano per un bel pezzo, mentre si affretta a riguadagnare gli immensi e più sicuri pascoli sulla sinistra. Evidentemente sta facendo una serie di bovine considerazioni sull’accaduto.

Chissà se i due grintosi automobilisti avranno fatto altrettanto??
 
 
 
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