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venerdì 12 dicembre 2014

Centro Eventi Multifunzionale Arroyo 2

    
ovvero

L'insostenibile pesantezza dell'apparire.




Hei ragazzi, finalmente il manufatto è lì da vedere in tutta la sua imponenza! Va be’ che non è ancora finito........è da un po’ che manco dalla mia Verbania, ieri l’altro mi stavo recando lemme lemme a piedi da Pallanza ad Intra lungo la ciclabile quando all’improvviso............parlapà..... corbezzoli..........controberzoccoli.........sono rimasto praticamente senza fiato e con la mascella penzoloni. Poi gradualmente mi è preso come un blocco digestivo tipo chiodo nello stomaco.........perbacco l’imponenza sicuramente c’è, non manca prorio per nulla.......eppure.....c’è qualcosa che non mi convince, come una sensazione che mi prende l’apparato digerente........cosa diavolo potrà mai essere? E poi perchè diavolo? Dopo tutto l’aspettare questa meravigliosa opera di architettura postmoderna. Come si spiega la faccenda? E poi. Ma come diavolo faranno quegli imponenti muraglioni di cemento armato perfettamente squadrati a prendere la forma dei gigantesci, tondeggianti, immensi ciottoloni da fiume rappresentati nel cartellone??



Carissimo Zorro,
appena ricevuta la tua mail ci siamo precipitati sul posto.

Proponiamo ai nostri lettori un esperimento di tipo puramente visivo che possa accertare, confermare o smentire la reazione assolutamente istintiva del nostro impagabile eroe. Recatevi, rigorosamente a piedi, nei pressi dell’imponente manufatto. Il parco di villa Maioni va benissimo. Poi, fuori dal parco verso lago sulla spiaggetta libera miracolosamente in salvo. Poi lungo il sentiero esterno che costeggia il muro di cinta della villa ed infine salite sulla statale dalla quale è possibile abbracciare in un unico sguardo il parco della biblioteca, villa Maioni e l’imponente nuovo manufatto. Osservate bene e diteci quale è la vostra reazione puramente istintiva. La nostra è stata terribilmente simile -non poteva evidentemente essere altrimenti- a quella del nostro romantico eroe. Ci sentiamo di affermare, salvo smentita tramite verdetto popolare, che Arroyo, ancorchè brillante architetto postmoderno, forse de-costruttivista, deve aver sbagliato qualcosa. Sia ben chiaro. Non abbiamo alcun elemento per affermarlo se non la comunissima, normale percezione puramente visiva a disposizione di chiunque. Può essere che Verbania avesse bisogno di una imponente opera per ospitare un teatro che poi, come se non bastasse il teatro, è diventato ancora di più. Addirittura un Centro Eventi Multifunzionale. Può darsi. Non vogliamo nè possiamo, per ora, entrare nel merito di questo aspetto tecnico-funzional-culturale della faccenda. Ci limitamo a qualche considerazione di ordine squisitamente visivo-formale. Dalla quale non è detto che non si possa inferire qualche ipotesi sul piano dell’utilizzo del manufatto e della sua "misura" anche in questo senso. Secondo noi, e ci assumiamo la piena, completa ed esclusiva responsabilità della affermazione, il buon Arroyo ha sbagliato nientepopodimenoche LA MISURA del manufatto o edificio. E, se così fosse, per un architetto, ancorchè postmoderno e brillante, la cosa è grossa. Cosa intendiamo per misura? Intendiamo una cosa semplicissima. Le dimensioni materiali espresse in metri. Lunghezza. Larghezza. Altezza. Un manufatto o edificio ha delle dimensioni ed è sempre inserito in un certo ambiente che lo circonda. Per forza.
Ebbene la nostra netta sensazione è che il manufatto sia TROPPO GRANDE rispetto al contesto nel quale è inserito. Parco di villa Maioni, villa Maioni, spiaggetta libera ed estuario totalmente divorati dall’ingombrante presenza. Siamo rimasti a guardare per una buona mezz’ora dal punto panoramico sul marciapiede della statale di cui si diceva prima. Provateci anche voi e diteci cosa ne pensate. Valutando a spanne visive, il manufatto per creare un rapporto di rispettosa armonia con il contesto avrebbe dovuto essere, secondo noi, molto più piccolo. Diciamo circa la metà o, massima concessione, i due terzi dell’attuale.
Ma non basta. Anche noi, esattamente come il nostro impagabile eroe, dopo aver attentamente osservato il cartellone sul cancello del cantiere ci siamo sorpresi per la profonda differenza tra le forme costruite e quelle disegnate. E ci siamo chiesti come diavolo avrebbero fatto a trasformare le une nelle altre. Pochi giorni dopo abbiamo avuto la risposta. Dagli addetti ai lavori. In questo caso gli operai del cantiere che hanno incominciato a posizionare sui muri esterni perfettamente verticali, come ogni muro che si rispetti deve necessariamente -forse è un azzardo!!- essere, una serie di enormi centine curve in legno che vanno dalla non-grondaia alla base dei diversi blocchi. Svelato il mistero. Gli edifici interni in normale cemento armato e normalmente squadrati diventeranno immensi ciotttoli da fiume tondeggianti tramite un rivestimento esterno appiccicato all’esterno dell’interno! Particolare non trascurabile: le curve delle centine esterne di cui sopra sono piene di discontinuità assolutamente non volute ma dovute ad imperizia dei costruttori che non hanno evidentemente mai sentito parlare di che cosa è una curva avviata. Parabolica, circolare o iperbolica che essa sia. Come invece sapevano benissimo, fino a non molto tempo fa, persino i garzoni dei maestri d’ascia costruttori di navi e pescherecci in legno massiccio. Sulle centine verrà poi, immaginiamo, steso un avveniristico materiale elastico ed ultraresistente a configurare il "ciottolo". Il tutto sarebbe semigeniale se non fosse decisamente anti-architettonico. "Form follows function" (la forma segue la funzione) diceva il buon Sullivan(°) nei bei tempi andati per sempre. Per sempre? Qui non solo la forma non segue per niente la funzione ma addirittura si sovrappone ad essa nell’intento di apparire un qualcosa che non è. Quando, da che mondo è mondo, una bella architettura si distingue per tre principi di base. Primo la sua misura. Possibilmente umana. Secondo il corretto ed equilibrato rapporto tra manufatto e contesto che lo ospita. Terzo un corretto ed equilibrato rapporto tra forma finale o esterna e funzione o utilizzo interno dello spazio creato dalla forma. Forse che Arroyo innamoratosi delle forme ciottolesche dei nostrani ciottoli da fiume si sia lasciato prendere la mano e abbia fatto un’opera di scultura anzichè una di architettura? O, peggio, nè l’una nè l’altra? Per la verità il "vizio" era già evidente in Arroyo 1 di Piazza F.lli Bandiera della precedente Amministrazione Zanotti. Progetto poi "potenziato" e spostato, dalla successiva, qui all’estuario del S.Bernardino.
Potrebbe essere inferita qualche valutazione non puramente visiva a partire dall’esame puramente visivo? Pensiamo che potrebbe, se e vero come e vero che al mondo niente è casuale e che quello che si vede di una cosa -insomma la sua forma- di qualsiasi cosa si tratti, è in qualche modo collegato a quello che la qualcosa è. O non è. O pretende di essere.
In base a questa teoria gestaltico-fenomenologica nella quale fermamente crediamo, allora potrebbero -potrebbero sia ben chiaro- essere avanzate almeno due ipotesi inferenziali.

La prima : può essere che il CEM sia decisamente sovradimensionato oltre che visivamente, anche rispetto alle reali esigenze sociali e culturali della nostra amata cittadina?  Anche considerando il circondario prossimo e meno prossimo?

La seconda: può essere che il CEM abbia la pretesa di apparire, e non solo formalmente, per quello che non è che forse -forse sia ben chiaro- non potrà mai essere?

Ma niente paura. In tale sciagurata eventualità, potremo sempre contare su frotte di turisti scaricati da file di torpedoni che verranno da tutto il mondo per vedere una delle grandi opere della grande "archistar" Arroyo. A che cosa serva e perchè sia stata costruita è particolare di nessuna importanza di fronte alla spettacolarità formale del manufatto. In un unico biglietto potrebbe essere compresa la visita all’altra cattedrale architettonica nel desertico VCO. Stessa storia. Medesima sorte. Il Parco Tecnologico nella piana del Toce del non meno famoso, forse, ma decisamente nostrano architetto italiano Aldo Rossi.
Come vorremmo sbagliarci!
Per dimostrare che non siamo dei completi svitati & nostalgici chiudiamo con una autorevole citazione:
 
"Nell’odierna "società dello spettacolo" anche questa pratica
(l’architettura ndr) si orienta verso costruzioni scenografiche, firmate dalle cosiddette archistar. Questa architettura autoreferenziale e globalizzata produce spesso opere di grande impatto estetico, ma poco correlate alle funzioni interne e talvolta non perfettamente integrate con l’ambiente: l’esempio più popolare è il Guggenheim di Frank Gehry a Bilbao. Il motto di Sullivan (form follows function ndr) può allora servire da monito per evitare le seduzioni delle forme che sono solo immagini, mere esteriorità e offrire una guida verso un’architettura che esprima attraverso la forma una relazione equilibrata fra uomo e natura nel rispetto dell’identità dei luoghi e delle culture locali."


Elisabetta Di Stefano. Università di Palermo.

Ruolo:
Ricercatore. Settore scientifico disciplinare: M-FIL/04 ESTETICA. Insegnamenti · Estetica. Dipartimento: Dipartimento di Filosofia, Filologia, Arti, Storia. Critica dei Saperi (Fieri-Aglaia).http://www.academia.edu/2375173/Form_follows_Function_Misunderstanding_and_Value_of_a_Sullivan_s_Concept
 
(°)
Louis Henry Sullivan (Boston, 3 settembre 1856 – Chicago, 1924) architetto statunitense.
È considerato il padre del Movimento Moderno negli Stati Uniti d’America
 
 
 
per comunicare con noi l'indirizzo è pensieridizorro@gmail.com  
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 



domenica 7 dicembre 2014

DUE DEA? UN DEA? VERBANIA? DOMODOSSOLA?

Vero o falso problema?

Un invito ad allargare lo sguardo
ovvero
lettera aperta agli addetti ai lavori.

SERIE COMPLETA



Prima puntata
5 dicembre 2014


Se volete che ve la dica tutta mi sembra proprio uno dei tanti inestricabili garbugli, ormai quotidianamente sotto i nostri occhi, nei quali tutti, qualsiasi cosa dicano e persino non dicano, sembrano avere -ed hanno- contemporaneamente torto e ragione. E nei quali, qualsiasi decisione si prenda -o non si prenda- non può che risultare sbagliata. Voi professorini del GRUV potete darmi una mano a capirci qualcosa?



Siamo perfettamente d’accordo con te carissimo Zorro. La matassa è, in effetti, terribilmente ingarbugliata. E il fatto che si sia riusciti a "strappare" alla "controparte" il rinvio di un anno sulla "decisione" non cambia minimamente i termini della questione.
Possiamo forse dare torto ai Pubblici Amministratori quando vengono a raccontarci che non hanno abbastanza denaro per pagare e quindi le spese vanno tagliate? Pur avendo abbondantemente salassato i cittadini con tasse e controtasse. Questo loro non lo dicono ma lo diciamo noi.
Possiamo forse dare ragione ai medesimi quando vengono a dirci che tagliare si deve, volenti o nolenti, ma demandano la decisione su cosa e dove tagliare alle Amministrazioni Periferiche, ed al limite ai cittadini, provocando così la classica guerrra tra poveri?
Possiamo forse dare torto a chi sostiene che le elevatissime spese sono da imputare anche a malfunzionamenti, disorganizzazione, inutili doppioni, e quindi la Sanità deve essere "riorganizzata"?
Possiamo forse dare ragione ai medesimi quando adoperano la parola "riorganizzare" evitando accuratamente di dire come, quando, dove, sulla base quali criteri e perchè? O, peggio, intendendo con "riorganizzare" tagliare punto e basta?
Possiamo forse dare torto ai pazienti cittadini che vorrebbero disporre delle prestazioni sanitarie senza doversi sobbarcare lunghi e penosi trasferimenti in automobile tra laghi, monti, valli e torrenti? O anche i più rapidi, ma ancor più penosi, trasferimenti in......elicottero?
Possiamo forse dare ragione ai medesimi quando vorrebbero tutte le prestazioni sanitarie possibili e/o immaginabili sull’uscio di casa?
 
Ad esprimere compiutamente l’ingarbugliatissimo garbuglio bastino qui le prime battute di un lungo elenco che potrebbe occupare alcune pagine.


Allora la questione non può essere semplicemente quella del che cosa e dove tagliamo per diminuire le insostenibili spese.
Ci sembra di poter definire a-problematica questa impostazione che si concentra su un reale e concretissimo problema. Ma solo su quello. Che è, in realtà, un problema.....apparente. Per quanto la cosa possa sembrare contradditoria.
Proviamoci.

1.

Perchè si è arrivati a questo punto?
Vale a dire al punto che, pur salassando abbondantrmente i cittadini con tasse e controtasse e pur avendo per giunta contratto un debito stratosferico non ci sono più soldi?

2.

La sanità è troppo costosa? Cosa significa? E’ vero? E se è vero per quali motivi lo è?

3.

Nel caso in cui fosse vero che la Sanità è troppo costosa che cosa e come potremmo fare per renderla meno costosa? E magari, perchè no, contemporaneamente più efficiente?

4.

Che cosa significa più efficiente?

5.

Posto che i processi di accentramento delle strutture rendano meno costoso e più efficiente il Sistema Sanitario.e considerato che l’ esigenza dei cittadini di avere un servizio sanitario vicino, o perlomeno non lontano o lontanissimo è una sacrosanta e legittima esigenza, possiamo immaginare un tipo di organizzazione che faccia incontrare queste due esigenze invece di farle scontrare?

6.

Di che tipo potrebbe essere una organizzazione che coniughi armoniosamente accentramento da una parte e capillarità diffusa dall’altro?

7
Ci sono, per caso, ragioni non tecnico-funzionali, ma squisitamente "politiche" ed "economiche" per le quali siamo arrivati ad avere un Sistema Sanitario contemporaneamente
-terribilmente costoso
-relativamente (in)efficiente
-non decisamente accentrato
-non capillarmente diffuso
-che trascura decisamente la prevenzione della malattia?

8.

Quali sono i motivi per i quali si segue sempre un metodo semplicistico e profondamente a-problematico nell’impostare qualsiasi questione? E particolarmente da parte degli addetti ai lavori del campo "politico"?

9.

Penultima, fatidica e fatale domanda. Non è che, per caso, lo spaventoso viluppo di inestricabili garbugli nel quale siamo, ogni giorno di più, terribilmente avviluppati dipende da un "errore" di base inerente al tipo di sistema socio-economico-culturale nel quale viviamo? Vale a dire un sistema che avendo trasformato tutto in merce da vendere-comperare -quindi anche la salute/malattia- non può seguire per sua distorta, intrinseca natura procedimenti solarmente, sanamente funzionali e razionali? Ci si per metta di far notare che questa sconvolgente -letteralmente- ipotesi potrebbe spiegare molte cose altrimenti inspiegabili. E ben oltre le questioni relative al sistrema sanitario..

10.

Per tornare a noi oggi e qui e concludere.
Che cosa è di preciso un DEA? Quali compiti svolge e come funziona? Quando sono nati? Perchè? Come si fronteggiava l’emergenza sanitaria prima della nascita dei DEA? Quali le carenze del servizio pre DEA che hanno fatto nascere i DEA?
Che cosa vorrebbe essere e come dovrebbe funzionare l’Ospedale Unico Provinciale ma Plurisede ma con sede a Verbania invocato, per esempio, dal Prof. Zanotti secondo il quale si risolverebbero in questo modo tutti i problemi sanitari del VCO?
 
Un chiarimento.
Ancorchè professorini, come dice giustamente il nostro romantico Eroe, siamo dei comunissimi cittadini. Con nessuna competenza specifica. Dei non addetti ai lavori nel senso più pieno e completo del termine. Però non rinunciamo a guardarci intorno e ad azzardare qualche ragionamento elementare. Proprio quelli che, chissà perchè, vengono accuratamente evitati, ci pare, dagli addetti ai lavori. Di solito.
Abbiamo formulato alcune delle domande che sorgono spontanee, di fronte all’intricatissimo garbuglio ed alle quali invitiamo gli addetti ai lavori a rispondere per consentire a noi comuni cittadini di capirci qualcosa.
E rispondendo alle quali forse i medesimi potrebbero rendere più chiara e contemporaneamente più problematica la impostazione della questione.



Bravi ragazzi! Molto carino il piccolo elenco di dieci domande che tutti ci facciamo e che per ora, mi sembra, restano con una ridda di fumose, evaniscenti, criptiche, alludenti, poco comprensibili, enigmatiche pseudorisposte e con pochi, pochissimi, tentativi di vere risposte. Ma voi pensate veramente che gli addetti ai lavori vi rispondano? Per me siete degli ingenui. E poi insomma, benedetti ragazzi, ma vi rendete conto? Hanno ben altro e di ben più importante da fare! Facciamo una scommessa? Mi sa che se volete delle risposte ...... vi dovrete auto-rispondere!


Scommessa accettata, per scaramanzia, con la quasi certezza di perderla. Nel caso, carissimo Zorro, solipsisticamente ci auto-risponderemo in una prossima puntata. Tanto per cambiare. A presto.


Resistenza Umana




Intermezzo tra prima e seconda puntata



5 dicembre 2014
INCREDIBILE! La prima risposta alle nostre domande è già arrivata!
Pochi giorni sono passati dalla pubblicazione della prima puntata (vedi) ed abbiamo già semi-perso la scommessa con il nostro impagabile Zorro.
Perchè "semi" ma non del tutto? Perchè la risposta è sì arrivata e a tambur battente, ma non si tratta di un addetto ai lavori bensì del "nemico" di Zorro, vale a dire l’ineffabile Sergente Garcia.
Ma a prescindere dalla firma dietro la quale si cela il nostro "nemico-collaboratore" le considerazioni sono troppo calzanti, intelligenti, pertinenti, semplici, di buon senso ed esposte con linguaggio diretto, comprensibile da chiunque, per essere parto di addetti ai lavori vuoi del campo tecnico-specialistico, vuoi, ed a maggior ragione, del campo "politico". Rigorosamente con virgolette. Quindi scommessa mezza persa e mezza vinta. Leggete qui sotto e giudicate voi.



Carissimo "nemico"
ho recentemente appreso, che esiste un DEA maschile. Ero convinto invece, perchè me lo hanno insegnato da piccolo, che esistessero solo la DEA Giunone, la DEA Venere ecc. Queste tre lettere scritte rigorosamente a caratteri maiuscoli, nell’ultimo mese, in questo territorio, hanno scatenato una quasi rivoluzione. Tutti le volevano, anzi qualcuno le voleva solo per lui, altri volevano duplicarle, altri ancora le volevano, ma solo se accompagnate da qualcos’altro, un "rebelotto"! Mi hanno chiesto cosa ne pensavo, ma li ho delusi perchè anch’io non ci ho capito un ... acca.
Non volevo deludere tutti, soprattutto me stesso. In fin dei conti sono sempre un Sergente, seppure in pensione. Devo perciò salvaguardare la dignità della categoria alla quale molti ancora guardano con rispetto. Ho deciso di documentarmi un pochino e mi sono fatta questa idea che ti espongo a mò di risposta alle tue domande.
Faccio una piccola premessa.
Per una vita sono stato membro dell’esercito e questo mi ha aiutato molto a capire molti problemi. Faccio un’affermazione che forse pensi che c’entra come i classici cavoli a merenda, ma mi servirà a chiarire meglio il mio pensiero.
Le battaglie, non si vincono solo con i soldati, ma soprattutto con la Logistica. Infatti, se ai soldati non arrivano per tempo munizioni e altro, la battaglia la perdono.
La battaglia per la salute, mi pare abbia molti similitudini con la battaglia che combattono i soldati. Come?
In prima linea ci sono i Medici di famiglia, che in genere combattono nelle poche ore di apertura del loro ambulatorio. Se si mettessero insieme in un luogo dove, con la loro presenza a turno, garantissero un’apertura dell’ambulatorio per molte ore, esageriamo? Anche 24 ore, avremmo una efficienza/ efficacia maggiore. Certo che non basterebbero solo i medici, ma sarebbero necessari infermieri e attrezzature e locali adeguati.
Ho letto che, da diverse legislature, nei Piani socio-sanitari della Regione Piemonte sono previsti questi strumenti, che vengono chiamati "Centri di Cura Primaria" ma finora ne hanno aperto uno solo a Cannobio, mentre sarebbe utile una loro dislocazione strategica sul territorio. Mi hanno anche detto che alcuni medici si sono "Associati" ma rimanendo sempre nel loro ambulatorio. Che utilità può avere questa modalità’ Al massimo può essere utilizzata per la sostituzione durante le ferie. Soluzione utile ai medici, ma di scarsa utilità per i cittadini.
Questi CCP, hanno una importanza strategica e dove sono funzionanti intercettano tutti i codici "bianchi" e "verdi" che altrimenti si riverserebbero sull’Ospedale, intasando il DEA. In alcuni casi l’efficienza è tale che è possibile "stabilizzare" anche pazienti gravi ed inviarli successivamente in Ospedale. Un’altra funzione importante di questi centri è la capacità di affrontare anche i problemi di assistenza domiciliare e quelli della non autosufficienza. I Medici di famiglia (lo dice il nome stesso) che operano nel Centro conoscono bene i loro pazienti e sono in grado di intervenire immediatamente per le loro necessità, una rapidità che sarebbe compromessa se si fosse obbligati a passare dall’ Ospedale.
Questo è l’avamposto più importante per la salute. Qui si possono vincere molte battaglie
Se tutto questo funziona, l’Ospedale può assolvere la sua missione che è quella del trattamento delle "acuzie" , ovvero: stadio di massima gravità o intensità di un fenomeno morboso (Zingarelli: vocabolario della lingua italiana).
Nelle retrovie quindi, in posizione strategica sul territorio, dalla quale si possa accedere rapidamente ad altri centri più attrezzati per quelle patologie che non si è in grado di trattare in loco.

Porca l’oca, è quasi l’una, adesso smetto, ma ti prometto che, dopo aver studiato le tue domande, riprenderò il discorso
Buona notte.
Il tuo "nemico"
Sergente Garcia
7 dicembre 2014
(sottolineatura nostra ndr)
 


Carissimo Sergente,
vivissimi ringraziamenti per il preziosissimo contributo. Finalmente qualcuno che affronta la questione nel modo corretto, pertinente, problematico, funzionale. Tu metti in campo una visione strategica sulla questione Sanità che condividiamo pienamente e che dovrebbe essere presa in seria considerazione dagli addetti ai lavori. Con una rete diffusa, capillare, strategicamente dislocata e molto efficiente di Centri di Cura Primaria potrebbero essere risolte le questioni di base che affliggono a tutt’oggi, e sempre di più, la struttura sanitaria. E in particolare la contraddizione, apparente secondo noi, tra giuste esigenze di accentramento ed altrettanto giuste esigenze di capillarità. Ma non solo. In questa visione i costi di tutto il sistema potrebbero essere notevolmente ridotti. Addirittura, ci sembra, potremmo immaginare questa rete come valida alternativa sia al tradizionale medico personale, sia alla attuale concezione dei DEA. In più questi Centri potrebbero promuovere sul territorio un lavoro di educazione sanitaria e prevenzione delle malattie coinvolgendo gruppi di cittadini attivi e volontari e riducendo quindi ulteriormente il "carico" della Sanità.
Quello che non riusciamo a capire è perchè mai non si riesca a parlare di queste cose e in questo modo.
Può essere che gli addetti ai lavori per "scendere" al piano terra abbiano bisogno di ascoltare noi cittadini normali? E’ una pura ipotesi che sottoponiamo ai medesimi con il massimo tatto possibile.
Dai quali ci piacerebbe avere qualche risposta vuoi sul metodo e vuoi nel merito.
Nel frattempo alleghiamo in calce un breve testo del Servizio Sanitario Regionale Emilia Romagna, su cosa è quali funzioni intendono svolgere i Centri (o Nuclei) di Cura Primaria.



Le cure primarie sono la porta di accesso, il primo contatto delle persone, della famiglia e della comunità con il Servizio Sanitario.
Gli ambiti di attività delle cure primarie riguardano le cure domiciliari, l’assistenza di medicina generale, l’assistenza pediatrica e consultoriale, le prestazioni di specialistica ambulatoriale, i servizi rivolti agli anziani e ai disabili adulti. Un ruolo determinante nelle cure primarie viene svolto dai Medici di Medicina Generale, dai medici di continuità assistenziale (ex guardia medica), dai Pediatri e dal personale infermieristico dei servizi domiciliari, che operano in stretto contatto con professionisti di altri servizi per offrire la più completa assistenza sanitaria al cittadino, anche in integrazione con i servizi sociali.
Questa integrazione si concretizza nei "nuclei di cure primarie". I nuclei di cure primarie assicurano l’assistenza di base e la realizzazione di specifici programmi sanitari di prevenzione e cura delle malattie croniche prevalenti che spesso non necessitano di ricovero ospedaliero (diabete, patologie cardiovascolari, demenze, artroreumopatie, broncopneumopatie, ecc..); garantiscono l’attività urgente per le visite a domicilio sulle 24 ore e l’attività ambulatoriale su 12 ore, in modo da rispondere più adeguatamente alle esigenze della popolazione.
L’azienda USL ha costituito il Programma Cure Primarie, a cui compete l’organizzazione dei Dipartimenti di Cure Primarie che ha sua volta si articolano in ogni Distretto nei Nuclei di Cure Primarie.
Direttore del Programma Cure Primarie è la Dott.sa Eletta Bellocchio.
Segreteria:Tel.0522.335462-fax.0522.339710
mail barbara.morini@ausl.re.it
http://www.ausl.re.it/servizi-territoriali/cure-primarie.html 
 
In attesa di ulteriori sviluppi
A presto
 
Resistenza Umana
15 dicembre 2014



Sostenibilità e Salute  

Si parla molto di come migliorare i sistemi sanitari, intervenendo sugli standard di qualità, attraverso valutazioni economiche volte a promuovere una maggiore efficienza finalizzata a risparmi di tipo economico. Esprimo un punto di vista differente: non è possibile pensare al miglioramento della sanità, senza prendere in considerazione il discorso della sostenibilità, in un’ottica più ampia e di lungo periodo. Non può, infatti, esistere nessun Servizio Sanitario Nazionale economicamente sostenibile in un mondo che è di fatto ecologicamente insostenibile. Dobbiamo interrogarci velocemente sul nostro modello di sviluppo: è adeguato a reggere le sfide del XXI secolo? Secondo me assolutamente no, di qui la necessità di un immediato cambio di rotta per affermare modelli concreti di sostenibilità nel campo della salute, la quale drena una parte davvero significativa delle risorse dello Stato e delle Regioni".
Il modello della crescita economica senza limiti non è più sostenibile dal punto di vista sociale e ambientale, e non è in grado di assicurare la tutela della salute dei cittadini, in quanto minaccia gli equilibri stessi della vita sul pianeta. I cambiamenti climatici comportano rischi concreti per la salute umana, e i loro effetti indiretti metteranno a rischio la qualità della vita di centinaia di milioni di persone, generando costi enormi per i Sistemi Sanitari pubblici. Perché le popolazioni vivano in maniera sostenibile e in buona salute nel lungo periodo, il settore sanitario ,dovrebbe rimodellare il modo in cui le società umane pianificano, costruiscono, spostano, producono, consumano, condividono e generano energia e produzione di beni e merci".
Recenti studi confermano che su 2.500 prestazioni sanitarie supportate da buone evidenze scientifiche solo il 46% è sicuramente utile e il 4% è giudicato addirittura dannoso e che chi vive in regioni ad alta intensità prescrittiva (farmaci,esami,interventi chirurgici,prestazioni sanitarie in genere) sperimenta livelli di sopravvivenza peggiori di chi vive in regioni a bassa intensità prescrittiva.
Occorrerebbero una cultura e una società non basate esclusivamente sul paradigma economico del profitto e dell’efficienza fine a se stessa, e in grado di superare le disuguaglianze e favorire l’affermazione del diritto alla salute di tutti i cittadini e cittadine. Oggi più che mai, infatti, "curare" significa prendersi cura del pianeta su cui viviamo,della qualità e degli stili di vita.
Con questi presupposti i modelli di salute, sanità e cura devono porre al centro la persona, privilegiando l’attenzione al paziente. Integrazione tra saperi, interazione dei professionisti e delle organizzazioni, e importanza delle sinergie con le medicine tradizionali e non convenzionali, sono parole chiave importantissime. E’ indispensabile che il Servizio Sanitario Nazionale, basato sulla prevenzione e sull’assistenza primaria, resti una risorsa per tutti, senza diseguaglianze di accesso, indipendente dalle influenze del mercato, sulla base di un sistema che valuti i risultati in termini di ‘produzione di salute’ e non solo di numero di prestazioni sanitarie erogate".
 

Seconda puntata
solistizio d'inverno dell'anno 2014


Come volevasi dimostrare: scommessa persa (vedi precedente prima puntata).
A parte il preziosissimo contributo del Sergente Garcia (vedi intermezzo tra prima ed attuale puntata), con il quale continueremo il proficuo interlocutorio, tutto tace sul fronte degli addetti ai lavori. Quindi ci auto-rispondiamo


Domanda n° 1.
Perchè si è arrivati a questo punto?
Vale a dire al punto che, pur salassando abbondantemente i cittadini con tasse e controtasse e pur avendo, per giunta, contratto un debito stratosferico non ci sono più soldi?


Imperizia e/o imprevidenza dei Pubblici Amministratori? "Mangerie" varie? Tasse troppo basse? Spese troppo alte? Non commisurazione dei servizi alle effettive disponibilità finaziarie? In ogni caso qualcosa che non funziona in campo squisitamente finanziario ci deve essere. La cosa, ci pare, andrebbe chiarita.
 

Domanda n°2.
La sanità è troppo costosa? Cosa significa? E’ vero? E se è vero per quali motivi lo è?
Domanda n°3.
Nel caso in cui fosse vero che la Sanità è troppo costosa che cosa e come potremmo fare per renderla meno costosa? E magari, perchè no, contemporaneamente più efficiente?


Ipotesi a.
E’ troppo costosa nel senso che il rapporto tra risorse economiche impegnate e quantità e qualità dei servizi erogati non è soddisfacente? Oppure è troppo costosa nel senso che le "entrate" sono insufficienti a coprire le "uscite"? Oppure entrambe le cose? C’è, per caso, "qualcuno" per il quale il fatto che il sistema sanitario sia molto costoso, quando non costosissimo, non dà alcun fastidio, anzi?
Ipotesi b.
Ci sono, per caso, una quantità enorme, eccessiva, esorbitante, insostenibile di ammalati da "smaltire"? Perchè? Possiamo fare qualcosa per diminuire l’insorgenza delle malattie anzichè curarle dopo che sono insorte?
Ipotesi c
Può essere che la quantità immensa di costosissimo lavoro che la struttura sanitaria si deve sobbarcare sia in qualche caso assolutamente inutile? Quindi evitabile? Parrebbe di si.
-Su oltre tremila trattamenti effettuati da strutture sanitarie pubbliche ben il cinquanta per cento non sono supportati da evidenze cliniche e/o da prove d’efficacia.
-Ben l’ottanta per cento dei nuovi farmaci in commercio non sono che copie più care di vecchi farmaci già in commercio.
-Ben un terzo delle TAC (costosissime) sono inutili e/o inefficaci.
-Ben l’ottanta per cento della mortalità prevenibile potrebbe essere fronteggiata molto più efficacemente intervenendo sui determinanti della salute (stili di vita; ambiente acqua-aria- stress-il brutto; cibo; socialità, lavoro), che non con interventi medici.
(Fonti: Garrow J.S. e Wennberg J.E. del Medical British Journal (2007-2011). Progetto "UNHEALTHY HEALT SYSTEM" per conto della Commissione Europea per la Sanità e del Dipartimento Funzione Pubblica Governo Italiano 2013.) ("Sito ufficiale di Slow Medicine -Far di piu’ non vuol dire fare meglio- e altri articoli")



Domanda n°4.
Che cosa significa Sanità più efficiente?


Ipotesi a
Più efficiente significa che smaltisce più ammalati non importa a che costi.
Ipotesi b
Più efficiente significa che realizza il miglior rapporto possibile tra costi e benefici attraverso un impiego molto ragionato di personale ed attrezzature dislocate in modo ottimale sul territorio.
Ipotesi c
Più efficiente significa che interviene a monte dell’insorgenza patologica con un capillare programma di vera prevenzione delle malattie (che nulla ha a che vedere con la diagnosi precoce).
Ipotesi d
Più efficiente significa più efficace? E più efficace che cosa significa?
Sarebbe necessario, ci pare, un chiarimento di fondo preliminare circa il concetto di efficienza sul quale si intende puntare. Strategie, scelte e costi potrebbero essere completamente diversi a seconda del concetto di efficienza adottato.


Domanda n°5.
Posto che i processi di accentramento delle strutture rendano meno costoso e più efficiente il Sistema Sanitario.e considerato che l’ esigenza dei cittadini di avere un servizio sanitario vicino, o perlomeno non lontano o lontanissimo è una sacrosanta e legittima esigenza, possiamo immaginare un tipo di organizzazione che faccia incontrare queste due esigenze invece di farle scontrare?

Domanda n°6.
Di che tipo potrebbe essere una organizzazione che coniughi armoniosamente accentramento da una parte e capillarità diffusa dall’altro?


Il problema non potrebbe essere risolto con una capillarissima e diffusissima rete di Punti Diagnosi e Pronto Intervento che esprimendo elevatissime capacità diagnostiche siano in grado di risolvere casi in loco, quando possibile, o filtrare gli altri casi ai livelli territoriali superiori, ma solo nel caso di comprovata, reale, accertata necessità? Questa rete capillare e diffusa non potrebbe coniugare armoniosamente le esigenze di accentramento funzionale con quelle di vicinanza ai cittadini? Non si potrebbero così ridurre notevolmente i costi con una valida alternativa al medico personale e allo stesso DEA così come oggi concepiti e organizzati?
Si veda, a questo proposito, l’intermezzo tra la prima e la presente seconda puntata dove si parla di Centri o Nuclei di Cura Primaria


Domanda n°7
.
Ci sono, per caso, ragioni non tecnico-funzionali, ma squisitamente "politiche" ed "economiche" per le quali siamo arrivati ad avere un Sistema Sanitario contemporaneamente
-terribilmente costoso
-relativamente (in)efficiente
-non decisamente accentrato
-non capillarmente diffuso
-che trascura decisamente la prevenzione della malattia?



Sembra proprio che ci siano se è vero, come ci hanno confermato numerosi operatori del settore, che la struttura sanitaria nel suo complesso è caratterizzata da vistose contraddizioni tra aree nelle quali il personale è eccessivo e le funzioni svolte "inventate" ed aree nelle quali il personale è vistosamente insufficiente rispetto ai reali bisogni. Ma qui il problema, evidentemente non è di tipo tecnico-funzionale. Ma "politico". Con virgolette.
Rinviamo i lettori interessati ad un prossimo post che probabilmente intitoleremo:
"Oltre la "politica" e la "democrazia" per un vero Potere (Kràtos) del Popolo (Demos)".

 

Domanda n°8.
Quali sono i motivi per i quali si segue sempre un metodo semplicistico e profondamente a-problematico nell’impostare qualsiasi questione? Da parte di tutti ma particolarmente dagli addetti ai lavori siano essi tecnici o politici?


Cercare di formulare ipotesi di risposta ed in poche righe ad una domanda di tale portata ci sembra decisamente arduo. Ci limitiamo quindi ad una ipotesi di ipotesi a sfondo psicanalitico. Potrebbe il fenomeno avere a che vedere con gli insondabili meandri dell’inconscio? Nel senso che sappiamo benissimo che se niente funziona come dovrebbe questo è dovuto, evidentemente, ad un Sistema Complessivo che andrebbe messo seriamente in discussione ma che non possiamo/vogliamo assolutamente mettere seriamente in discussione?
 

Domanda n° 9.
Penultima, fatidica e fatale domanda. Non è che, per caso, lo spaventoso viluppo di inestricabili garbugli nel quale siamo, ogni giorno di più, terribilmente avviluppati dipende da un "errore" di base inerente al tipo di sistema socio-economico-culturale nel quale viviamo? Quindi sistemico? Vale a dire un sistema che avendo trasformato tutto in merce da vendere-comperare (quindi anche la salute-malattia) non può seguire per sua distorta, intrinseca natura procedimenti solarmente, sanamente funzionali e razionali? Ci si permetta di far notare che questa sconvolgente -letteralmente- ipotesi potrebbe spiegare molte cose altrimenti inspiegabili. E ben oltre le questioni relative al sistrema sanitario.


La cruciale questione inerisce al tipo di strategia economico sociale che il Sistema Storico nel quale viviamo da circa un paio di secoli mette sistematicamente in campo. Con i risultati che vediamo. E non potrebbe essere altrimenti. Rimandiamo i lettori interessati ad un prossimo, apposito post, che probabilmente intitoleremo:
"Fare soldi e agire razionalmente ovvero gli invalicabili limiti strutturali del Sistema Storico nel quale viviamo".



Domanda n°10.
Per tornare a noi oggi e qui e concludere.
Che cosa è di preciso un DEA? Quali compiti svolge e come funziona? Quando sono nati? Perchè? Come si fronteggiava l’emergenza sanitaria prima della nascita dei DEA? Quali le carenze del servizio pre DEA che hanno fatto nascere i DEA?
Che cosa vorrebbe essere e come dovrebbe funzionare l’Ospedale Unico Provinciale ma Plurisede ma con sede a Verbania invocato, per esempio, dal Prof. Zanotti secondo il quale si risolverebbero in questo modo gran parte se non tutti, i problemi sanitari del VCO?


Qui proprio non possiamo nemmeno tentare di auto-risponderci. Chiediamo quindi lumi a chi è in grado di produrli. Grazie.
 
 
 

Può cambiare in meglio qualcosa? La sensazione "a pelle" è che sia terribilmente difficile. Un garbuglio non si crea dall’oggi al domani. Sono "necessari" molti decenni di "perseveranza" in "logiche" che poco o nulla hanno a che vedere con una impostazione veramente ragionata delle questioni che privilegi vere soluzioni di tipo funzionale. Sembra proprio che questo efficace ed elementare metodo non sia stato seguito. Dovremmo -dovremo- impostare un altro e diverso modo di ragionare. Ci sembra. Che si basi non come ora su criteri di tipo "economico" o -peggio- su interesssi di "bottega", ma su impostazioni veramente complesse adatte alla ricerca di vere soluzioni a problemi complessi. In campo sanitario e non solo. Se per vera efficienza intendiamo grande efficacia questa potrà essere conseguita solo allargando la sguardo. Cominciando a parlare di quale tipo di vita vogliamo vivere. E come, in questo tipo di vita si situino la salute prima di tutto, la malattia poi, ed il modo di affrontarla poi ancora. Allora, forse, potremmo risolvere parecchi garbugli. Anche quelli di tipo "economico". (*)
Ma sarà necessario un profondo coinvolgimento dei cittadini-utenti e degli operatori in un vero, approfondito lavoro di analisi e di progettazione. In campo sanitario e non solo. Potrebbe essere l’inizio di una rinascita? In direzione di una vera democrazia?
(*)
Può essere che il passaggio dalle USL (Unità Sanitaria Locale) alle ASL(Azienda Sanitaria Locale) consumatosi intorno alla fine degli anni novanta rappresenti ben più di una questione terminologica? Ma che sia il simbolo di una fatale involuzione strategica? A questo proposito:
"Il disposto dell’art. 3, c. 1 bis del D. Lgs. 30/12/1992 n. 502, comma introdotto dal D. Lgs. 19/06/1999 n. 229 infatti dice così: "in funzione del perseguimento dei loro fini istituzionali, le Unità Sanitarie Locali si costituiscono in Aziende con personalità giuridica pubblica e autonomia imprenditoriale", disposto quest’ultimo che ha indotto a ritenere che questo tipo di Aziende abbiano assunto la natura di enti pubblici economici."

(Wikipedia, voce ASL) (sottolineatura in grassetto nostra NdR)
 
 
 
 
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martedì 25 novembre 2014

Auto-mobile è potente e grintoso

ovvero
sulla non neutralità della tecnologia tecnica.



Cari amici di Resistenza Umana,
tra gli interessantissimi post che avete pubblicato da circa un anno a questa parte mi ha profondamente colpito quello nel quale sostenete, giustamente, che la tecnologia è tutt’altro che neutrale e che le cose, avendo un’anima, vogliono essere adoperate in un determinato modo ad essa conforme. Dicevate infatti tra l’altro: "ve la immaginate un automobile potente e grintosa adoperata con serena, rilassata, dolce lentezza?". Pochi giorni orsono mentre buttavo via quintali di appunti cartacei maniacalmente accumulati per una cinquantina d’anni in ogni angolo del microappartamento nel quale vivo, mi è capitato in mano per puro caso il testo che vi allego risalente al lontanissimo 2003. L’esperienza ben concreta in esso raccontata suffraga pienamente la vostra tesi. Mi pare. Cosa ne dite? Grazie per l’attenzione e cordialissimi saluti.
Cicloviaggiatore Solitario



Più che volentieri pubblichiamo il resoconto di un episodio che dimostra quanto la tecnologia tecnica plasmi a propria immagine e somiglianza il modo di essere dell’uomo. MA........
Infiniti ringraziamenti a Cicloviaggiatore Solitario.



15 agosto 2003 ore 10.15. In bicicletta ho appena superato il passo svizzero di Lucomagno (m. 1916 s.l.m.) che mette in comunicazione le valli Blennio sul versante ticinese e Medel su quello grigionese. La lunga salita che incomincia nei pressi di Biasca mi ha impegnato per tutta la giornata del 14, vigilia di Ferragosto. Dopo il pernottamento in tendina nei pressi del valico sto affrontando la lunghissima discesa che mi porterà nella bella microcittadina alpina di Disentis-Muster in Val Surselva.
Sono appena partito e mi trovo ancora a ridosso del valico nell’ampio e verdissimo vallone che ne discende. Nessun albero, pascoli infiniti con, sullo sfondo, imponenti montagne chiazzate di nevi perenni. Una meravigliosa giornata di sole sfolgorante, l’aria tersa come cristallo, cielo azzurro carico. Una di quelle giornate nelle quali tutto vibra all’unisono e ti sembra di poter toccare montagne lontanissime semplicemente allungando un braccio. Dopo la faticosa salita di ieri, il piacere della discesa è enorme. Traffico zero. Silenzio assoluto. Carreggiata tutta per me. Mi lascio scivolare senza sforzo verso valle, libero di guardarmi intorno e controllando ad intervalli traiettoria e velocità. Dopo pochi minuti di discesa mi trovo nei pressi di una galleria. Non si tratta di una galleria vera e propria ma di uno di quei manufatti artificiali a ricopertura di un tratto di carreggiata che i previdenti svizzeri sono soliti realizzare nei tratti più esposti al pericolo di valanghe. Il paravalanghe è lungo circa trecento metri e totalmente privo di illuminazione artificiale.
Nel vallone erboso, alla mia altezza , stanno scendendo al piccolo trotto, esuberanti, scalpitanti e felici, una quindicina di magnifiche vacche bruno alpine. Quattordici scelgono saggiamente di restare sul terreno erboso a loro congeniale. Una sola , per chissà quali bovini ragionamenti, si distacca dalla piccola mandria e punta con decisione in direzione della carreggiata a monte del paravalanghe. Ci infiliamo in galleria praticamente insieme.
La vacca non si cura minimamente del pericolo al quale si espone. Mi paro dinnanzi a lei e, con tutti i mezzi che riesco sul momento ad inventare, cerco di dissuaderla dal proseguire in galleria. Non c’è niente da fare. La strada è per il momento deserta, il silenzio assoluto. Due meravigliose corna aguzze adornano la sua grossa testa. Si è fermata e mi fissa con insistenza. Non posso fare altro che lasciarla proseguire. Mi riavvio in discesa, seguito dal festoso scampanio della vacca trotterellante, amplificato dal chiuso e buio ambiente. Rassegnato, acquisto velocità e mi separo dall’animale. Esco dalla galleria. Strada ancora deserta, silenzio assoluto. Speriamo che duri ancora un po’. Purtroppo non dura. Prima un ronzio quasi impercettibile e un puntolino scuro lontanissimo a fondovalle. In pochi secondi il puntolino è diventato un’automobile decappottabile nera di grossissima cilindrata, forse BMW, che, con una marcia molto bassa sta letteralmente divorando gli ultimi chilometri di salita che conducono al passo. La strada è rettilinea e consente massima potenza e velocità. Il motore letteralmente ruggisce. Mi sembra addirittura di avvertire il leggero stridio delle gomme che mordono la ripida carreggiata in calcestruzzo. La vacca è ancora nella galleria alle mie spalle. Mi porto con la bici verso il centro strada. L’ auto mi viene incontro a tutta velocità senza mollare minimamente la grinta. Ci incrociamo sfiorandoci, mentre io con la mano sinistra faccio ampi ed inequivocabili segni per indurli a rallentare. E’ questione di attimi e non c’è tempo per pacate e dettagliate spiegazioni. La vacca continua ad essere in galleria.
Nella vettura decappottabile una coppia, non saprei dire se di due maschi o di maschio e femmina. Quello che è sicuro è che al volante c’è un maschio. Entrambi attrezzatissimi e bardati di tutto punto. Ricordo i vistosi occhialoni e le cuffie bianchissime. Mi guardano distrattamente con un’aria tra l’attonito e l’annoiato come dire: "Ma che cavolo vorrà questo qui???". Nel frattempo, senza minimamente mollare la grinta si infilano in galleria. Prego per la vacca più che per gli automobilisti, lo confesso. Mi prendo la testa tra le mani e aspetto. In poche frazioni di secondo, quasi in contemporanea, sento che mollano finalmente la grinta ma ormai è troppo tardi. Poi il sinistro stridio di un tentativo di frenata. Poi un tremendo botto, tipico di quando le lamiere si accartocciano. Un attimo di silenzio totale. Penso: " E’ fatta, povera bestia!". Poi, a sorpresa, una serie di muggiti di protesta e la vacca che corre fuori dalla galleria, miracolosamente intatta e scampanante. I possenti muggiti continuano per un bel pezzo, mentre si affretta a riguadagnare gli immensi e più sicuri pascoli sulla sinistra. Evidentemente sta facendo una serie di bovine considerazioni sull’accaduto.

Chissà se i due grintosi automobilisti avranno fatto altrettanto??
 
 
 
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sabato 25 ottobre 2014

Un dischetto di metallo: fantasie spinte dell’uomo qualunque in un qualunque "Libero Supermercato!"


Entro al supermercato per fare la spesa. Cinquecento vecchie lire o un euro, fa lo stesso. Per il carrello. E’ uno dei pochi momenti in cui una moneta è semplicemente quello che è: un dischetto di metallo e niente di più. Alla fine lo recupererò tale e quale. Una volta c’era il carrello libero. Ma erano altri tempi.
E via, di scaffale in scaffale. A metà della spesa mi rendo conto che da qualche giorno non controllo quanti soldi ci sono nel borsellino. Mi fermo immediatamente in preda ad un dubbio atroce. Avrò denaro abbastanza? Tiro fuori dal borsello il borsellino, lo apro, do un’occhiata dentro e tiro un sospiro di sollievo: ce ne sono. E più che a sufficienza per la spesa che ho in mente di fare. Chissà perchè la chiamiamo spesa. Forse perchè bisogna spendere soldi per avere delle cose che ci servono. Appunto. Ma non divaghiamo. Ho finito. Di fare la spesa. Nel carrello tristemente vuoto giacciono sul fondo cinque cose. Mi sono lasciato prendere la mano. Dal carrello intendo. C’è un vantaggio: cassa veloce. Le casse sono allineate in una batteria dalla impressionante lunghezza e ripetitività. Una  si distingue: quella veloce. La guadagno rapidamente e, dopo una veloce coda, mi viene fatto il conto velocemente. bip.....bip......bip.........fatto! Per quanto veloce la coda non mi ha impedito di guardarmi in giro per un attimo. Il super- mercato è bello perchè ci sono tante belle cose da comperare. Per il nostro piacere oro-gastro-intestinale e non solo. E poi è bello perchè ci sono tante belle signore da ammirare.
Mi è venuta improvvisamente una fantasia spinta.
Pensa che bello se invece della cassiera alla cassa che ti fa il conto, non ci fosse nessuno e tu potessi uscire così, senza colpo ferire. Per modo di dire. Sarebbe una pacchia. Oppure una/un sorridente ragazza/o che ti aiuta a stivare il tutto nel borsone e ti dice “a presto!”.
Ritorno in me. Pago nel senso che consegno alla cassiera alcuni tagliandi di carta con disegni colorati che è indispensabile avere e consegnare per potersene uscire. Lei in cambio mi consegna una strisciolina di carta non colarata piena di numerini neri. Stivo da solo e mi avvio verso gli scorrevoli sensibili dell’ uscita. Ma la fantasia perversa non mi molla.  Meno male che ho controllato il borsellino. Pensa che figura se al momento di pagare ti accorgi che i soldi non bastano e hai dimenticato pure la carta di credito. Costretto a farfugliare delle scuse, a lasciare li il sacchetto già bel pieno con tutti gli occhi dei compagni di coda puntati addosso. Dalla riprovazione ai sorrisini di commiserazione agli sbuffi di impazienza. Oppure ancora uno scenario decisamente più spinto.Troppa fantasia. Lo diceva sempre la mia povera mamma. Mi faccio fare il conto, e poi con la massima tranquillità me ne vado verso gli scorrevoli sensibili senza pagare.

La cassiera che prima mi intima l’altolà, poi mi corre dietro trafelata chiamando a gran voce il Capo Negozio  nonchè il Vigilante con tanto di pistola, che a loro volta mi rincorrono tra lo sbigottimento delle file, a questo punto totalmente paralizzate. Clienti e cassiere che con la bocche aperte aspettano ansiosi di vedere come andrà a finire...........
Ritorno definitivamente in me. Meglio non indulgere in fantasie morbose. Gli scorrevoli sensibili si aprono e poi si richiudono. Sono fuori. Metto la borsa della spesa nei borsoni della bici e faccio per andare a riporre il carrellone. Il dischetto di metallo è li che aspetta. Buono buono. Per ora niente di più e niente di meno che un simpatico dischetto di metallo lavorato a bassorilievo. Si avvicina un marocchino che cerca di convincermi a comperare almeno due paia di calze. Deve andare a fare la spesa, dice, per la sua famiglia. Gli dico che non ne ho bisogno. Di calze. Allora si offre di andare a riporre il carrello al mio posto evitandomi così il fastidio. Vinto dall’insistenza acconsento. Un euro con un secco tlac fuoriuscirà dalla fessura. Verrà delicatamente recuperato con due dita e rientrerà nel borsellino. Non importa se nel mio o nel suo. In fondo si tratta solo di un euro. Ben di più e di diverso, comunque, di un semplice e simpatico dischetto di metallo.







domenica 12 ottobre 2014

La tecnologia migliora e semplifica la vita dell'uomo?


di N.S.
settembre 2014





Un lettore che si firma "Navigatore Solitario" ci ha inviato una e-mail che molto volentieri pubblichiamo dietro sua esplicita autorizzazione.

 
Carissimo Zorro ed amici Resistenti,
sono un vostro affezionato lettore. Da quando avete iniziato, circa un anno fa, non mi sono perso una riga, dicesi una, dei vostri interessantissimi post.
Ve la devo assolutamente raccontare.
 
 
Prima del fatto: antefatto.
Sto partendo dalla spiaggia con il microscopico Mariposa (barchino di plastica pieghevole) che ha sostituito quello più lungo e pesante perso lo scorso anno durante una burrasca di bora nei pressi dell’Istria. Il mio piccolo veliero è lì che mi aspetta quieto alla fonda. Va a sapere. Una ondina anomala più un mio marcato sbilanciamento proprio nell’attimo in cui sto montando a bordo con un piede mentre con l’altro mi spingo in fuori, più chissà cosa diavolo altro, sta di fatto che il barchino si rovescia ed io con lui. In un attimo si riempie....e va a fondo in pochi decimetri di acqua. Recupero i remi che galleggiano, cercando di guadagnare il largo, e li butto sull’arenile di finissima sabbia ocra. Per le ciabattine infradito blu, marca "figo" è un po’ più complicato Sono piccole ed hanno la fastidiosa tendenza ad inabissarsi. Comunque ce la faccio e butto anche quelle all’asciutto. Svuotare il barchino che non galleggia più con dentro una tonnellata di acqua è impresa titanica. Dopo diversi tentativi andati a vuoto, complice un’altra ondina anomala riesco in qualche modo a trascinarlo con il naso fuori dall’acqua. Cerco di sollevare il naso per svuotarlo da dietro. Niente da fare. Pesantissimo. Un’altra ondina mi aiuta a guadagnare qualche centimetro di arenile. Adesso è un po’ meno pesante. Riesco a sollevare il naso. L’acqua comincia a defluire dal contronaso. Sarebbe la poppa, o forse la prua, dato che il piccolo scafo è assolutamente simmetrico e non si capisce assolutamente di quale delle due estremità si tratti. Sta di fatto che man mano che l’acqua defluisce diventa vieppiù leggero e poi leggerissimo. Vuotato! Sento un marcato ronzio vibratorio alla coscia sinistra. Che sarà mai? Il titanico sforzo? O cosa diavolo altro? Accidenti! Contrariamente alle mie abituduni ho il telefonino Samsug nero in tasca! Ha fatto il bagno nella salatissima acqua di mare insieme a me! Da giorni attendevo un segno di vita dalla fidanzata della quale sono innamoratissimo. Si può comprendere che me lo sia portato appresso quando sono sceso a terra per una bella passeggiata tra le colline ricoperte di cipressi e di ulivi della incantevole, micorscopica, semidisabitata isola greca di Erikoussa (Ionio). La prima che si incontra, insieme alla più grandicella Othoni, venendo da Nord. Lo stramaledetto aggeggio! Ma lui non c’entra per nulla. Tanto per cambiare si tratta di stupido errore umano. Sta di fatto che dopo due o tre incongrui squilli e un bel pò di convulsi ronzii non da più alcun segno di vita. Totalmente e definitivamente morto. "Ma perchè non l’hai chiamata tu" mi direte voi. La fidanzata. Come se non ci avessi provato! Per qualche misteriosa ragione tecnologica mi risponde da giorni la segreteria telefonica. Mentre i messaggini partono regolarmente. Saprò poi che nulla di nulla giungeva all’amata. Tecnologia!


Dopo l’antefatto: il fatto.
Ebbene lo ammetto. Mi sono talmente abituato al telefono senza fili, anche semplice semplice come il mio -non fa fotocopie- che il fatto di esserne privo mi destabilizza alquanto. E poi c’è la questione della fidanzata che non si fa viva. L’ansia aumenta di giorno in giorno. Quindi salpo l’ancora e via. Rotta Corfù. Bella cittadina (la parte storica) situata al centro dell’omonima isola sulla costa orientale rivolta verso l’Epiro. Un tantino turistica per i miei gusti. Con un centro storico veramente notevole, che in qualche angolo cade a pezzi, mentre il contemporaneo orribile urbanesimo dilaga tutt’intorno. Dovunque la solita brutta storia. Forse lì è possibile comperare un nuovo telefonino. Quindi via. Poche miglia che si possono coprire in giornata. Do fondo (termine marinaresco che sta per l’esecrabile, terraiolo "gettare l’ancora") nella baia a Sud della fortezza e con il diabolico barchino vado immediatamente a terra. Il centro Vodafone lo trovo subito. L’attrezzo c’è. Praticamente identico al mio ma siamo spiacenti disponiamo solo del colore bianco con tastiera d’argento. Solo due anni fa mi sarei rifiutato categoricamente. La vecchiaia forse fa bene. E poi la fidanzata.......Lo compro. Possiamo, per fortuna adoperare la SIM del vecchio anche se un pò umida. Sto per fare la sospirata telefonata quando mi accorgo che in rubrica mi sono rimasti, a dir tanto, una decina di numeri dei cinquecento e passa che avevo. Prima sorpresa. Saranno finiti in mare? E poi, seconda amara sorpresa, che il telefonino mi parla in greco moderno. Lingua assolutamente incomprensibile per me, sia nelle versione orale che -e ancor più se possibile- in quella scritta. Basti pensare che "buongiorno" si dice "kalimera" che "pane" si dice "psomì" e che "grazie" si dice "evkaristò". "Prego" è nientemeno che "parakalò". Il gentilissimo commesso dardeggia sui tasti e mi fa capire che italiano "no possible". O greco o inglese. L’italiano non è previsto. Mi ha sempre fortemente colpito l’irriducibile dispotismo del mercato. Di fronte al quale, per quanto non ti vada, non puoi fare altro che abbozzare. Inglese quindi. Lingua nella quale non ci capisco un accidenti perchè, accidenti a me, ai miei tempi nelle scuole medie si insegnava il francese. Chissà perchè. In ogni caso compongo il numero della fidanzata che ovviamente ricordo a memoria. Mi risponde cascando dalle nuvole. Dice che non le sembrava fosse passato così tanto tempo dall’ultima volta che ci siamo sentiti. Benedetta! Non sa che per il navigatore solitario i secondi sono ore. E le ore giornate. E le giornate mesi ed anni. Ma come potrebbe saperlo? Voi mi direte: "e allora? Tutto qui?" No cari amici. Il bello deve ancora incominciare. Ma la fidanzata non c’entra.
Tutto benissimo per qualche giorno. Sto perfino imparando qualche vocabolo di inglese come "sending", "inviare". Devo fare una importantissima telefonata tecnica a proposito del pilota elettrico, che è morto anche lui, pur non avendo fatto il bagno nel mare. Tecnologia! Compongo il numero. Schiaccio l’apposito tasto e.....meraviglia! In italiano perfetto mi si informa che non posso telefonare in quanto il mio credito è esaurito. Esaurito! Ti avessero dato un minimo di preavviso! Niente di niente! Esaurito punto. Non puoi più telefonare. Punto. Provo con un messaggino. Non "sending". E ora che faccio? Semplice. Ricarico. Mi reco immediatamente al centro Vodafone di cui sopra con una bella banconota da cinquanta in mano. L’ingenuo. E qui comincia l’odissea. Mi perdoni Ulisse.
Teniamo ben presente che tutta la sequenza si svolge tra persone di nazionalità e lingua greca che si rivolgono in inglese ad un italiano che di inglese non ci capisce un accidenti.
Prima graziosissima commessa. Bruna, occhi nerissimi, perfetto incarnato olivastro. Con una serie di elementari vocaboli inglesi, più gesti vari, più significativi silenzi riesce a farmi capire l’essenziale. Dalla Grecia non è possibile ricaricare un telefonino italiano.
Tu pensa l’arretratezza tecnologica della tecnologia moderna! Sempre a gesti e con esemplificazioni pratiche riesce a farmi capire che si si potrebbe, ma devo comperare una SIM greca e prendere un numero greco. Cambiare numero? Imposibile! A posteriori mi sono chiesto se avrei potuto tenere le due SIM. Quella italiana con numero italiano e quella graca con numero greco, caricando in greco e utilizzando in italiano. Ma la carica in greco vale per un utilizzo italiano del telefono con SIM italiana? Sempre a posteriori mi dico che non avrei mai potuto comunicare un simile concetto alla gentile ragazza bruna. Faccio quattro passi meditativi avanti e indietro nel negozio come un leone in gabbia. Con il telefonino bianco cerco di contattare il Servizio Clienti Vodafone in Italia. Sorprendente! Ci riesco al primo tentativo. Mi risponde una risponditrice automatica con la solita trafila di digitazioni da compiere. Insomma bisogna o no risparmiare sulla costosissima mano d’opera umana vivaddio! Direbbe l’impagabile Zorro. Comunque la gentile, impersonale, poco costosa e sottomessa risponditrice mi informa che per saperne di più posso consultare il sito Vodafone alle sezione "estero". Sollevato torno alla carica. Mi metto di nuovo in coda. Ci sono tre file lunghe alcune decine di metri. Seconda graziosissima commessa. Biondissima occhi azzurrissimi, perfetto incarnato bianchissimo. Sorpresa! Mi dice che capisce un poco di italiano. Mi viene una gran voglia di apostrofare da lontano la commessa bruna chiedendole come diavolo non le è venuto in mente di indirizzarmi fin dall’inizio dalla collega bionda. Susciterei un putiferio quindi lascio perdere. Ogni commessa lavora con l’immancabile schermo computeristico davanti. Dico: "potremmo per cortesia fare una visitina al sito di Vodafone?" Siamo o non siamo in un centro Vodafone? Risposta: "mi dispiace tantissimo ma non abbiamo la connessione Internet" Cosa? Trasecolo. Sento che stò impallidendo. Faccio capire che non è possibile ma lei sorridente me lo riconferma. Tu pensa. Questa non è grossa! E’ enorme! Nell’era del computer in un centro di telefonia fissa e mobile Vodafone che dispone di una efficentissima rete globale che copre il globo terracqueo le gentilissime e gaziosissime commesse che lavorano con decine di computer davanti NON DISPONGONO della connessione Internet. Incredulo e definitivamente abbattuto mi allontano dal bancone. E adesso? Sto per rinunciare quando la commessa bionda mi chiama. Mi si avvicina sulla porta del negozio e mi dice in italiano: "è semplice, chiami Italia da cabina telefonica e si faccia ricaricare da Italia". Accidenti! Trasecolo un’altra volta. Sento che il sangue rifluisce. Non ci avevo pensato!!! La ragione cè. Da noi le cabine telefoniche non esistono più da un pezzo. Forse per dare lavoro ai demolitori di cabine nonchè a quelli della telefonia mobile. E mi indica un punto imprecisato dall’altra parte della strada concludendo con un sibillino "tabaccaio!". Incomincia la ricerca della cabina telefonica. Che in Grecia esistono ancora eccome!. E poi non mi si venga a dire che è un paese arretrato. Per favore. Percorro almeno una quindicina di volte avanti e indietro duecento metri circa, a valle ed a monte del punto indicatomi. Non trovo nè il tabaccaio nè la cabina telefonica. E qui bisogna aprire una brevissima parentesi tecnica sulle ex cabine telefoniche italiane e su quelle attuali in Grecia. Vi ricordate quei vistosi cubicoli rossi con tanto di enorme disco sul tettuccio con il bel disegno della cornetta rossa su campo grigio? Per me, italiano, è quella la cabina telefonica. Per forza che non la trovo! Qui sono dei miniloculi con paraorecchie, aperti, di colore grigino-azzurrino, imbullonati ai muri o su un paletto. Il mio è imbullonato ad un muro dove il porticato, molto buio, fa un angolo retto. Praticamente invisibile. Comunque al sedicesimo passaggio lo trovo. Ci vuole la tessere telefonica. Qui nessun problema. Vicinissimo una edicola (forse il "tabaccaio"?) con una vecchietta che parla benissimo l’italiano. E’ molto comune trovare, ma solo tra le persone anziane, qualcuno che comprenda e parli la nostra lingua. Dispongo di due numeri da chiamare. Un fisso ed un cellulare. Provo prima con uno poi con l’altro. Niente. Una risponditrice automatica mi sciorina un discorsetto prima in greco e poi in inglese . Ho sbagliato qualcosa ma non so che cosa. Scoprirò poi che il +39 stà per doppio zero 39. Beata ignoranza! Ma non è questo il problema. Entro nel primo negozio che trovo. Forse abbigliamento. Un piccolo gruppo di avvenenti signore in amabile conversazione. Spicca un abbronzatissimo e distinto signore. L’unico maschio della compagnia. Dico: "c’è qualcuno qui che capisce italiano?" L’abbronzatissimo signore mi risponde immmediatamente. "Un poco". Sospiro di sollievo. Gli spiego in breve il problema. Lui mi ascolta paziente e conclude con un perentorio "No cabina; Office!!!". E mi fa segno con il braccio di prendere la prima traversa a sinistra. Ringrazio ed esco. Prendo la prima traversa a sinistra. Cerco il famigerato "Office!!" senza naturalmente trovarlo. Avanti ed indietro per la traversa almeno sei volte. Niente "Office". Sull’orlo della disperazione entro nel primo negozio che mi capita a tiro. Qui non capisco esattamente l’articolo in vendita. Sembra un....office ma non lo è. Sta di fatto che incontro una bella ragazza bionda grano maturo. Capelli lunghi raccolti in un elegante chignon. Lo chignon mi ha sempre fatto impazzire dalla più tenera età. Occhi nerissimi. abbronzatissima. Un tatuaggio di un certo gusto estetico le avvolge l’avanbraccio sinistro. Mi dice che capisce bene italiano ma non lo parla. Le spiego. Effettivamente capisce. Gentilissima si offre di accompagnarmi personalmente alla "cabina" distante un centinaio di metri. Molla il negozio e ci rechiamo insieme sul luogo. Compone il numero fisso. Niente. Risponditrice. Compone il numero di cellulare. Niente. Risponditrice. Mi fa capire a gesti che c’è qualche problema ma che non capisce nemmeno lei quale è. Mi fa segno di seguirla. La seguo. Ritorniamo nel suo negozio. Afferra il proprio cellulare e fa una telefonata facendomi segno di aspettare. Parla in greco, a lungo, con qualcuno. Me lo passa. Si tratta di un amico che parla perfettamente italiano. Mi dice che devo fare il prefisso internazionale poi quello della località comprensivo dello zero iniziale e quindi il numero di telefono. Gli dico che abbiamo fatto così e che non è successo niente. Dice: "strano". L’amica conferma. "Provi facendo il numero di cellulare ma premettendo il prefisso internazionale per l’Italia". Ringraziamenti a non finire. Mi reco sul posto. Con mano malferma compongo la sequenza dei numeri relativi alla fidanzata debitamente preceduta da prefìisso internazionale. Doppio zero al posto del più poi trentanove. Poi il numerodi cellulare. Miracolo! Da’ il segnale. Miralcolo doppio! L’amata risponde! Le dico con tono un poco alterato di farmi immediatamente una ricarica da 50 euro grazie. "Poi ti spiegherò". E riattacco. Sono talmente incavolato con me stesso che mi dimentico perfino di tornare a ringraziare la bella ragazza biondo grano maturo dallo chignon. Imperdonabile.
Ci credete se vi dico che in certi momenti mi sembrava di stare dentro ad un incubo di quelli che devi assolutamente gridare e non ti viene la voce?

La mattina se ne è andata. Sono le dodici e trenta. Ora italiana. Sfigurato dalla stanchezza e con un cerchio di ferro che mi attanaglia il capo ritorno a bordo del mio piccolo veliero ormeggiato nel vecchio porto della città vecchia. Ormeggio totalmente libero e gratuito. E poi non si dica che la Grecia è un paese arretrato. Per favore. Al confronto della odissea linguistico-tecnologica che mi ha rubato una intera mattinata della mia vita, 6 giorni e 6 notti di fila in navigazione d’altura per arrivare sin qui da Venezia sono stati piacevolmente rilassanti. Di tutto riposo. Ma forse il problema è un altro: la mia congenita emotività accompagnata da una marcata debolezza di nervi. Perlomeno nelle tecnologiche cose di terra. Più un rapporto decisamente ambivalente nei confronti della tecnologia. In specie quella dell’ultima ora. Mi faccio un bel piattone di spaghetti alla mediterranea, ingollo due aspirine e mi sdraio in cuccetta. Prima di addormentarmi, penso per un attimo ai bei tempi andati e pretecnologiaspinta. Quando i navigatori, solitari o meno che fossero, avevano la solare, matematica, granitica, consolante certezza che, una volta mollati gli ormeggi e dovunque fossero diretti, non avrebbero potuto in alcun modo, magari per anni, comunicare con la lontana, amata madrepatria. Provo, per un attimo, una gran nostalgia. E mi addormento di botto.
 


Appendice tecnico-tecnologica
 
 
0.
A rigore "tecnologia " dovrebbe essere una scienza. Mentre "tecnica" si riferirebbe ad applicazioni pratiche. Dovremo in futuro approfondire la questione.
1.
Se mai vi capitasse di portarvi il cellulare su un instabile e leggerissimo barchino premunitevi infilandolo in un sacchetto di plastica con chiusura ermetica all’acqua.
2.
Quando mettete un contatto in rubrica salvate il tutto non su "telefono" ma su "SIM". In questo modo i contatti saranno recuperabili anche a telefonino distrutto. Sempre che insieme al telefonino non si sia distrutta anche la SIM.
3.
Se per disgrazia vi dovesse finire in mare il telefonino procedete come segue:
-aprire il telefono togliere Sim e batteria e immergere il tutto in acqua dolce per almeno 3/4 ore;
-togliere dall’acqua dolce;
-asciugare delicatamente con scottex casa;
-immergere il tutto in una scodella piena di riso e lasciare che passino almeno tre quattro giorni.
-non è escluso che riprenda a funzionare;
-se non riprende a funzionare portatelo nel più vicino centro di assistenza facendo finta di niente. Può essere che ve lo riparino, o se in garanzia, ve lo sostituiscano.
4.
Se non masticate un poco di inglese, imparate al più presto a masticarlo.
 
 
Cordialissimi saluti da
Navigatore Solitario



per comunicare con noi l'indirizzo è pensieridizorro@gmail.com

venerdì 22 agosto 2014

Dall'Utopia di Moro al luddismo di Ludd

passando per l'origine genetica delle depressioni economiche e personali.

Singolar tenzone tra due irriducibili "nemici".
Sergente Garcia da una parte e Zorro dall'altra. Con in mezzo.....noi di Resistenza Umana.


Sul finire del mese di agosto dell'anno 2014


Carissimo "nemico"
vedo che mi hai cancellato dalla tua lista, perchè non ricevo più i tuoi messaggi.
Sono però andato a cercarmeli, ma tutta quella roba sui consumi, la finanza le crisi cicliche le depressioni grandi e piccole, mi hanno fatto andare in depressione.
Tutta quella roba lì, è stata difficile da leggere ma anche da capire, ed io che non ho fatto le scuole alte ho fatto ancora più fatica. Mio nonno, che faceva il contadino ed era un saggio, mi diceva sempre di trovarmi un lavoro che non mi costringesse alla fatica, così appena possibile, sono entrato nell’Esercito, dove poi ho avuto a che fare con te. Ma non divaghiamo.
Le tre puntate, ti sono servite per illustrare il problema, ma le soluzioni pare che siano contenute in un libro intitolato "Utopia" scritto da un certo Moro che ho poi saputo che non è quello ucciso dalle Brigate Rosse, ma un’altro che si chiama così, ma che pare sia un inglese che hanno fatto anche Santo.
Per tornare a bomba, devo dire che nella mia esperienza, ma anche in questa ponderosa analisi, appare chiaro che la storia si ripete. Si ripete, aggiungo io, nella misura in cui non attuiamo delle contromisure, ma queste fanno parte purtroppo della famosa "Utopia".
In questo mondo globalizzato, dove la finanza la fa da padrone e può spostare capitali enormi con un "click" dove vuole e quando vuole per cogliere quelle opportunità speculative solo per accumulare altri soldi. Possiamo difenderci da ciò? Lascio a te la risposta, anche se io ho la mia.
Questo, però, non ha niente a che fare con il problema del lavoro, così grave, urgente e drammatico.
L’Italia, è un paese strano. Tutti sanno cosa si deve fare per uscire da questa situazione, ma nessuno lo fa. Il "buon senso" e "il bene comune" sono parole vuote. Facciamo qualche esempio:
- in Italia non esiste una "Politica industriale". L’esempio più clamoroso, passato sotto silenzio, è l’uscita dall’Italia del Gruppo Fiat. Ma te la immagini la Wolkswagen in Germania che realizzi un’operazione simile? La Wv potrebbe farlo e giustificarlo. E’ il secondo produttore al mondo di automobili, ha nove impianti produttivi in Germania. Ma non ci pensa nemmeno, perchè prima di tutto è tedesca.
- In Italia è stato nominato un commissario alla "razionalizzazione della spesa". Questo signore ha individuato ben 59 miliardi di risparmi che si possono fare subito e senza spendere altri quattrini e che succede? Viene ridicolizzato e messo alla porta.
- la vicenda Alitalia poi ha raggiunto livello di ridicolo e di gravità tale per i nostri ormai vuoti portafogli da scatenare una rabbia incontenibile. Non sto a fare la storia, dico solo che sull’altare della "italianità" qualche anno fa sono stati bruciati quattro miliardi (!!!) di euro e oggi siamo daccapo con il sindacato che è diventato addirittura "corporativo" come ai tempi del ventennio.
In questo ultimo salvataggio sono intervenute anche le Poste. Le Poste???? Ma a che titolo? Usando i miei risparmi e buttarli ancora in questo pozzo senza fondo? Bastava farla fallire!
Swiss air è fallita due volte, ma il giorno dopo ha ripreso a volare ed oggi sta dignitosamente sul mercato, SENZA perdere quattrini, anzi...
Potrei aggiungere altri esempi, ma per ora mi fermo qui.

Un’ultima osservazione riguarda il pezzo pubblicato sul tuo sito dal titolo "la tecnica e il far soldi".
Leggendolo, confesso di aver sentito odore di "luddismo" sarà che nella mia grande ignoranza non abbia capito molte cose, ma io penso che il progresso tecnico ha migliorato la qualità della vita e la migliorerà ancora. Questi nuovi strumenti servono all’uomo e non viceversa.
Sono stati creati dall’uomo per l’uomo, quindi se ne deve fare un uso ragionato.
Perchè infine c’è una attività bellissima che solo l’uomo può fare: ed è quella di PENSARE.
Ciao Zorro
Il tuo ammiratore segreto Sergente Garcia


Un nuovo interessante testo dell’affezionatissimo -e come potrebbe essere altrimenti?- Sergente Garcia. Abbiamo pensato di procedere in questo modo. Visto che il Sergente si rivolge direttamente al nostro romantico eroe proponiamo un contradditorio a tre. Da una parte le considerazioni del Sergente in corsivo colore blu. Dall’altra quelle di Zorro in persona (corsivo rosso). E, dall’altra ancora le nostre in carattere normale colore nero. Inoltre il testo del Sergente verrà scomposto in parti per consentire la puntualità delle osservazioni. Cosa ne dite? Se va bene procediamo.
 
Sergente Garcia
Carissimo "nemico"
vedo che mi hai cancellato dalla tua lista, perchè non ricevo più i tuoi messaggi.

Zorro
Vivaddio carissimo Sergente e come hai potuto pensare una cosa siffatta! Il turbine postale che ci avvolge deve aver preso la mano dell'Ufficio Pubbliche Relazioni. Ho convocato immediatamente le Segretarie. Nessun ponte tagliato mi hanno assicurato. E se per sventurata disattenzione dovesse essere accaduto verrà posto immediatamente rimedio. Così mi assicurano dall’UPR.
 
GRUV
Confermato
 
SergenteGarcia
Sono però andato a cercarmeli, ma tutta quella roba sui consumi, la finanza le crisi cicliche le depressioni grandi e piccole, mi hanno fatto andare in depressione.
 
Zorro
Maledizione, ma allora non sei informato sulle ultimissime teorie biologiche. La depressione, come qualsiasi altra cosa, è di origine GENETICA. Il mondo non c’entra per nulla. A noi sembra di essere demoralizzati perchè le cose vanno storte o stortissime. Ma è un vissuto puramente soggettivo che dipende solo e soltanto dalla PREDISPOSIZIONE. Genetica appunto. Alla demoralizzazione appunto. Non lo sapevi? Però......pensandoci bene, c’è qualcosa che mi convince poco...........ha come un sentore di teoria "di comodo........"
 
GRUV
Abbastanza d’accordo con Zorro. Ma solo quando è perplesso. Due semplici considerazioni aggiuntive. La prima. Nell’edificante mondo in cui viviamo chi non viene mai sfiorato da un’ombra di depressione ha qualcosa che non va. Non che non ci siano una quantità di buone e belle cose. Ma la questione è un’altra. Ovvero il nonsenso complessivo del tutto. Umano, sia ben chiaro. Meglio. Dis-umano. La seconda. Da che scienza esiste la teoria dell’origine genetica di tutto, dalla depressione all’obesità all’alcolismo, per non parlare della delinquenza è, senza ombra di dubbio alcuno (non vorremmo sembrare categorici), una teoria di comodo. Resta da stabilire per il comodo di chi e perchè.

Sergente Garcia
Tutta quella roba lì,
( il Sergente si riferisce al post "La Storia.....può insegnarci qualcosa? ) è stata difficile da leggere ma anche da capire, ed io che non ho fatto le scuole alte ho fatto ancora più fatica. Mio nonno, che faceva il contadino ed era un saggio, mi diceva sempre di trovarmi un lavoro che non mi costringesse alla fatica, così appena possibile, sono entrato nell’Esercito, dove poi ho avuto a che fare con te. Ma non divaghiamo.
 
Zorro
Accidenti ma come fai a sostenere che il libro di Storia di Ortoleva e Revelli è difficile da capire!? Persino io che sono uomo d’azione ho capito quasi tutto! E poi cosa c’entrano le scuole frequentate? Più vai a scuole, basse o alte che siano, e meno ci capisci. Accidenti. Perchè la testa ti si confonde. A forza di sentire ripetere delle assurdità. Tu pensa che in terza elementare la mia maestra sosteneva che non si possono sommare le mele con le pere. O solo mele più mele. O solo pere più pere. A me non mi convinceva per niente. Cercava di confondermi la testa vivaddio! Un bel giorno ho contestato (allora non si diceva così). E lei mi fa : "e allora dimmi quanto fa cinque mele più quarantotto pere?". Ho riflettuto un attimo. Ma solo per il calcolo, nel quale sono sempre stato scadente. Dunque quarantotto più cinque fa cinquantatre. "Fa cinquantatre.....frutti signora Maestra". Esterefatta. Ammutolita. Non ci era arrivata. Tu pensa. Scusami se mi sono dilungato un filo ma era per dimostrare che più vai ascuola e più ti si confondono le idee. Tuo nonno si che ci capiva! Pensa che disgrazia per entrambi noi e per tutti i nostri affezionati seguaci se tu non fossi mai entrato nell’esercito!
 
GRUV
Che aggiungere?
 
Sergente Garcia
Le tre puntate, ti sono servite per illustrare il problema, ma le soluzioni pare che siano contenute in un libro intitolato "Utopia" scritto da un certo Moro che ho poi saputo che non è quello ucciso dalle Brigate Rosse, ma un’altro che si chiama così, ma che pare sia un inglese che hanno fatto anche Santo.
Per tornare a bomba, devo dire che nella mia esperienza, ma anche in questa ponderosa analisi, appare chiaro che la storia si ripete. Si ripete, aggiungo io, nella misura in cui non attuiamo delle contromisure, ma queste fanno parte purtroppo della famosa "Utopia".

Zorro
Calma vivaddio! Qui è il solito vizio di pretendere soluzioni prima ancora di aver capito di che problema si tratta. E per capire di che problema si tratta dobbiamo fare una analisi seria, E per fare una analisi seria dobbiamo per forza uscire dagli schemi triti e ritriti e dalle inconcludenti litanie nelle quali siamo quotidianamente immersi e che ci frastornano il cervello portandoci fuori dal seminato. Ed è quello che con l’aiuto dei miei amici professorini abbiamo cercato di fare nel post. Per ora concentriamoci sulla analisi ma seria. C’è la crisi? Cosa significa? In che cosa consiste veramente? Quali sono le sue cause vere? Profonde, Storiche. O credi che possiamo accontentarci della panzana secondo la quale per uscire dalla crisi dobbiamo tornare a crescere? Bella forza! Come dire che per far cessare il cattivo tempo bisogna far tornare il sole! Alla faccia della "scienza" economica! E di tutte la altre! Per quanto rigarda le soluzioni, che starebbero nella "Utopia" lascio la parola ai professorini perchè non ho frequentato scuole abbastanza alte.

GRUV
D’accordissimo con il zorropensiero.
L’ "Utopia" di Tommaso Moro, è indubbiamente un libro molto interessante che tramite una finzione letteraria descrive un modello di società altamente organico, efficiente e funzionante. Ma anche un tantino autoritaria ed opprimente. Comunque un rispettabile esercizio di futorologia che va ristudiato, insieme ad altri, che nella storia umana non sono mancati. Tutti però poco praticabili, in quanto modelli, per noi oggi e qui. E per molte ragioni. La loro validità, a nostro parere, riguarda la questione di metodo. Vale a dire il fatto di avere avuto l’ardire, la fantasia e lo spirito critico bastanti per cimentarsi in progetti di società più funzionali di quelle che si son viste finora sotto i cieli terrestri. Orientate alla collaborazione pacifica e costruttiva tra gli individui ed i popoli. Fantasia, ardire e spirito critico di cui sembriamo decisamente incapaci noi oggi e qui.
Purtroppo il termine "utopia" è diventato, nell’uso corrente, sinonimo di cosa non realizzabile. Mentre il suo vero significato è "non luogo". Ovvero luogo che non esiste. Ovvero che ancora non esiste. Ma che potrebbe esistere...... se noi fossimo capaci di costruirlo. A noi piace questa interpretazione. Che è poi quella, ci sembra, più corretta.
In ogni caso le soluzioni per noi le dovremo trovare noi. E potremo trovarle solo dopo aver capito a fondo le vere cause della Crisi Storica di Civiltà che stiamo vivendo. Come dice giustamente il nostro romantico eroe.
E per concludere, sì la Storia si ripete. Siamo noi che non possiamo, o non vogliamo, o entrambe le cose, trarne i possibili insegnamenti.
 
 
Sergente Garcia
In questo mondo globalizzato, dove la finanza la fa da padrone e può spostare capitali enormi con un "click" dove vuole e quando vuole per cogliere quelle opportunità speculative solo per accumulare altri soldi. Possiamo difenderci da ciò? Lascio a te la risposta, anche se io ho la mia.
Questo, però, non ha niente a che fare con il problema del lavoro, così grave, urgente e drammatico.
 
Zorro
Perfettamente d’accordo ma solo sul primo punto. Non possiamo fare niente e non potremo fare un bel niente, alla faccia dei "riformisti", fino a quando staremo in questo Sistema. Se non subirne tutte le tragiche conseguenze. Altri Sistemi si sono dimostrati ancora peggio. Se possibile. E allora? Dobbiamo inventarcelo carissimo nemico. Ma potremo inventarcelo solo dopo aver davvero capito il perchè ed il percome le cose funzionino in questo modo dentro a questo. Sistema. Di qui non si può scappare anche se si scappa e come!
Sul secondo punto dissento aspramente. Ha a che vedere e come! E’ chiaro come il sole! Il lavoro manca perchè c’è la crisi. Anche se questo non spiega niente. E uno dei tanti motivi per i quali c’è la crisi è che chi dispone di immense quantità di quattrini preferisce giocare a farne ancora di più e sempre di più senza fare.....niente. Clic e Clac e ancora clicclac! Salvo poi farsi foraggiare con denaro pubblico (nostro) quando i loro giochini li portano alla bancarotta, Vivaddio! Altrochè se c’entra!

GRUV
Che aggiungere?

Sergente Garcia
L’Italia, è un paese strano. Tutti sanno cosa si deve fare per uscire da questa situazione, ma nessuno lo fa. Il "buon senso" e "il bene comune" sono parole vuote. Facciamo qualche esempio:
- in Italia non esiste una "Politica industriale". L’esempio più clamoroso, passato sotto silenzio, è l’uscita dall’Italia del Gruppo Fiat. Ma te la immagini la Wolkswagen in Germania che realizzi un’operazione simile? La Wv potrebbe farlo e giustificarlo. E’ il secondo produttore al mondo di automobili, ha nove impianti produttivi in Germania. Ma non ci pensa nemmeno, perchè prima di tutto è tedesca.
- In Italia è stato nominato un commissario alla "razionalizzazione della spesa". Questo signore ha individuato ben 59 miliardi di risparmi che si possono fare subito e senza spendere altri quattrini e che succede? Viene ridicolizzato e messo alla porta.
- la vicenda Alitalia poi ha raggiunto livello di ridicolo e di gravità tale per i nostri ormai vuoti portafogli da scatenare una rabbia incontenibile. Non sto a fare la storia, dico solo che sull’altare della "italianità" qualche anno fa sono stati bruciati quattro miliardi (!!!) di euro e oggi siamo daccapo con il sindacato che è diventato addirittura "corporativo" come ai tempi del ventennio.
In questo ultimo salvataggio sono intervenute anche le Poste. Le Poste???? Ma a che titolo? Usando i miei risparmi e buttarli ancora in questo pozzo senza fondo? Bastava farla fallire!
Swiss air è fallita due volte, ma il giorno dopo ha ripreso a volare ed oggi sta dignitosamente sul mercato, SENZA perdere quattrini, anzi...
Potrei aggiungere altri esempi, ma per ora mi fermo qui.
 
Zorro
Sul fatto che l’Italia è un paese strano non ci piove! Ma c’è qualcosa di più interessante. L’italia è l’ultima ruota del carro del mondo SuperSviluppato. Per una infinutà di ragioni. E proprio per questo anticipa di qualche lustro, o al massimo decennio, la fine che faranno gli altri. IperSviluppati, SuperSviluppati, Sviluppati Semplici, Quasi Sviluppati e in Via di Sviluppo. E sai perchè? E’ elementare. Ma bisogna avere la vera intelligenza dei bambini di terza elementare per capirlo davvero. La ragione prima principale e profonda della Crisi nella quale stiamo incominciando precipitare é...............lo Sviluppo. O meglio ancora un certo genere di Sviluppo. Quello roboante con la S maiuscola. Non quello discreto, tranquillo e rispettoso con la s minuscola che potremmo immaginare. Che non abbiamo potuto praticare e che dovremo praticare se davvero volessimo venirne fuori. Ma per quest’ultimo tipo di sviluppo la parola sviluppo non va bene. Dovremo trovarne un’altra. Propongo agli amici del GRUV di lanciare un concorso a premi. In natura. Naturalmente.
 
GRUV
Proposta fantastica quindi accettata. Lettori fatevi sotto!
Tutti sanno quello che bisogna fare ma non lo fanno? A noi sembrerebbe più calzante così: "tutti fanno finta di sapere che cosa andrebbe fatto mentre in realtà nessuno sa che pesci pigliare. E anche se lo sapessereo, non riuscirebbero a farlo".
Qualche considerazione sul nutrito elenco di esempi. Tutti estremamente calzanti e significativi.
Dato per acquisito il fatto che il Sistema Italia è uno dei più tragicamente sgangherati dell’Occidente Democratico qui però si evidenzia un altro tipo di questione, di un’altra natura e ad un diverso livello. La nostra tesi, corroborata quotidianamente da una infinita sequela di fatti, è la seguente.
Qui non si tratta più di questa o quella mancanza. Di questo o quell’errore.Di questa o quella incongruenza. Di questa o quella carenza tattica. O strategica. Di questa o quella miopia o mancanza di lungimiranza. Di questo o quell’ingaranaggio che non funziona. Qui si tratta di altro e di ben altro. Vale a dire del fatto che è oramai la macchina in quanto tale e nel suo complesso che non funziona più. La macchina del roboante Sviluppo con la S maiuscola, come dice il nostro romantico eroe. Il motivo è abbastanza evidente, Volendolo vedere. Per quel tipo di Sviluppo si stanno progressivamente esaurendo gli spazi fisici, economici, culturali e sociali creati nel corso del novecento, prima dalla Prima, e poi dalla Seconda Guerra Mondiale. Quando l’economia è finalizzata all’accumulazione di capitale, ovvero a sè stessa, è inevitabile che lo Sviluppo-Crescita continui indefinitamente. Ma indefinitamente non può continuare. Ad un certo punto deve inevitabilmente arrestarsi per mancanza di spazio. Ormai totalmente saturo. E allora? Per ricreare spazi liberi c’è un sistema molto semplice e, tra l’altro, molto redditizio per alcuni settori produttivi. Distruggere. Fisicamente, economicamente, culturalmente e socialmente. Finora la megamacchina inceppata del roboante Sviluppo con la S maiuscola ha utilizzato la Guerra Globale nelle sue forme tradizionali di tipo militare. Stiamo probabilmente entrando in una terza Guerra Globale mai esplicitamente dichiarata e di tipo non tradizionale. Che per ora sfiora soltanto i nostri prosperi, ancora per un po’, lidi. E’ troppo ardito ipotizzare una relazione funzionale tra Guerre di Distruzione nelle sue diverse forme, tradizionali e postmoderne, e necessità oggettiva di far ripartire uno Sviluppo-Crescita che non può cambiare e che è arrivato, per sua stessa natura, contro il muro della Depressione Economica Globale? Non è forse l’Italia un paese che, in quanto particolarmente sgangherato, anticipa di un po’ quello che toccherà a tutti? Anche ai maggiormente virtuosi, per ora, capitalismi occidentali e non? E’ mai pensabile tenere a galla uno scafo marcio in un mare in tempesta correggendo qualche stortura, facendo qualche riparazione, dando un po’ di pittura o mettendo qualche pezza qua e là? Sono domande elementari ma cruciali che è vietato porsi e porre. Anche se nessuno lo vieta. Ci sembra che, in una situazione del genere, disquisire su quale toppa mettere e dove piazzarla sia semplicemente tempo perso. Cosa fare, a questo punto, non è un problema che possa esssere posto in questi termini. Qui la questione è quale sistema "inventarsi" che abbia caratteristiche tali da porsi quale credibile alternativa all’attuale. Che sta portando i popoli verso un intreccio perverso di MegaCatastrofi Epocali. Allora tutto potrebbe cambiare se il principio ispiratore fosse un altro. Finalizzare, l’economia in primo luogo e poi tutto il resto, non all’accumulazione di denaro ma alla relizzazione di un Progetto di Vita elaborato in forme autenticamente democratiche a partire dalle realtà sociali locali. E, per sintesi successive alle scale superiori arrivare ad un Progetto di Vita Planetario. Anche qui il concetto in quanto tale è abbastanza elementare ed i tempi ci sembrano più che maturi per cominciare a ragionare in questi termini. Per quanto possa sembrare utopistica follia. Con ogni probabilità la vera follia è continuare così. Ma per muoverci in questa direzione la prima cosa da fare è, secondo noi, cominciare a ragionare in un ALTRO MODO. Il motivo è semplice. A questo punto non potrà essere la storia da sola a portarci fuori dal caos. Fuori dal caos potrà portarci solo una azione cosciente, intenzionale, consapevole, "soggettiva" di Esseri Umani.
 
 
Sergente Garcia
Un’ultima osservazione riguarda il pezzo pubblicato sul tuo sito dal titolo "la tecnica e il far soldi".
Leggendolo, confesso di aver sentito odore di "luddismo" sarà che nella mia grande ignoranza non abbia capito molte cose, ma io penso che il progresso tecnico ha migliorato la qualità della vita e la migliorerà ancora. Questi nuovi strumenti servono all’uomo e non viceversa.
Sono stati creati dall’uomo per l’uomo, quindi se ne deve fare un uso ragionato.
Perchè infine c’è una attività bellissima che solo l’uomo può fare: ed è quella di PENSARE.
Ciao Zorro
Il tuo ammiratore segreto Sergente Garcia
 
Zorro
E cosa diavolo è il "luddismo"?? Altro che "ignoranza"! Ma cavoli stiamo in campana! Attenzione alle trappole mentali! Gli strumenti sono stati creati dall’uomo? Certo! E sono cose meravigliose! Ma stai attento a non farti fregare! Quale uomo? Quando? Per quale uomo? Dove? Perchè? Solo per migliorare la vita degli uomini? O per fare anche e soprattutto, o forse prima di tutto, business di mercato? E allora non ti sembra un pochino sospetta questa continua girandola di continue innovazioni? Non ti sembra che siano gli uomini ad essere al servizio del dio Tecnica-Mercato-Denaro? Non che il telefono e la doccia calda in casa non abbiano migliorato le condizioni di vita di (alcuni) uomini. Certamente, sia ben chiaro. Ma non possiamo fermarci qui. Se non ho capito male il senso del discorso fatto nel post era un altro. E cioè che dei ritrovati tecnici e nuove diavolerie varie che ogni giorno inondano il mercato ce ne sarebbe bisogno solo fino ad un certo punto. E soprattutto che dei comodissimi marchingegni tecnologici se ne può fare un uso buono ed un uso cattivo, ma solo fino ad un certo punto. Perchè il marchigegno lungi dall’essere "neutrale" come potrebbe sembrare, vuole essere adoperato in un determinato modo. In base alla propria profonda natura. La motosega, per esempio, vuole abbattere molti alberi in poco tempo. E’ vorace. E indurrà voracità arborea e non arborea in chi se la trova in mano. Oppure i marchingegni che fanno tutto da soli fanno passare la perniciosa idea che sia bello.....far niente. Il chè è anche un po’ vero..........ma.......... Te la immagini una potente e grintosa automobile adoperata con tenera, lenta dolcezza? O un telefonino adoperato solo quando ce ne sia reale e comprovata necessità? O ancora un televisore che resta spento?
Una cosa giusta però alla fine la dici! Vivaddio! Della tecnica tecnologica bisogna farne un uso ragionato. Restando da stabilire che cosa diavolo sia un uso ragionato della tecnica tecnologica. E della tecnologia tecnica.
In ogni caso l’unica speranza che abbiamo è la bellissima cosa che l’uomo potrebbe fare: PENSARE.
E in questo sono perfettamente d’accordo con te.
Ma in un altro modo, aggiungo io.
 
Il tuo affezzionatissimo, irriducibile "nemico" Zorro.



Se vuoi comunicare con noi l'indirizzo è pensieridizorro@gmail.com